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Il “cammino di liberazione” di don Francesco, un prete del Novecento

Il “cammino di liberazione” di don Francesco, un prete del Novecento

Tratto da: Adista Notizie n° 2 del 16/01/2021

40517 ROMA-ADISTA. Come aveva efficacemente rilevato Raniero La Valle nel suo volume Quel nostro Novecento, il secolo scorso è stato assieme un secolo «grande e terribile»: «Ha prodotto i totalitarismi e il nuovo costituzionalismo, che ha fatto le più grandi guerre e ha dato fondamento alla pace, che ha inventato la bomba atomica e la dottrina della nonviolenza, che ha perpetrato la Shoah, ha compiuto genocidi e ha visto popoli insorgere e liberarsi».

Per chi ha vissuto il ‘900 nella temperie ecclesiale, oltre che sociale e politica, a due eventi capitali come la Resistenza e la Costituzione, va almeno aggiunto il Concilio e – subito dopo il Concilio – il ‘68, l’esplodere dei movimenti, il nuovo pensiero femminista, la lotta contro la guerra e le istituzioni totali come i manicomi, il nuovo diritto di famiglia e i nuovi diritti, l’emancipazione di interi strati sociali.

Il ‘900 è stato spesso raccontato – nelle sue vicende particolari come nei suoi aspetti generali – dai protagonisti di quella straordinaria epoca. Meno invece da chi li ha vissuti tra le “seconde linee”, e che però si è fatto profondamente innervare e trasformare da ciò che avveniva attorno a lui. Divenendo a sua volta egli stesso motore del cambiamento.

Un “semplice” prete del XX secolo

Per questo, suscita un certo interesse la lettura del libro scritto da don Francesco Pasetto, Cammino di liberazione. Memorie di un cristiano del XX secolo (Edizioni Helicon, 2020, pp. 504, euro 20). Il punto di vista non è quello – già più volte letto – di un grande teologo o ecclesiastico, leader politico o intellettuale. Qui a parlare, raccontrare, interpretare è un “semplice” prete, insegnante di Storia e Filosofia, che ha esercitato per decenni il ministero come parroco della chiesa dei ss. Vito e Modesto a Lonnano, Pratovecchio (Ar). Un prete profondamente legato al suo territorio, il Casentino, di cui ha già raccontato in altri libri la storia, la spiritualità, i sentieri e la natura di quella foresta con cui ha instaurato un rapporto davvero intimo, che emerge anche nelle pagine del suo ultimo lavoro.

Nel quale però, stavolta, don Pasetto traccia il bilancio di un altro “sentiero” percorso durante la sua vita: quello impervio che lo ha portato alla crescita umana ed ecclesiale, alla consapevolezza di sé e dell’esigenza di testimoniare una Chiesa e una fede diversa. Il filo conduttore è la ricerca di libertà, che unisce l’esperienza di don Francesco a tanti uomini e donne, nella Chiesa come nella società, che attraverso le esperienze fatte nel “secolo breve” si sono progressivamente emancipati dall’ignoranza, dal dogma, dal conformismo, dal sacro, formando la propria coscienza di cristiani adulti, attraverso l’esercizio del confronto e della critica, in una dimensione – oggi sempre meno possibile – collettiva e collegiale.

Scorrono così, assieme a ricordi personali, incontri, riflessioni, gli eventi che hanno cambiato il nostro Paese. Si parte dall’infanzia nei “figli della lupa”, dal fascismo e dalla guerra, dal seminario salesiano e si attraversa la vita di don Francesco assieme a lui, con l’elezione di Giovanni XXIII, il Concilio, don Milani (per don Francesco maestro di fede e di scuola) e don Mazzolari, l’alluvione di Firenze (in quegli anni don Francesco era a Firenze, presso l’istituto salesiano), la “contestazione”, i fatti dell’Isolotto, la campagna per il divorzio (don Francesco si schierò assieme a diversi preti della comunità salesiana di via del Guarlone per il “No” all’abrogazione della legge; l’arcivescovo Florit punì lui e gli altri con il divieto di esercitare il ministero nella sua diocesi) e le vicende storico-politiche dagli anni ‘70 a oggi. Don Francesco “emigra” prima nella diocesi di Prato per arrivare, nel 1983, in quella di Fiesole e abbracciare il suo amato Casentino: il libro con moltissime digressioni di carattere storico, religioso, naturalistico, con una carrellata di personaggi letti, incontrati, conosciuti non è però ascrivibile al genere della memorialistica: per don Francesco la saldatura tra esperienza individuale e collettiva, tra storia e Storia, è costante e fa del libro un memoriale, più che un libro di memorie. 

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