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Migranti: nonostante gli incidenti diplomatici, cooperazione Ue-Turchia più viva che mai

Migranti: nonostante gli incidenti diplomatici, cooperazione Ue-Turchia più viva che mai

Alla fine, lo scandalo del cosiddetto “Sofà Gate” – l’ormai nota umiliazione riservata alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, relegata in un divanetto distante dalle poltrone d’onore dedicate a Charles Michel (presidente del Consiglio Ue) e al padrone di casa – ha finito per catalizzare l’attenzione mediatica sull’incontro istituzionale tra i rappresentanti dell’Unione Europea e il presidente turco Recep Tayyip Erdo?an nel palazzo presidenziale di Ankara.

Nella conferenza stampa del giorno dopo, per lo più incentrata sulla pandemia e sulle altre questioni interne, il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, ha commentato la brutta figura del “Sofà Gate”, e ha aggiunto al fattaccio anche un incidente diplomatico, sottolineando che «la considerazione da fare è che con questi dittatori, con cui però si ha bisogno di collaborare, o meglio di cooperare, uno deve essere franco nell’esprimere la differenza di vedute, di comportamenti, di visioni, ma pronto a cooperare per gli interessi del proprio Paese». Alla parola “dittatore” Erdogan e i suoi ministri sono saltati sulla sedia, hanno convocato l’ambasciatore italiano e hanno preteso scuse ufficiali dal nostro premier.

Per trovare una ricomposizione dei rapporti diplomatici dopo il “Sofà Gate” e dopo l’incidente diplomatico di Draghi, le diplomazie italiane, turche ed europee sono già in fermento. In tutto ciò, però, è rimasto sullo sfondo il nodo centrale del meeting turco-europeo: nonostante tutto, la cooperazione economica e politica tra il Vecchio continente e la Turchia di Erdogan prosegue, più viva che mai. In particolare, resta in piedi l’Accordo del 2016 per il contenimento dei flussi migratori, che è già costato all’Unione circa 6 miliardi di euro, e che sembrava incrinarsi dopo la crisi dei migranti nelle isole greche dei mesi scorsi. A Erdogan la presidente della Commissione chiede, parallelamente al serrato controllo delle frontiere con l’Europa, anche il rimpatrio in Turchia dei migranti sulle isole greche.

Ancora cooperazione anti-migranti, dunque, e ancora fondi europei destinati al processo di esternalizzazione delle frontiere. Tutto questo però, precisa Ursula von der Leyen, nel quadro di una «partnership onesta. Ciò significa che un partenariato tra l'Ue e la Turchia ci consente di rafforzare ciò che ci avvicina, ma anche di essere molto franchi e di affrontare ciò che ci divide. Oggi Charles Michel e io abbiamo sottolineato chiaramente che il rispetto dei diritti fondamentali è cruciale per l'Unione europea. Questo deve essere parte integrante della nostra relazione».

L’inconsistenza e l’inaffidabilità politica di una così generica sottolineatura, soprattutto alla luce degli ultimi 5 anni caratterizzati da sistematici respingimenti e violazioni dei diritti dei migranti, è spiegata bene nell’articolo dedicato da Redattore Sociale alla questione, firmato dall’esperta di migrazioni Eleonora Camilli, secondo il quale «il rinnovo del patto Ue-Turchia rientra nella strategia dell’esternalizzazione delle frontiere su cui si è basata, negli ultimi anni, gran parte della politica europea». Una strategia su cui l’Unione ha tanto investito che difficilmente verrà minacciata da incidenti diplomatici o da un rinnovato interesse per i diritti dei migranti e dei rifugiati.


* Immagine del World Economic Forum, tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza. La foto è stata tagliata.

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