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Ma la Sindone è medievale o no? L'Università di Catania presenta nuove conclusioni

Ma la Sindone è medievale o no? L'Università di Catania presenta nuove conclusioni

CATANIA-ADISTA. Non si verrà a sapere con certezza se la Sindone è o non è il lenzuolo in cui fu avvolto il corpo di Cristo dopo la morte per crocifissione, ma un passo in più nella ricerca della verità sarà il dibattito scinetifico che si svolgerà all’Università di Catania, nell’aula magna del Rettorato, alle 9,30 del 23 maggio. Perché non ci sono prove conclusive che la Sindone sia medievale. Questa datazione che situa la produzione del lenzuolo fra il 1260 e il 130 d.C. fu il risultato di approfondite analisi effettuate nel 1988, ma il lavoro pubblicato all’epoca dalla rivista Nature, «non era affidabile», leggiamo sulla presentazione dell’evento nel sito dell’Università. Ora, dall’incontro multidisciplinare tra sindonologi (Emanuela Marinelli e Tristan Casabianca), statistici (Benedetto Torrisi dell’Università di Catania) e data analyst (Giuseppe Pernagallo) «nasce una nuova analisi, basata sui dati ufficiali e i dati grezzi» – quei dati, finora non resi noti, sui quali fu elaborata la tesi della datazione medievale della Sindone – e «nuove conclusioni».

«La nostra analisi – afferma Benedetto Torrisi – prova che non c’è evidenza definitiva che la Sindone sia medievale», come riconosciuto anche da Archaeometry, rivista edita per conto dell’Oxford Research Laboratory for Archaeology and the History of art. Spiega l’Università che, sin dalla pubblicazione dell’articolo su Nature, «molti ricercatori hanno richiesto, invano, la pubblicazione dei dati grezzi dei tre laboratori (Oxford, Arizona, Zurigo). Tuttavia, i laboratori e il British Museum (l’Istituzione incaricata dell’analisi statistica) hanno sempre eluso la richiesta. Nel 2017, per la prima volta, uno dei ricercatori del nostro team, il francese Tristan Casabianca, ha richiesto tramite Freedom of Information Act al British Museum tali dati, riuscendo ad ottenere i report inviati dai tre laboratori all’Istituzione».

«Aver ottenuto i dati grezzi – continua Torrisi – ha permesso di formulare diverse considerazioni: i laboratori hanno prodotto risultati differenti, non riconducibili allo stesso fenomeno. Qualcosa è andato storto durante il processo di datazione, probabilmente poiché i campioni testati non erano omogenei. Questa conclusione statistica è avvalorata dal fatto che i laboratori hanno riferito la presenza di materiale eterogeneo non menzionato nell’articolo su Nature, quale antico cotone o fili blu e rossi. La documentazione rilasciata dal British Museum dipinge un quadro molto più complesso di quanto presentato nell’articolo su Nature. Le scoperte del team di ricerca evidenziano che le procedure (selezionate dopo più di 10 anni di negoziazioni tra archeologi, esperti di tessuti e Santa Sede) sono state ben lontane dalla perfezione».

*Foto di Geobia, tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

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