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Palombella rotta?

Palombella rotta?

Tratto da: Adista Notizie n° 42 del 09/12/2017

Penso che chiunque, nella vita, faccia il giornalista (a proposito; auguri alle amiche e agli amici di Adista per questi bellissimi 50 anni), si sia sempre proposto e abbia quindi desiderato, tra molto altro, di farlo nella capacità di dare chiarezza, indicazioni determinate, nella militanza per la verità e l’utilità sociale. Mi deprimo quindi un po’ nel constatare che sulla questione della Leopolda, e sulla direzione che sta prendendo il Pd, sono decisamente in difficoltà nell’esprimere una opinione certa e determinata. Infatti molto di quanto stiamo vivendo in ambito politico ci costringe non dico all’approssimazione, ma di certo a pronunciarsi in un contesto di grande fluidità di eventi e posizioni. Non mi esimo però da quanto indicatomi.

Il ritrovarsi a Firenze presso la Leopolda da parte di quell’area del Partito Democratico più vicina al segretario Matteo Renzi ha dato prova di fedeltà al leader, e quell’area si è mostrata assai fiduciosa nelle capacità del già sindaco fiorentino di recuperare rispetto agli scenari elettorali che, per quanto ancora in fase di piena definizione, non sembrano al momento incoraggianti. Lo scenario di divisioni radicali in seno alla sinistra non mette ottimismo: del resto, dialogare con donne e uomini di tale area politica consegna un senso diffuso di disillusione, di rassegnazione, di grande fatica o palese rifiuto per le logiche di difficile relazione tra componenti diverse, che paiono incomprensibili ai più. In un bellissimo film di Nanni Moretti, “Palombella rossa”, il mantra che affliggeva il politico comunista, protagonista della vicenda, era: «Siamo uguali, ma diversi», riferito al Pci e gli altri partiti democratici. Ora emerge, una volta di più ad essere onesti, il dramma di una diversità tra le varie componenti a sinistra così forte da non consentire un fronte comune, quanto più necessario di fronte all’aggressività delle destre e alla difficile comprensione di cosa siano davvero i 5 stelle. 

Quanto è responsabile Renzi di ciò che è diventato il Pd? È stato lui a determinare l’evoluzione in chiave centrista o ciò risponde ad un tentativo di allargare verso destra l’asse di un partito di governo, per garantire appunto che si potesse governare, richiesto più o meno esplicitamente dal Paese? La crisi della sinistra in chiave storica, in un quadro generale come quello contemporaneo, non è un dogma ma un dato verificato altrove e comprensibile: l’intreccio tra crisi economica, fenomeni migratori e difficoltà del ceto medio produce quasi dappertutto l’orizzonte degli eventi presenti. Non c’è davvero spazio per una idealità politica che non si mortifichi nella resa alle dinamiche neoliberiste in un perenne compromesso al ribasso? Abbiamo davvero smarrito il patrimonio di solidarietà, variamente composto, che ci ha condotto a costruire una società non certo ideale, ma sicuramente più decente di questa?

Quanto segue racconta di un clima, non si pronuncia sulle scelte personali; in un dibattito estivo, alla mia domanda sulla necessità che la base del Pd si debba pronunciare su una questione (per me) emblematica come l’acquisto e la gestione dei caccia F35, mi sono sentito rispondere da una giovane e ritengo valida segretaria comunale: «Gli F35 sono uno slogan politico». Sono rimasto ammutolito (poi ho ovviamente replicato in sede di dibattito). Penso che abbiamo smarrito la coscienza delle urgenze da affrontare. Non sento parlare di povertà come si dovrebbe, tanto per enunciare un tema basilare, né di diritti (e doveri), sul lavoro come in altri ambiti. Penso, penso, penso… penso dobbiamo continuare a provare a farlo tutti insieme. Pensare, appunto. Ma anche col cuore e una radicata volontà di guardare la realtà, non solo con quella testa che sembra mancarci.

* Andrea Bigalli è parroco a Sant’Andrea in Percussina (Fi) e referente di Libera per la Toscana

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