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La Spagna non è un Paese per vescovi. Confidenze di una autorevole gola profonda

La Spagna non è un Paese per vescovi. Confidenze di una autorevole gola profonda

A sentire Jesús Bastante, del sito di informazione Religión Digital, la Chiesa cattolica spagnola sta vivendo un periodo, se non singolare, di rara immobilità. Nell'articolo che pubblica in data di ieri, sintetizza la situazione così: il nunzio, Bernardito Auza, «non trova candidati all'episcopato che possano avere l’avallo di Roma e che non abbiano il veto delle diverse fazioni che operano nella Chiesa». Mentre ci sono, a reggere diocesi, vescovi in età di pensione, come Juan José Asenjo, a Siviglia, che ha superato i 76 anni, o Julián Barrio Barrio, a Santiago de Compostela, già 75enne; e soprattutto c’è, vacante da due mesi e mezzo, la diocesi castrense, il cui vescovo, il 72.enne Juan del Río, è morto per Covid il 28 gennaio scorso.

«La morte di Juan, oltre a una profonda tristezza in tutti, ha causato una tensione che non ci aspettavamo. In questo momento, tutto ruota attorno a chi sarà il prossimo vescovo militare. E oggi sembra una missione impossibile al giorno d’oggi. Non escludo sorprese, che provengano dalla stessa Casa Reale» (in quanto unica nomina per la quale il Re che ha il privilegio di presentare una terna). È anonima questa gola profonda di cui Bastante riporta il commento, ma, assicura «è una delle personalità più influenti dell'attuale Chiesa spagnola, che conosce a menadito lo stato dei rapporti Chiesa-Stato e le connessioni tra la Conferenza episcopale e la Santa Sede. E il panorama che disegna è desolante».

E Bastante lo sintetizza «a grosse linee»: l’immagine che emerge è «quella di una Chiesa divisa in fazioni: da una parte, i "perdenti" delle ultime elezioni [dei vertici ecclesiastici, 2018] che continuano a mantenere una vasta rete di relazioni e influenze decisive, non tanto per ottenere candidati, ma piuttosto per "porre il veto" ad altri»; dall’altra, «l'attuale leadership, più vicina a Roma ma con meno esperienza in maneggi clericali»; e «con un nunzio che non ha ancora trovato una sua collocazione» e d’altronde gli «va riconosciuto che fino a pochissimo fa non ha potuto contare su una propria squadra, poiché la Nunciatura è stata progressivamente smantellata, né ha potuto trovare candidati con il profilo di “chiesa in uscita” come disegna Bergoglio», malgrado sia manifesta una certa urgenza.

«Siviglia e, senza dubbio, l'arcivescovado militare – prosegue Jesús Bstante – sono le due sedi che destano maggiore preoccupazione, quelle su cui si lavora di più, insieme alla situazione di diocesi che, come Ciudad Rodrigo (non l'unica), sono minacciate di scomparsa», di accorpamento. Auza, prosegue la fonte di Religión Digitale, «non sapeva esattamente dove stava andando» quando è stato nominato nunzio, nell’ottobre 2019, «e pian piano sta conoscendo le difficoltà di questo Paese, di questa Chiesa». Ciò malgrado «è incredibile», insistono gli anonimi informatori, che non ci siano state nuove nomine negli ultimi mesi, al di là di alcune ausiliarie, e di spostamenti tra diocesi.

Ma «che cosa sta succedendo?», si chiede Bastante. «Fondamentalmente», risponde, succede che «Bernardito Auza non trova candidati all'episcopato che abbiano l’avallo di Roma e che non abbiano il veto delle diverse fazioni che operano nella Chiesa spagnola». Più singolare ancora - «senza precedenti», annota l’informatore - è che, malgrado la Santa Sede stia suggerendo nomi (molti di loro non sono vescovi), «più di una ventina di possibili candidati hanno chiesto di non essere nominati vescovi», mettendo Roma in discreto imbarazzo e mettendo in evidenza le difficoltà di un Paese e di una Chiesa divisa, «che continua a resistere – osserva Bastante – all'impulso maggioritario del Popolo di Dio e alle riforme promosse da Bergoglio».

Chi ne paga il fio, a quanto pare, è il cardinale Juan José Omella, arcivescovo di Barcellona ma anche membro della Congregazione dei Vescovi, perché «non pochi» lo accusano di «non aver imposto i suoi criteri su determinate nomine, in collaborazione con il suo socio in tandem nella Conferenza episcopale, Carlos Osoro» (di Madrid, vicepresidente dell’episcopato, mentre Omella ne è presidente). «Perché non si impone? Curiosa ancora – riferisce Bastante – la risposta delle nostre fonti: "Non vuole somigliare a Rouco [cardinale, di stampo conservatore, già arcivescovo di Madrid e già presidente dell’episcopato]. Vuole agire come chiede Bergoglio, in modo sinodale"». Allora Omella può attendere, chi può scommettere sulla sinodalità della Chiesa spagnola?

*Sagrada Familia (Barcellona), interno, particolare. Foto tratta da wallpaperflare.com, immagine originale e  licenza

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