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Il re è nudo. Gli 80 anni di Drewermann

Il re è nudo. Gli 80 anni di Drewermann

Tratto da: Adista Notizie n° 25 del 27/06/2020

Da molti teologi, cattolici e protestanti, sono arrivate critiche e obiezioni: troppa psicologia – anzi, perfino psicoanalisi – nella sua teologia. Anche da molti psicologici gli sono arrivate contestazioni: troppa teologia nella sua psicologia. Così, stretto fra due fuochi, Eugen Drewermann è arrivato, il 20 giugno 2020, ai suoi primi ottant’anni. La gerarchia cattolica, dopo avergli tolto la licentia docendi, lo ha anche sospeso a divinis; infine, e siamo al 2005, egli stesso ha deciso di uscire fuori dalla sua Chiesa con una dichiarazione pubblica.

Personalmente ritengo che per alcune sue posizioni, soprattutto in ambito cristologico e morale, il magistero ecclesiastico non avrebbe potuto agire diversamente: egli, infatti, ha maturato delle convinzioni incompatibili con molti dogmi e con tutta l’ottica cattolica sulle questioni etiche. La questione dunque si sposta dalla periferia (una maggiore elasticità dell’episcopato tedesco e una migliore arte diplomatica di Drewermann avrebbero potuto evitargli i provvedimenti punitivi?) al centro: le tesi del teologo di Paderborn sono più lontane o più vicine alla verità delle cose rispetto alle tesi del magistero cattolico? A questa domanda cruciale non possono rispondere le bolle della Congregazione per la Dottrina della Fede (a meno di accettare un circolo vizioso), ma solo la paziente ricerca di ciascuno di noi e il libero confronto intellettuale fra esperti delle diverse discipline teologiche.

In decine di libri – alcuni agili, altri ponderosi e impegnativi – tradotti in molte lingue egli offre delle indicazioni più o meno condivisibili, ma sempre innovative e meritevoli di attenta considerazione. In campo biblico, avendo con chiarezza capito che il metodo storico-critico riduce a pochissimo la veridicità storica dei racconti del Primo e del Secondo Testamento, egli si dedica a una ermeneutica esistenziale concentrata sul significato che quei racconti poetici, simbolici, possono risvegliare nel lettore: in Psicologia del profondo e esegesi espone le linee metodologiche generali e ne Il vangelo di Marco. Immagini di redenzione le mette alla prova in maniera intrigante, talora geniale. In campo etico egli integra la lezione di Gesù, mediata da Kierkegaard, con i suggerimenti provenienti tanto dall’Oriente (buddista e taoista) quanto dalla psicoanalisi (soprattutto freudiana).

In Psicanalisi e teologia morale espone la prospettiva che sarà modulata in tanti altri scritti “minori”, spesso trascrizione delle sue omelie: l’essere umano non è disperato perché cattivo (assetato di denaro e di potere), ma è cattivo perché è disperato. È disposto a tutto pur di non precipitare nell’insignificanza ontologica e, in ultima analisi, nella morte da lui concepita come fine definitiva e irreversibile. Sarebbe bello che nell’anno del suo ottantesimo genetliaco la Chiesa cattolica gli rivolgesse un saluto di stima e di gratitudine: il tuo approccio è troppo diverso dal nostro (almeno dal nostro negli ultimi cinque secoli, dal Concilio di Trento in poi), ma hai tante cose da insegnarci nel nostro modo di leggere la Bibbia e di affrontare i drammi della gente concreta.

Sarebbe bello, ma è improbabile: almeno sino a quando resterà nella memoria dei vivi il suo famigerato volume Funzionari di Dio. Psicogramma di un ideale (ormai introvabile nella traduzione italiana). Difficilmente il clero potrà perdonargli le critiche davvero radicali al sistema di reclutamento e di formazione dei preti, dei religiosi e delle suore: un sistema che «ruba amore, restituisce angoscia». Eppure in quelle centinaia di pagine l’autore non si concede neppure un solo attacco ad personam: da prete e da psicoterapeuta, è infatti convinto che bisogna astenersi dal condannare i singoli soggetti, ma, quando è il caso, limitarsi a stigmatizzare quegli aspetti delle strutture istituzionali (famiglia, scuola, chiesa, esercito, partito, sindacato…) che ne mortificano la dignità, l’autonomia e la fioritura.

Se dovesse mancare il grazie della Chiesa cattolica (di oggi, non sappiamo di domani) per questo suo figlio, ribelle per amore, non gli mancherà però la gratitudine di milioni di lettori che si sono lasciati provocare dalla sua prosa appassionata e risvegliare provvidenzialmente  dal sonno dogmatico.  

Filosofo e saggista, Augusto Cavadi dirige a Palermo la “Casa dell’equità e della bellezza” www.augustocavadi.com

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