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45 anni dal golpe in Argentina: dove sono diritto e giustizia? Dichiarazione di un gruppo di sacerdoti

45 anni dal golpe in Argentina: dove sono diritto e giustizia? Dichiarazione di un gruppo di sacerdoti

“Memoria, Verità e Giustizia / 45 anni”: è il titolo che il Gruppo di sacerdoti argentini “in opzione per i poveri” (Grupo de Curas en la Opción por los Pobres) ha apposto alla Dichiarazione pubblicata il 15 aprile su Redes Cristianas. I 45 anni sono quelli racchiusi nel periodo, indicato dal sottotitolo, “1976 – 24 marzo – 2001”: parte dal giorno del golpe che il 24 marzo 1976 gettò l’Argentina, per 8 lunghi anni, in un’orribile e disumana dittatura e giunge ai nostri giorni. È un tempo importante quello trascorso, che ha guadagnato la democrazia al popolo argentino, ma, osserva il Gruppo di sacerdoti, «da quell'interruzione dell'ordine democratico e nonostante diversi decenni di governi costituzionali, le disuguaglianze economiche e sociali nel nostro Paese sono aumentate», e non solo esse. Di seguito la Dichiarazione in una nostra traduzione dallo spagnolo.

 

“1976 – 24 marzo – 2001”

Quando l'Antico Testamento parla di come Dio vuole regnare in mezzo al suo popolo, ricorre a un'immagine simbolica molto forte: il suo trono sarà fondato sul diritto e sulla giustizia. In altre parole, il segno che le persone vivono secondo il piano di Dio è che i poveri, i più deboli e i bisognosi sono assistiti nei loro diritti e nella dignità della loro vita. Dio si schiera per la vita dei poveri, non è imparziale. Il Dio di Israele si schiera per le vittime.

I giudici sono avvertiti di evitare la corruzione del giudizio e il favoritismo: non si devono ricevere doni, perché pervertono le giuste cause (Es 23,8); nella causa non si deve stravolgere il diritto del povero (Es 23,6), né togliere la vita agli innocenti, assolvendo i malvagi (Es 23,7); l'ingiustizia non è giustificata né per favorire i poveri né per timore dei potenti (Lev 19:15); il giudice deve essere retto e non lasciarsi condurre dalla maggioranza all'ingiustizia (Es 23,2).

Questa chiara scelta del Dio d'Israele è quella assunta da Gesù nel suo amore prediletto per i poveri. È la stessa scelta che vogliamo praticare noi che crediamo nel Dio della Vita.

A 45 anni dall'ultimo colpo di stato civile-ecclesiastico-militare, questo orizzonte continua a guidarci. Nell'attuale emergenza sanitaria ed economica, sono i poveri i principali destinatari dei nostri sforzi per una maggiore giustizia, per una maggiore espansione dei loro diritti così tante volte rinviati?

Da quell'interruzione dell'ordine democratico e nonostante diversi decenni di governi costituzionali, le disuguaglianze economiche e sociali nel nostro Paese sono aumentate, la concentrazione economica non ha cessato di acutizzarsi, la moltitudine di poveri è sempre maggiore. I poteri forti, protetti in un oscuro matrimonio fra un potere giudiziale corrotto e alcuni mezzi di comunicazione egemonici, stanno danneggiando il governo eletto dal popolo e le sue iniziative per una maggiore giustizia sociale.

Ci sono molti debiti in sospeso perché nella nostra dolorosa patria possiamo vivere nel modo giusto, solidale e fraterno che dà senso alla parola stessa "patria" -

Si fa lunga l’attesa per chi non ha una Terra, un Tetto o un Lavoro (le tre T” di papa Francesco: Tierra, Techo, Trabajo, ndr). Non si possono disegnare programmi e progetti solo sulla carta senza rendersi conto dell'urgenza dei poveri di questa terra benedetta.

Madre Terra non può continuare a essere saccheggiata dagli interessi meramente economici di pochi. I popoli oppongono resistenza all’avvelenamento che subiscono insieme alle loro terre e all'acqua che le rende fertili; reclamano giustizia di fronte all'uso dei pesticidi e al progredire dello sfruttamento minerario che non riconosce limiti.

Giustizia e legge attendono coloro che sono discriminati o discriminati a causa della loro condizione sessuale, della loro origine etnica, della loro condizione sociale; donne che continuano ad essere vittime della violenza patriarcale e che continuiamo a sostenere; o le prigioniere e i prigionieri politici; ritardi, procedure in un linguaggio incomprensibile, avvocati profittatori, giudici, maschi e femmine, che si preoccupano di soddisfare i potenti e di giocare in campo politico; la stessa distanza geografica dai tribunali sono alcune delle esperienze che i poveri fanno della giustizia. Urge una riforma della Magistratura che garantisca a tutti, soprattutto a chi vive in condizioni di massima vulnerabilità, l'accesso a una giustizia che fino ad ora li ha relegati all'ultimo posto. Perché solo una giustizia indipendente e integerrima può essere garanzia di vita democratica.

E - non possiamo dimenticarlo in questa data - giustizia e diritto sono ciò che continuano ad aspettarsi molti parenti delle vittime del colpo di Stato del 1976. È un debito dell'intera società verso coloro che sono stati fondamentali per consolidare la nostra democrazia.

Giustizia e diritto perché Dio regni in mezzo a noi, Padre e Madre di tutti e tutte. Giustizia e diritto perché il suo progetto di fraternità e sorellanza diventi realtà. Giustizia e diritto affinché l'amore e l'uguaglianza regnino nel nostro Paese.

Continuiamo ad essere uomini di speranza e diciamo con il Salmo 85, che Gesù reciterebbe sicuramente: «L’Amore e la Verità si incontreranno, la Giustizia e la Pace si abbracceranno; la verità germoglierà dalla terra e la giustizia guarderà dal cielo. Il Signore stesso ci darà i suoi beni e la nostra terra produrrà i suoi frutti. La giustizia lo precederà e la pace calcherà le orme dei suoi passi».

*Foto tratta da pikist.com, immagine originale e licenza

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