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Università cattoliche contro Trump: la discriminazione su base religiosa impoverisce la cultura

Università cattoliche contro Trump: la discriminazione su base religiosa impoverisce la cultura

Tratto da: Adista Notizie n° 6 del 11/02/2017

38843 WASHINGTON-ADISTA. È proprio sulla diversità che le università fondano la loro forza, e su questo concetto si basano le dichiarazioni dei vertici delle maggiori istituzioni cattoliche del Paese, per lo più gesuite, in merito all’impostazione “autarchica” dei primi provvedimenti assunti da Donald Trump. «Tutti sono apprezzati allo stesso modo, a prescindere da tradizione religiosa, origine nazionale, condizione di immigrato. Saldi nella nostra identità gesuita e cattolica, intendiamo e consideriamo la Loyola University di Chicago come casa per tutte le fedi, e le migliori tradizioni della nostra religione ci chiamano ad accogliere ogni persona come riflesso di Dio», scrive Jo Ann Rooney, a capo della importante università cattolica. «La xenofobia o altre forme di discriminazione non hanno posto alla Loyola. Non possiamo ammettere che paura, rabbia, impulsività guastino il nostro impegno della libera ricerca della conoscenza per costruire una società giusta». E a coloro che hanno paura o si sentono vulnerabili in questo frangente, «spero di offrire qualche conforto, perché non siete soli ad affrontare il futuro. La Loyola è con voi in solidarietà e chiarezza morale». All’interno dell’università è stata già attivata una mobilitazione con gruppi di lavoro per vigilare sulla sicurezza dei membri più esposti della comunità, fino a organizzare persino una “via di fuga” per coloro che eventualmente si trovassero impossibilitati a rientrare negli Usa, con l’offerta di assistenza e di una sistemazione temporanea presso la sede romana dell’Università.

«Voglio che sia ben chiaro che l’Università di Saint Louis sostiene i suoi studenti, medici e staff dei Paesi coinvolti e tutti coloro che sono migranti, rifugiati o richiedenti asilo o comunque a rischio; siete tutti parte di questa comunità», dichiara Fred P. Pestello, preside dell’università gesuita. Scrivendo da un incontro nazionale dei college e delle università cattoliche e gesuite, il preside esorta tutti coloro che appartengono alla comunità e che provengono dai 7 Paesi incriminati «a restare negli Stati Uniti e, in caso di bisogno di assistenza, di contattare l’Ufficio dei servizi internazionali», e che, insieme agli altri vertici delle università, compirà qualsiasi azione legale per tutelare i membri della comunità, compresi gli studenti e i docenti musulmani che si trovano negli Stati Uniti con un visto».

Un appello a Trump affinché «revochi quest’ordine» viene da p. John I. Jenkins, preside della University of Notre Dame. «L’indiscriminato, generico e rude carattere del recente ordine esecutivo del presidente Trump – scrive – blocca il lavoro di stimati studenti e colleghi che hanno già superato un rigoroso esame post-11 settembre, e sono garantiti dall’università, e hanno contribuito in grande misura ai nostri campus. Se il provvedimento di Trump resta valido, nel tempo ridurrà il raggio d’azione e la forza degli sforzi educativi e di ricerca delle università americane, fonte non solo di scoperta intellettuale ma di innovazione economica per gli Usa e di comprensione internazionale per il nostro mondo. Soprattutto, sarà un danno per la nostra nazione, la cui autentica grandezza è costituita dai suoi ideali di uguaglianza, accoglienza degli immigranti, compassione per i rifugiati, rispetto per le religioni e coraggioso rifiuto di compromettere i suoi principi davanti alle minacce». Analogo è il contenuto di una lettera della leadership del Boston College, anch’esso gesuita.

Anche la Georgetown University, istituzione gesuita fondata nel 1789, si è fatta sentire. «Il nostro carattere internazionale è parte integrante della nostra identità universitaria, per il libero scambio di idee e per la nostra capacità di sostenere tutti gli studenti, lo staff e gli insegnanti nel loro contributo alla società globale», ha scritto il preside John DeGioia. In questo momento, «abbiamo una responsabilità urgente di avere cura gli uni degli altri, di essere empatici con coloro che si trovano in difficoltà, di dedicare la nostra conoscenza al servizio e di mettere sopra a tutto il miglioramento del genere umano». L’Università del Michigan, statale, ha comunicato che non fornirà alle autorità dati sensibili riguardanti lo status dei propri studenti e docenti stranieri.

* Foto di Patrickneil tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

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