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BRASILE: vescovi in prima linea contro il decreto che chiude la riserva ambientale

BRASILE: vescovi in prima linea contro il decreto che chiude la riserva ambientale

Tratto da: Adista Notizie n° 30 del 09/09/2017

39061 BRASILIA-ADISTA. Il 23 agosto scorso, il presidente del Brasile, Michel Temer, ha firmato con un decreto l’abolizione della Riserva Nazionale del Rame e suoi Associati (Renca, in acronimo), un territorio di 46.450 km2 che ingloba nove aree protette (tre di queste, in maniera integrale; e poi la Riserva Biologia di Maicuru, la Stazione Ecologica del Jari, la Riserva estrattivista Rio Cajari, la Riserva dello Sviluppo Sostenibile del Rio Iratapuru, le Terre Indigene Waiãpi e Rio Paru d’Este). Sostiene Temer che l’estinzione della Renca rivitalizzerà l’industria mineraria del Paese, che rappresenta il 4% del Pil e ha prodotto l’equivalente di 75 miliardi di dollari nel 2016, malgrado una congiuntura non favorevole, e comunque le aree protette saranno salvaguardate. Il 30 agosto, il giudice Rolando Valcir Spanholo, lo ha sospeso. Sostiene che per una scelta del genere non basta un decreto, ma serve il previo intervento del Congresso.

La decisione giudiziale ha fatto gioire non pochi brasiliani, sul piede di guerra per una decisione che danneggia enormemente e ulteriormente il tesoro amazzonico e l’ambiente a livello planetario. Forte e determinata è stata la protesta dell’episcopato cattolico, che ha firmato il 28 agosto una “Nota di ripudio del Decreto Presidenziale che abolisce la Renca”. Il decreto, vi si afferma, «è un vilipendio alla democrazia brasiliana, perché, con l’obiettivo di attrarre nuovi investimenti nel Paese, il governo brasiliano ha consultato solo imprese interessate a sfruttare la regione. Non vi è stata nessuna consultazione con i popoli indigeni e le comunità tradizionali, come legifera l’articolo 231 della Costituzione Federale del 188 e la Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del lavoro. Il governo cede ai grandi industriali minerari che sollecitano da anni l’estinzione dell’area protetta e alle pressioni del parterre di parlamentari vincolati con le compagnie estrattive che finanziano le loro campagne».

La nota è firmata da dom Cláudio Hummes (cardinale, già vescovo di São Paulo, presidente della Commissione episcopale per l’Amazzonia) e da dom Erwin Kräutler (vescovo di Xingu, segretario della stessa commissione episcopale) in quanto presidenti, il primo, della Rete ecclesiale pan-amazzonica (Repam) sovranazionale e, il secondo, della Repam-Brasile. I firmatari rappresentano i circa 200 vescovi cattolici, le cui diocesi si trovano in Brasile, Bolivia, Colombia, Equador, Guiana, Guiana Francese, Perù, Venezuela e Suriname, tutti Paesi che hanno aree di foresta amazzonica.

«L’apertura dell’area allo sfruttamento minerario di rame, ora, diamanti, ferro, fra gli altri, aumenterà la deforestazione, la perdita irreparabile della biodiversità e gli impatti negativi contro i popoli di tutta la regione», si legge nella nota. «Al contrario di quello che afferma il governo, quando si aprirà la regione allo sfruttamento non ci sarà modo di garantire la protezione della foresta, delle unità di conservazione e meno ancora delle terre indigene, che saranno colpite in modo violento e irreversibile. Basta osservare – esemplificano i firmatari - la scia di distruzione che le industrie minerarie brasiliane e straniere hanno lasciato in Amazzonia negli ultimi decenni: deforestazione, inquinamento, danni alle risorse idriche per l’alta consumo di acqua per l’attività di estrazione e sua contaminazione con sostanze chimiche, aumento della violenza, della droga e della prostituzione, inasprimento dei conflitti per la terra, aggressione incontrollata a culture e costumi delle comunità indigene, con forti esenzioni di imposte, ma minimi benefici per la popolazione della regione». La nota si chiude con la richiesta di fermare il decreto e un appello ai parlamentari a difendere l’Amazzonia, perché, affermano infine gli scriventi, «non ci rassegniamo alla degradazione umana e ambientale!», «il futuro delle generazioni future è nelle nostre mani!».

Non che, ora che il decreto è stato fermato, si possa riposare sugli allori. È questa l’avvertenza che lancia il 31 agosto, intervistato dalla Radio Vaticana, il vescovo di São Felix do Araguaia, mons. Adriano Ciocca: «Credo che il fatto che il giudice abbia sospeso questo decreto è una cosa importante ma per come vanno le cose bisogna stare attenti: cercheranno di raggiungere attraverso altri canali gli obiettivi che alcuni gruppi hanno in mente». «C’è molto lavoro da fare per poter proteggere l’Amazzonia e fare in modo che sia di fatto non solo il “polmone del mondo”, ma anche una fonte di risorse per il resto dell’umanità, senza distruggerla». Intanto è buona cosa che «la preoccupazione per la situazione dell’Amazzonia, ma anche per quella dei biomi che ci sono qui in Brasile, sta aumentando tantissimo tra la gente». 

* Foto di Pedro Garibalde tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

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