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La nuova Commissione sul diaconato femminile serve solo per affossarlo?

La nuova Commissione sul diaconato femminile serve solo per affossarlo?

L’8 aprile papa Francesco ha deciso di istituire una nuova Commissione di studio sul diaconato femminile. Egli ha quindi mantenuto la promessa fatta nel discorso conclusivo del Sinodo panamazzonico, quando aveva detto di “fare propria la richiesta di richiamare la Commissione, o magari aprirla con nuovi membri per continuare a studiare in che forme esisteva nella Chiesa primitiva il diaconato permanente”, e, rivolgendosi alle uditrici, aveva ripetuto: “Raccolgo il guanto di sfida lanciatomi… ‘che siamo ascoltate’… raccolgo il guanto”.

Tuttavia, una volta scorso l’elenco dei componenti della nuova Commissione, senza ovviamente mettere in dubbio di ognuno di essi la buona fede, lo spirito di servizio alla Chiesa e la volontà di adempiere con impegno, rigore e profondità al compito loro affidato, non possiamo non esprimere la nostra perplessità, per almeno tre ragioni.

Prima di tutto salta all’occhio come, rispetto alla prima Commissione, si sia ridotta la parità di genere. A comporla sono ora 5 donne e 7 uomini (di cui ben cinque appartengono all’ordine clericale). La presenza femminile, oltre ad avere un significato simbolico non trascurabile, dovrebbe costituire una garanzia che la voce delle donne sia effettivamente ascoltata, specie in un argomento come questo, e il loro “punto di vista” abbia un’influenza determinante.

In secondo luogo impressiona il fatto che, sebbene l’esigenza della sua istituzione sia nata nel contesto del Sinodo panamazzonico nonché come risposta a quanto lì discusso e a una duplice domanda, quella dei padri sinodali, espressa nel n. 103 del Documento finale, “di condividere le nostre esperienze e riflessioni con la Commissione” e quella delle madri sinodali di “essere ascoltate” raccolta esplicitamente anche dal Papa, a comporre la nuova Commissione non vi sia nessuna/o proveniente dall'Amazzonia, anzi nessuna/o dell'America Latina, anzi nessuna/o del Sud del mondo!

In terzo luogo, le persone designate a farne parte non paiono avere alle spalle studi specifici sul tema e quando su di esso hanno manifestato pubblicamente la propria opinione, lo hanno fatto tutte in senso contrario a qualunque ministero ordinato per le donne. Una documentazione analitica sulla composizione della commissione si trova qui

Ci pare dunque forte il rischio di un’iniziativa “con esito preconfezionato”, che confermerebbe, ancora una volta, la condizione di minorità riservata alle donne nella Chiesa, deludendo quindi le attese di una grande parte della comunità ecclesiale.

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