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La donna nell’ortodossia: alcune considerazioni

La donna nell’ortodossia: alcune considerazioni

Tratto da: Adista Documenti n° 25 del 27/06/2020

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Non è facile parlare della donna nell’Ortodossia giacché i fili che ne compongono l’immagine sono innumerevoli, di diversa origine e provenienza (ebraica, greca, cristiana). Portano le tracce di pratiche sociali molto varie, di sorprendenti regole canoniche e sacramentali, di prospettive bibliche e teologiche non facilmente armonizzabili tra loro.

Per questo, mi appoggerò per parlarne al lucido testo di un importante autore greco contemporaneo, Pantelis Kalaitzidis (=K.), uscito in greco nel 2004(1) e tradotto in italiano nel 2016 con revisioni, aggiunte e aggiornamenti bibliografici da parte dell’autore stesso(2).

Egli distingue la presenza nella tradizione ortodossa concernente la visione della donna di quel che chiama «l’elemento radicale della teologia» e insieme di quelle che chiama «le infamie della storia e la sottomissione della Chiesa al conservatorismo sociale».

Per illuminare il primo punto ricorda i rivoluzionari passi paolini: Gal 3,28 (e anche Col 3,11), fondati sulla nuova unità in Cristo, con la loro eco patristica, rinviando specialmente a Gregorio il Teologo (PG 35,785C) il quale «riprenderà ed estenderà la teologia paolina dell’unità e della sua realizzazione escatologica in Cristo, ove non c’è spazio per frammentazioni o divisioni di alcun tipo, al punto addirittura che Gregorio arriva a caratterizzare le distinzioni di genere, di stirpe o di classe sociale come “caratteristiche della carne” che oscurano la deiformità e l’immagine di Dio nell’uomo»(3). K. sa bene che questa visione, per la quale anche la differenza di genere è secondaria e non primaria, è ben presente nella patristica greca e ha risonanze in tutto il pensiero ortodosso fino ad oggi. Egli tuttavia cerca di delimitare questa visione nei suoi aspetti rivoluzionari e interpreta l’aldilà della differenza dei generi non in senso protologico ma escatologico (unità ultima in Cristo) ovvero «non come un appiattimento dell’alterità o della varietà dei carismi ma come la compartecipazione di tutti alla vita della comunità sulla base delle proprie caratteristiche e carismi. Così, con il battesimo e il suo ingresso nella Chiesa, l’uomo ha la possibilità di non essere più figlio della necessità e della natura, ma della libertà e della grazia». Riconduce poi allo stesso elemento “radicale” il fatto che il cristianesimo fin dall’inizio abbia valorizzato la posizione e il ruolo della donna rispetto «all’ambiente maschilista (ebraico e greco antico) della sua emergenza storica»(4). Annota l’incarnazione di Gesù da donna, il modo di entrare in rapporto con le donne da parte del Signore Gesù (scandaloso per l’ebraismo del tempo) e come questa prospettiva generale si ritrovi anche nei Padri. Sottolinea un testo di Gregorio il Teologo che condanna le ingiuste leggi a carico delle donne, un testo con la celebre espressione: «Maschi erano i legislatori, per questo la legislazione contro le donne […] Non accetto questa legislazione, non lodo la consuetudine» (PG 36, 289B)(5); osserva che con san Giovanni Crisostomo si ha la prima teologia della tenerezza nel matrimonio e si sottolinea il primato nell’unione coniugale della comunione personale rispetto alla procreazione (PG 62,146-148).

Rilevante segno della valorizzazione cristiana della donna è anche il fatto che il cristianesimo aprì alla donna ruoli nuovi e diversi da quelli di moglie e madre: apostoli itineranti(6), donne carismatiche, donne attive nell’ambito sociale e della carità; in particolare l’istituzione delle diaconesse nella Chiesa antica e nel periodo bizantino.

K. sottolinea il valore di quest’ultimo punto citando le Conclusioni del Simposio interortodosso di Rodi (1988) ove formalmente si dice che «l’ordine apostolico delle diaconesse dovrebbe essere richiamato in vita»(7).

Questa enumerazione storica dei ruoli potrebbe anche essere arricchita, giacché K. non tiene sufficiente conto del monachesimo femminile che vede l’attivarsi storico fin dal IV secolo di ruoli direttivi femminili, di ruoli spirituali (donne madri spirituali), di ruoli “magisteriali” (tipico quello di Macrina, la sorella maggiore di Basilio e del Nisseno, la loro “maestra” come dice quest’ultimo), e anche di ruoli liturgici oltre al diaconato: studi recenti infatti hanno dedicato molta attenzione alle donne (monache) autrici di composizioni liturgiche e di inni(8).

Inoltre, dimentica un ruolo di grande rilievo al quale sempre più oggi si rivolge l’attenzione, cioè il ruolo pastorale svolto storicamente dalle presbyterai cioè dalle mogli dei preti.

Come detto sopra, tuttavia, oltre al volto radicale della valorizzazione femminile l’Ortodossia presenta anche un’altra faccia, quella delle «infamie» dovute a influenze storiche conservatrici (così le chiama K.). È l’influenza dei costumi ebraici e greci: l’esclusione sociale della donna, la sua sottomissione gerarchica. L’immagine negativa di Eva ha poi influenzato enormemente la visione della donna nella letteratura ascetica (il demonio attacca Eva e attraverso Eva raggiunge Adamo)(9). K. vede specialmente nei sacri canoni ortodossi – sulle orme di Christos Yannaras ai cui testi, tradotti anche in italiano, rinvia ampiamente – il segno di questa influenza, in particolare nei canoni nei quali si manifesta più decisamente la forza del tabù del sangue con l’esclusione della donna da importanti momenti liturgici e sacramentali per la sua «impurità». L’emarginazione ecclesiale della donna trova in essi un solido punto di appoggio.

Non sorprende che ancora nel 2016 K. sottolinei questa emarginazione in Grecia, pur notando qualche fermento critico sul tema degli stereotipi: «Le donne restano lontano dai posti di responsabilità, o meglio dai servizi e ministeri di amministrazione del corpo ecclesiale, e sono escluse dai consigli ecclesiali e diocesani, ovvero dai cosiddetti “centri decisionali”»(10).

Sempre nel 2016 K. aggiunge alcune considerazioni non presenti nella prima versione riguardo all’ordinazione sacerdotale delle donne e arriva a scrivere: «Senza che vi sia un’unanimità di vedute tra coloro che sono implicati in questa discussione, è doveroso rilevare però come sempre di più stia guadagnando terreno l’opinione secondo cui per gli ortodossi, oltre al criterio di tradizione, non sembrano esserci altri seri motivi teologici che impediscono il sacerdozio delle donne»(11).

Annoto questo fatto perché consente di osservare che da una posizione molto negativa negli ultimi decenni è cresciuta la tendenza dei teologi ortodossi aperti alla discussione sul sacerdozio femminile. Se ne hanno numerosi esempi. Basterebbe pensare ad es. ai ripensamenti di K. Ware(12), sollecitati fortemente dalla produzione teologica della E. Behr-Sigel e di V. Harrison.

La visione della donna nell’Ortodossia, dunque, sta questa in queste due prospettive, quella della radicale ed emancipatrice novità cristiana e quella “infame” come dice K. della sottomissione sociale della donna. La tensione ancora irrisolta tra i due aspetti può spiegare forse perché nel Sinodo Panortodosso di Creta (2016) il ruolo delle donne è stato irrilevante. Lo ha ben notato M. Zanzucchi, inviato di Città Nuova, presente all’ultima giornata del Sinodo: «Donne? Poco presenti e soprattutto nelle retrovie. Ma ci sono, e hanno forse più potere di quanto non si pensi. Ma la via alla valorizzazione della donna nella Chiesa ortodossa è ancora lunghissima»(13).

Parole che mi sembra possano essere ancora pienamente condivise.  

NOTE

1) Invece di un’introduzione: Dalla divisione di genere all’unità della vita nuova in Cristo. La teologia ortodossa dinanzi alla domanda di uguaglianza e di compartecipazione della donna alla vita della Chiesa in Iera metropolis di Dimitriade. Accademia di Studi Teologici, Genere e religione. La posizione della donna nella Chiesa (Programma invernale 2002- 2003, Cura e coordinamento della materia: Pantelis Kalaitzidis-Nikos Dodos, Indiktos, Atene 2004, 9-29. Citerò da questa edizione, a meno che non sia diversamente indicato.

2) La sfida della parità di genere: il ruolo della donna nell’ortodossia in P. KALAITZIDIS, Nel mondo ma non del mondo. Sfide e tentazioni della Chiesa nel mondo contemporaneo, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose, Magnano (BI) 2016, 179-197.

3) Ibidem, 13.

4) Ibidem, 15.

5) Non ricorda alcune parole successive che forse era utile ricordare: «Unico è il Creatore dell’uomo e della donna, unico il fango che usa per entrambi, unica l’immagine; unica la legge, unica la morte, unica la risurrezione».

6) Nella tradizione ortodossa esistono le donne che hanno il titolo di “isapostoloi” o “uguali agli apostoli”, lo stesso titolo dato all’imperatore Costantino e ad altri che hanno diffuso il cristianesimo: Maria Maddalena, Fotini o la samaritana, santa Tecla, tutte del primo secolo; sant’Elena, madre di Costantino; santa Nina, la schiava che all’inizio del IV secolo converte la Georgia; l’imperatrice sant’Olga, battezzata Elena (X secolo).

7) Ecumenical Patriarchate, The Place of the Woman in the Orthodox Church and the Question of the Ordinatio of Women. Interorthodox Symposium, Rhodos, Greece, 30 October-7 November 1988, Edited by Gennadios Limouris. Tertios Publications, Katerini 1992, 31. Non può invece appoggiarsi alla successiva decisione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia di restaurare (8 ottobre 2004) il diaconato femminile, tuttavia solo in remoti monasteri e a discrezione dei singoli vescovi: Ph. Zagano, Chiesa Ortodossa Greca. Il ripristino del diaconato femminile, in Adista n. 16, febbraio 2005.

8) Cfr. Dimitri SALAPATAS, The Role of Women in the Orthodox Church in Orthodoxes Forum 29 (2015) 177-194. La più celebre è Kassianì o Kassia.

9) Cfr. FONTAINE Guy, Cinque leçons sur l’orthodoxie. Préface du père Boris Bobrinskoy, Desclée de Brouwer, Paris-Perpignan 2015, 111-113.

10) P. KALAITZIDIS, Nel mondo ma non del mondo, 193.

11) P. KALAITZIDIS, Nel mondo ma non del mondo, 193.

12) Si ponga a confronto K. WARE, Man, Woman and the Priesthood of Christ, in Women and the Priesthood, Thomas Hopko ed., St Vladimirs’s Seminary Press 1983, 9-37 (studio già uscito in Man, Woman, Priesthood, ed. Peter Moore, London, Fletcher & Son, 1978, 68-90) con la rielaborazione confluita in Homme, femme et prêtrise du Christ in E. BEHR-SIGEL-K. WARE, L'ordination des femmes dans l'Eglise orthodoxe, Cerf, Paris 1998, 51-96.

13) http://www.cittanuova.it/c/455366/Laccordo_inatteso_al_sinodo_panortodosso.html  

Basilio Petrà è presbitero cattolico della diocesi di Prato. Esperto di Chiese cattoliche di rito orientale e ortodossia, è docente di Teologia morale fondamentale e di Morale familiare presso la Facoltà Teologica dell'Italia Centrale, di cui è preside dal 2017; è stato consultore della Pontificia Congregazione per le Chiese Orientali Cattoliche e presidente dell'ATISM, Associazione Teologica Italiana per lo Studio della Morale, dal 2014 al 2018.    

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