
A Colonia, il card. Woelki blocca la pubblicazione di un report sugli abusi per "lacune metodologiche"
COLONIA-ADISTA. Mentre la Chiesa tedesca è impegnata, con il Cammino sinodale, a recuperare credibilità dopo la crisi degli abusi sessuali, appare evidente che quella crisi è tutt’altro che conclusa ed esaurita, e ancora meno l’atteggiamento opaco e la scarsa propensione alla trasparenza di alcuni vertici. Questa volta, a essere coinvolto è l’arcivescovo di Colonia, il card. Rainer Maria Woelki che, secondo quanto racconta il settimanale Die Zeit in una lunga inchiesta (n. 46/2020), vuole mantenere sotto chiave un'indagine sugli abusi da lui commissionata e ampiamente annunciata.
Questi i fatti. Lo scorso ottobre, l’arcidiocesi di Colonia, che aveva commissionato un’indagine esterna sugli abusi e sulla loro gestione allo studio legale di Monaco Kanzlei Westpfhal Spilker Wastl – il quale ha ricevuto analogo incarico anche dalla diocesi di Aachen, – ha annunciato che il report finale di quella investigazione non sarebbe stato pubblicato per presunti difetti metodologici, e che una nuova indagine era stata affidata all’avvocato Björn Gercke. Il rapporto, che doveva valutare i casi sospetti di abuso sessuale della più grande diocesi tedesca tra il 1975 e il 2018, era atteso con impazienza anche perché dava un giudizio molto critico del lavoro dell'ex responsabile delle risorse umane di Colonia, Stefan Heße, che oggi è arcivescovo di Amburgo. E accusava, a quanto sembra, i due predecessori di Woelki a Colonia, i cardinali Joseph Höffner e Joachim Meisner. Di quest’ultimo, Woelki, prima di diventare arcivescovo di Berlino nel 2011, e poi a Colonia nel 2014, fu il segretario personale, per sette anni (1990-1997) e poi il vescovo ausiliare, per altri otto (2003-2011).
Qualcosa dunque è andato storto, e Woelki, il 30 ottobre, ha giustificato la mancata pubblicazione con non meglio specificate lacune, per le quali si è avvalso del giudizio schiacciante di due giuristi.
Il nuovo rapporto, commissionato all'avvocato di Colonia Gercke, dovrebbe vedere la luce entro il prossimo marzo. Per Thomas Schüller, professore di diritto canonico di Münster, è un «disastro totale».
Una promessa impegnativa
L’atteggiamento “sospetto” di Woelki è tanto più grottesco perché fu lui a promettere trasparenza e rigore, in un contesto, quello della Chiesa tedesca, in cui la pubblicazione di rapporti investigativi è stata sempre piuttosto farraginosa. Nel 2011, la Conferenza episcopale tedesca cattolica aveva infatti incaricato il criminologo Christian Pfeiffer di condurre uno studio a livello nazionale, con una ricerca da effettuare sui fascicoli personali conservati nelle singole diocesi. Ma nel 2013 la collaborazione tra Pfeiffer e i vescovi si era interrotta su un contenzioso tra chi dovesse decidere sulla pubblicazione dei risultati, se la Chiesa o i revisori. L’anno successivo, ricercatori di Mannheim, Heidelberg e Giessen condussero un’indagine indipendente sugli abusi sessuali perpetrati da preti cattolici, diaconi e religiosi tra il 1946 e il 2014, i cui risultati sono stati pubblicati nel settembre 2018. Per l'arcidiocesi di Colonia erano stati verificati 119 casi di violenza sessuale e 87 chierici accusati, ma non si faceva nessun nome né veniva menzionato chi, nelle alte sfere, avesse insabbiato casi o lasciato preti pedofili al loro posto. Per questo motivo, poco prima che lo studio venisse pubblicato, il card. Woelki fece una solenne promessa: in un videomessaggio annunciò un'indagine separata per la sua arcidiocesi. «A tal fine – disse - incaricherò un'istituzione esterna che elaborerà in modo indipendente e completo il nostro comportamento, anche istituzionale, per eventuali negligenze del passato, per errori e cattiva condotta». Una promessa che l’arcivescovo e il suo vicario generale Markus Hofmann hanno ripetutamente rinnovato: anche i nomi dei responsabili sarebbero stati citati nelle indagini. «Non ci sono tabù», ha insistito Hofmann alla Kölnische Rundschau nel febbraio 2020. Woelki, addirittura, era conscio che avrebbe potuto essere tirato in ballo: «Forse anch'io sono oggetto di critiche. Ho, per così dire, commissionato la mia accusa», affermò in un'intervista con la Süddeutsche Zeitung nello stesso periodo.
Il rapporto bavarese
Nel dicembre 2018 aveva dunque preso il via l’indagine dello studio legale di Monaco Westpfahl, Spilker, Wastl, già esperto nella materia, che portò a un rapporto di 511 pagine in cui sono stati valutati 189 fascicoli personali, 15 dei quali evidenziavano gravi carenze nella gestione delle accuse. Su richiesta dell'arcidiocesi, sono persino stati elaborati brevi dossier supplementari su alcuni casi specifici, come quello di un sacerdote che avrebbe abusato sessualmente di tre nipoti e contro il quale solo ora la procura di Colonia ha intentato causa dinanzi al tribunale regionale.
Lo scorso marzo, finalmente, l'arcidiocesi di Colonia ha convocato una conferenza stampa per presentare i risultati del rapporto, ormai completato, ma poi, due giorni prima, ha annullato l’evento: il rapporto c’è, è concluso, ha spiegato, ma un altro studio legale, il Redeker di Colonia, deve “garantirlo” per evitare possibili contestazioni da parte delle persone coinvolte. E un parere è stato chiesto anche a Carsten Brennecke dello studio legale Höcker. Woelki sembra preso dal panico.
E i guai arrivano, in effetti, dall'arcivescovo Heße di Amburgo che ha respinto, tramite il suo avvocato, l’azione dello studio legale Westpfahl, Spilker, Wastl. Anche altri ex funzionari hanno assoldato avvocati esperti e sono intervenuti. Dopo la cancellazione della conferenza stampa, Woelki ha dichiarato imperterrito: «Siamo seri riguardo al chiarimento che abbiamo annunciato e manterremo la nostra promessa».
Stefan Heße, come lo stesso Woelki, è stato per molti anni accanto al card. Meisner a Colonia, dal 2006 al 2012 come capo del personale e dal 2012 al 2015 come vicario generale. Il report lo accuserebbe di «carenze ricorrenti nella gestione dei casi di abuso»: accusa respinta da Heße, che ha imputato agli avvocati di non aver fatto un lavoro scrupoloso. Ma l’arcivescovo di Amburgo è una figura chiave perché a Colonia, soprattutto come capo del personale, si occupava proprio dei casi di abusi.
È stato a questo punto che Woelki ha incaricato l'avvocato penalista di Colonia Björn Gercke di verificare se la parte riguardante le "responsabilità personali" del rapporto di Monaco potesse essere riscritta, forse Forse il cardinale voleva davvero salvare il lavoro degli avvocati? O le persone citate come responsabili nel rapporto? Insomma, l’arcidiocesi dichiara che, secondo Gercke, il rapporto di Monaco non soddisfaceva i requisiti minimi, e quindi non solo ne impedisce la pubblicazione e decide di secretarlo, ma incarica il suddetto Gercke di procedere a una perizia completamente nuova.
Qui, però, sorge un enorme problema: chi decide se pubblicare o meno un rapporto? Il contratto stipulato con lo studio bavarese prevedeva che quest’ultimo non potesse decidere arbitrariamente la pubblicazione dei risultati, ma di quale indipendenza e neutralità si sta parlando, se poi il committente ne rifiuta la pubblicazione? Woelki, al quale è ben chiara la delicatezza della questione, comunica il licenziamento dello studio di Monaco “insieme” alle vittime di abuso. Quali sono le colpe lo spiegano, il 16 ottobre, i due giuristi chiamati da Woelki, il professore di diritto penale di Francoforte Matthias Jahn e il professore di Diritto penale di Norimberga e criminologo Franz Streng, in un articolo di 22 pagine: ??non è chiaro come siano stati selezionati i 15 casi esaminati; la raccolta dei fatti non è chiaramente separata dalla loro valutazione; gli avvocati hanno sostituito la valutazione di periti forensi con la propria competenza senza possedere alcuna qualifica formale; termini centrali come "violazione del dovere", "mancanza di assistenza alle vittime", "abuso sessuale" o "accusato" non sono spiegati; i revisori avevano abbandonato il punto di vista oggettivo "di una valutazione scientifica in più punti". Il rapporto, insomma, «non può costituire una base per attribuire responsabilità personale» a causa di carenze metodologiche. Adesso Gercke sta lavorando a tempo pieno con cinque avvocati per creare un nuovo rapporto entro il 18 marzo. Ma per Woelki, al netto delle tensioni che tutta la vicenda ha provocato in diocesi, questa resta una pagina non positiva di mancata trasparenza che indebolisce la credibilità della Chiesa che stava cercando di recuperare.
Nel frattempo, ad Aquisgrana, le cose sono andate in modo totalmente diverso: il rapporto dello studio bavarese è stato pubblicato. Mons. Helmut Dieser, insieme al vicario generale Andreas Frick e alla direttrice del personale della diocesi, Margherita Onorato-Simonis, lo ha presentato, evidenziando le pesanti responsabilità del vescovo emerito mons. Heinrich Mussinghof (1995-2015) e del suo vicario generale mons. Manfred von Holtum nella protezione degli abusatori. I due, che avevano contestato le risultanze già prima della pubblicazione, sono stati pregati dal vescovo Dieser di lasciar cadere qualsiasi volontà di adire vie legali. Il vescovo ha anche espresso la volontà di procedere a ulteriori verifiche a carico dell’attuale personale e di creare un comitato diocesano di consulenza formato da vittime di abusi e di una Commissione indipendente. (ludovica eugenio)
* Foto di Superbass tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza
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