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Mediterranea replica a Salvini: il ministro non violi le norme sui diritti umani

Mediterranea replica a Salvini: il ministro non violi le norme sui diritti umani

L'inasprimento del conflitto a Tripoli, e in particolare la preoccupante condizione dei migranti detenuti in Libia, ha provocato un certo nervosismo sull'altra sponda del mare, nell'Europa ormai tarata sulla prospettiva "zero sbarchi". In Italia, i ministri litigano di fronte al rischio di una nuova ondata di flussi migratori e la conflittualità tra i due azionisti del governo giallo-verde ha raggiunto livelli di allerta.

Intanto, il 14 aprile scorso, la nave Mare Jonio della ong italiana Mediterranea Saving Humans – piattaforma promossa dalle organizzazioni della società civile proprio mentre la campagna di criminalizzazione della solidarietà, promossa dai banchi del governo e da molti media, svuotava il Mediterraneo dalle navi delle ong – ha salpato dal porto di Marsala per una seconda missione di monitoraggio del Canale di Sicilia e di ricerca e salvataggio dei migranti in fuga dalla Libia. La prima missione del 2019 si era faticosamente conclusa con lo sbarco di circa cinquanta migranti a Lampedusa, il sequestro della nave e l'inchiesta aperta contro Pietro Marrone e Luca Casarini, rispettivamente capitano dell'imbarcazione e capo missione. «La Libia brucia per una guerra terribile», sottolinea l'ong alla vigilia della partenza. «Centinaia di migliaia di persone, libiche e migranti, sono a rischio di vita. Nessun governo europeo sta pensando all’apertura di canali umanitari, tutti troppo impegnati nella loro assurda battaglia contro le navi della società civile. Torniamo a navigare ancora una volta decisi a rispettare fino in fondo il diritto internazionale del mare e dei diritti umani e i principi della nostra Costituzione».

Il ministro dell'Interno Matteo Salvini non ha preso bene la nuova iniziativa della ong, tanto che nel pomeriggio del 15 aprile il Viminale ha emanato una direttiva alle forze dell'ordine che la stessa Mediterranea ha definito «ad navem». Alla luce della precedente esperienza, la direttiva «dispone di vigilare affinché il comandante e la proprietà della Nave “Mare Jonio” si attengano alle vigenti normative nazionali ed internazionali in materia di coordinamento delle attività di soccorso in mare e di idoneità tecnica dei mezzi impiegati per la citata attività»; e che non vengano reiterare «condotte in contrasto con la vigente normativa nazionale ed internazionale in materia di soccorso in mare, di immigrazione, nonché con le istruzioni di coordinamento delle competenti Autorità».

A detta del ministero si teme che «centinaia di terroristi islamici potrebbero arrivare in Italia approfittando del caos libico: non a caso la Francia ha chiesto ufficialmente di prorogare la chiusura delle frontiere con l'Italia per altri sei mesi».

La replica di Mediterranea non si è fatta attendere. La direttiva, ha detto ieri, «appare scritta come se il governo vivesse in un mondo parallelo. Nessun accenno alla guerra che infiamma la Libia e ai corrispettivi obblighi internazionali né alle migliaia e migliaia di persone torturate negli ultimi anni in quel Paese né a quelle annegate nel Mediterraneo centrale (in proporzione in numero sempre crescente, 2.100 nel solo 2018). Forse dovrebbero parlarsi tra ministeri: la ministra della Difesa italiana ha appena affermato infatti che “con la guerra non avremmo migranti ma rifugiati e i rifugiati si accolgono”». Oltre a diffondere «slogan di propaganda» e «bugie» sull'esito della prima missione della Mare Jonio, afferma ancora la ong, «la direttiva dice che la nostra presenza in mare sarebbe un incentivo per chi lascia la Libia: bisognerebbe appunto ricordare al Viminale che in Libia c’è una guerra, e che in ogni caso, come l’Onu e l’Ue non perdono occasione di ricordare, quel Paese non è mai stato un porto sicuro, ma piuttosto il teatro di “indicibili orrori”, stupri quotidiani, torture, esecuzioni sommarie per tutti i migranti, inclusi i bambini».

Il ministero invoca più volte il rispetto delle autorità estere competenti. Cosa che, sottolinea Mediterranea, «con la guerra in corso, è un’affermazione semplicemente criminale. La cosiddetta guardia costiera libica, su delega e finanziamenti italiani, ha catturato per anni le persone in mare riportandole in quell’inferno e rimettendole in mano ai trafficanti, contrastati di fatto solo dalla presenza delle navi della società civile, le uniche a strappare le persone soccorse dalle mafie criminali». «Contrariamente alle menzogne riportate dalla direttiva» sulla prima missione della Mare Jonio, prosegue il comunicato, «ricordiamo di avere fatto rotta verso l’Italia, obbedendo linearmente a quanto previsto dal diritto internazionale, in quanto Lampedusa era il porto sicuro più vicino per i naufraghi soccorsi. La direttiva ci accusa infine di volere condurre nuovamente le stesse attività: lo confermiamo. Siamo di nuovo nel Mediterraneo, grazie alle tantissime realtà e persone che ci sostengono, per continuare nella nostra missione di monitoraggio e denuncia della violazione dei diritti umani, senza sottrarci mai all’obbligo giuridico ed etico di salvare le vite in pericolo e portarle in salvo. Ci atterremo, nel farlo, esattamente come chiede la direttiva, alle vigenti norme nazionali e internazionali, cosa che implica l’impossibilità di fare alcun riferimento alla Libia, certi che anche l’illegittimità della sua zona SAR sarà presto definitivamente riconosciuta. Diffidiamo altresì chiunque, e nella fattispecie il Ministro dell’Interno italiano, dal mettere in atto comportamenti che violino le leggi nazionali ed internazionali in materia di rispetto dei diritti umani e di obbligo di salvataggio in mare».

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