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"Il presepe sovranista è una bestemmia". Una riflessione del teologo Andrea Grillo

«Domenica prossima inizierà il tempo liturgico dell'Avvento. Mi recherò a Greccio, per pregare nel posto» dove San Francesco realizzò il primo presepe «per inviare a tutto il popolo credente una lettera per capire il significato del presepio». Così papa Francesco al termine dell’udienza generale di mersoledì 27 novembre.

Oggi non ci è dato di sapere quali parole indirizzerà il papa al popolo credente. Ma ne “anticipa” – per vicinanza concettuale ­– un prevedibile aspetto il teologo Andrea Grillo nel suo blog Come se non (nel sito della rivista europea di cultura Munera, Cittadella Editrice, 29/11) titolando la sua riflessione “La deriva blasfema del presepe sovranista”. Ne riportiamo alcuni brani.

«Il presepe sovranista – inizia – è una bestemmia. Lo dico non tanto da cittadino, ma da teologo. Con la espressione “presepe sovranista” intendo quella comprensione distorta e capovolta del presepe, che lo riduce a “manifestazione di identità cristiana da contrapporre ad altre fedi o culture”. Chi utilizza in questo modo il presepe, quasi come una “bandiera”, o addirittura come un’“arma”, che contrapporrebbe la nostra identità alle identità “avversarie”, non solo non ne comprende il messaggio, ma lo capovolge e lo snatura in un modo che risulta davvero scandaloso. Vorrei mostrare in che senso questo “attentato al presepe” faccia parte di quella “campagna di menzogne” che la logica sovranista pretende di imporre alla attenzione distratta del paese. Questa dimostrazione è possibile solo se ci si dispone, con molta pazienza, ad analizzare il significato teologico del presepe, prima e oltre rispetto al suo “uso convenzionale”». (...)

«Il presepe significa che ultimi, stranieri e irregolari sanno riconoscere Gesù, mentre Governatori, residenti regolari e uomini per bene cercano di ucciderlo. Esattamente come accade nel cammino verso la Pasqua, quando a riconoscere Gesù saranno una donna dai molti mariti, un handicappato grave come il cieco nato e un morto come Lazzaro. Queste sono le categorie privilegiate dal Vangelo.  Per il fatto che ai nostri presepi “non facciamo mancare nulla” – pastori e magi, stella e mangiatoia, bue e agnelli, asini e pozzi, fuochi e artigiani, ruscelli e cieli stellati, oche e galline – non li comprendiamo più. O meglio li comprendiamo in modo distorto, come una “nostra affermazione”, come una “bandiera”, addirittura come una “difesa dall’altro”. Questo è il presepe che dobbiamo disimparare. Questo è il presepe della eresia sovranista». (...)

«Il senso del Presepe e della Croce non sono semplicemente quello di un “valore umano”, ma di un “mistero divino”, che realizza la pace. Per questo resta “inquietante”, perché mette a nudo la fragilità di tutti i valori umani e la loro strutturale contraddittorietà. Ora, è evidente che la comunità civile non può immediatamente riconoscere la pienezza del messaggio che il simbolo propone. Ma la comunità cristiana deve anche sapere, e dire con autorevolezza, che non si può fare il presepe e non volere che bambini stranieri si iscrivano a scuola, come fanno anche potenti catene di scuole private cattoliche. Non si può, se si è parroco, fare il presepe e poi dichiarare di non voler ospitare profughi. Non si può difendere il presepe come politici e poi lavorare per ostacolare ogni presenza straniera sul territorio. Il presepe, come la croce, non è semplicemente un segno della fragile umanità, ma anche segno della profezia con cui Dio riscatta il povero, l’emarginato, lo straniero, l’orfano, la vedova, lo zoppo, il cieco e si prende cura anzitutto di essi, mettendoli al primo posto! “Prima gli ultimi” è scritto a chiare lettere su ogni presepe vero». (...)

«Anche nella immaginazione mistica di Francesco, il “primo presepe” proclama con forza questa lieta notizia: il bambino che nasce, e che nasce a Greccio come a Betlemme, facendo di Greccio una nuova Betlemme, realizza nel “cuore” e nelle “vite” una nuova possibilità di pace e di riconciliazione. Edifica una città pacificata, riconciliata, capace di accoglienza. Per questo un “presepe sovranista” è una contraddizione in termini. Per questo chiedere di “fare il presepe” come “difesa dalle diversità” è una bestemmia, anche se viene da una assessore regionale. Per questo una Chiesa con il filo nella schiena può arrivare a scrivere una “lettera sul presepe”, per sostenere l’uso di “fare il presepe vero”, di pace e di riconciliazione, e per arginare ogni bestemmia che usi il presepe – perfino il presepe – per alimentare odio, conflitto e divisione».

*Presepe meccanico, chiesa Annunziata di Torino, Foto di Luca Galli, tratta da Flickr, immagine originale e licenza

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