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Le parrocchie romane di fronte al Covid: un'analisi del Rapporto Caritas

Le parrocchie romane di fronte al Covid: un'analisi del Rapporto Caritas "Nessuno si salva da solo"

Interessante approfondimento del Redattore Sociale (RS) sulle parrocchie romane, già protagoniste di un recente numero speciale e di un convegno promossi in autunno da Adista.

L’agenzia di informazione RS, analizzando il rapporto annuale della Caritas diocesana sulla povertà a Roma – il titolo di quest’anno, “Nessuno si salva da solo”, recupera le parole di papa Francesco sulla pandemia – indaga il ruolo delle parrocchie romane di fronte alla pandemia da coronavirus che, da un lato, ha spesso paralizzato l’attività pastorale ordinaria ma, dall'altro, ha aperto un inedito fronte missionario per le realtà parrocchiali, «presidi contro la povertà» a livello cittadino e territoriale.

A fronte di un rallentamento drastico delle abituali attività, i centri d’ascolto delle parrocchie hanno dimostrato particolare vitalità nel far fronte ai bisogni che la crisi sanitaria ha prodotto o esacerbato. Secondo il Rapporto Caritas, spiega RS, «I centri d’ascolto dunque hanno continuato sostanzialmente ad essere una presenza viva e attiva sul territorio, una presenza che di fronte al dispiegarsi dei mille problemi causati dal Covid si è presentata spesso come unico e insostituibile riferimento per la collettività più prossima».

A seguito delle misure introdotte dal governo per contenere il virus, durante la pandemia sono cambiate le attività e i “servizi” offerti dai centri: meno accoglienza o scuole di italiano per evitare assembramenti, più consegna di pacchi alimentari, assistenza a domicilio e consulenza per i buoni spesa. D’altra parte, il Rapporto Caritas rivela, numeri alla mano, quello che è sotto gli occhi di tutti: la crisi sanitaria e le misure anti-contagio hanno colpito in particolare persone economicamente più fragili, come anziani soli, precari, disoccupati, false partite iva, cassaintegrati, stagionali, spesso anche pensionati. Le esigenze per cui chiedono di accedere ai fondi messi a disposizioni dalle parrocchie e dalla diocesi, spiega ancora RS, sono legate ad esigenze primarie, come l’acquisto di cibo o il pagamento di affitti, mutui e bollette .

«Il lockdown pandemico ha fatto da cartina al tornasole per tante fenomenologie», spiega la Caritas nel Rapporto, «che in parte già covavano sotto le increspature di superficie della società, ma che erano pronte ad emergere alla prima congiuntura negativa»: il riferimento è a un vasto bacino di persone e famiglie ai margini del mercato del lavoro, già note ai centri d’ascolto locali, «persone costantemente in bilico che possono entrare in uno stato di povertà conclamata per una relativamente modesta spesa imprevista per poi magari uscirne appena una piccola opportunità dovesse concretizzarsi. E, successivamente allo sfaldarsi della recente occasione positiva o all’arrivo di un’imprevista nuova difficoltà, ripiombare di nuovo nel vasto bacino della povertà».

Il Rapporto Caritas parla di «povertà liminale», spiega infine RS, «che cammina cioè costantemente sulla linea di confine tra povertà e inclusione sociale. Quello che è certo è che il lockdown ha fatto deflagrare tali situazioni, precipitare tanti “equilibristi della povertà” in una povertà conclamata. Nei centri d’ascolto Caritas delle parrocchie romane oltre l’83% denuncia di essersi trovato di fronte a forme di “nuova povertà”, cioè persone che per la prima volta si rivolgevano a un servizio Caritas».

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