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La RDCongo a 60 anni dall'indipendenza: appello di

La RDCongo a 60 anni dall'indipendenza: appello di "Nigrizia" e Comunità congolese d'Italia

In occasione dei 60 anni di indipendenza della Repubblica Democratica del Congo (30 giugno 1960) – Paese segnato ancora oggi da violenza e insicurezza, in particolare nelle martoriate province dell’Est, dalla stagnazione economica, nonostante le ingenti risorse del sottosuolo, dall’incapacità amministrativa e dalla corruzione – il periodico dei missionari comboniani Nigriza e la Comunità congolese d’Italia hanno fatto appello ai parlamentari italiani affinché sostengano «la causa di queste martoriate popolazioni in seno all'Europa e alle Nazioni Unite».

I firmatari dell’appello dichiarano che il Paese africano si trova di fronte a «un genocidio a più ampio raggio e al progetto di balcanizzazione del Congo», ordito al fine di saccheggiare agevolmente le grandi risorse del sottosuolo congolese. Una situazione che prosegue nella sua drammaticità «nonostante la presenza dei caschi blu della Monusco (Missione di peacekeeping dell’Onu per la stabilizzazione della Rd Congo) pesantemente armati per difendere i civili, ma molte volte accusati di collaborare proprio con i nemici della popolazione civile ferita e abbandonata al suo triste destino anche dal governo congolese, complice di questi misfatti, e dal silenzio assoluto della comunità internazionale».

Per queste ragioni, Nigrizia e la Comunità congolese d’Italia chiedono al Parlamento italiano, «testimone oculare e firmatario dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale», un incontro per una corretta informazione sulla situazione nel Paese. Chiedono poi ai politici italiani di farsi «voce dei senza voce e sostenere la causa congolese in seno al Parlamento Europeo». Infine, invitano le istituzioni italiane, nelle opportune sedi, a «chiedere alle Nazioni Unite di applicare il mandato della Monusco per un vero mantenimento della pace nella Repubblica democratica del Congo», che preveda anche il ritiro delle milizie ruandesi e ugandesi «che continuano a violare la sovranità del Paese».

 

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