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Card. Turkson al pre-vertice Onu: le sapienze indigene salveranno il mondo dalla fame

Card. Turkson al pre-vertice Onu: le sapienze indigene salveranno il mondo dalla fame

Al pre-vertice Onu sui sistemi alimentari (dal 26 al 28 luglio a Roma, presso la Fao) ha partecipato anche il prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, il cardinale ghanese Peter Turkson, portando un contributo innovativo e indubbiamente molto in linea con il pensiero di papa Francesco. Secondo il prefetto, per sfamare una popolazione mondiale che verosimilmente toccherà la soglia di 9 miliardi di persone nel 2050, bisogna «promuovere i sistemi alimentari indigeni», riscoprendo, studiando, entrando in «un dialogo di conoscenza permanente con i popoli indigeni/tradizionali di tutto il mondo che permetta di disegnare politiche pubbliche globali che valorizzino i piccoli produttori indigeni e tradizionali come protagonisti di un'azione globale di lotta alla povertà alimentare» (Vatican News, 27/7). A parere di Turkson i «sistemi alimentari indigeni e dieta naturale», detti anche «agroecosistemi», potrebbero portare grandi benefici in termini di sicurezza alimentare nelle aree del pianeta più soggette agli effetti nefasti dei cambiamenti climatici, come precipitazioni irregolari, periodi forte siccità, inondazioni, ecc.

Recuperando la suddivisione della Fao dei popoli indigeni del mondo in 7 macroaree – «Africa; Asia; America Centrale, America del Sud e Caraibi; Artide; Europa Centrale e Orientale, Federazione Russa, Asia Centrale e Transcaucasia; America del Nord e Pacifico» – Turkson suggerisce di individuare le tradizioni indigene sopravvissute nel tempo e renderle sistemi alimentari istituzionali.

Come papa Francesco, che più volte ha sottolineato la grande capacità delle popolazioni indigene di prendersi cura e custodire la terra che abitano con metodi antichi e pienamente sostenibili, anche Turkson ha chiesto di affidare la terra alla sapienza indigena. «Gli indigeni – ha aggiunto – hanno saputo proteggere le conoscenze che hanno permesso la perpetuazione dei loro sistemi agroalimentari nel tempo; e queste conoscenze possono essere utilizzate in quei territori con povertà alimentare».

Ma soprattutto hanno saputo proteggere la loro terra, ha poi ammonito il cardinale, al contrario di quanti hanno adottato tecniche innovative di coltivazione, finalizzate allo sfruttamento e al commercio, e dunque al profitto: la coltivazione intensiva di specie non autoctone «compromette gravemente questa vitalità», ed è sempre accompagnata dall’uso di «fertilizzanti chimici (efficaci solo quando il suolo è morto), pesticidi (efficaci solo per proteggere le piante malsane) e macchinari agricoli (utili solo quando si deve coltivare una vasta area)». «Questi metodi – conclude Turkson – sono inefficaci o addirittura dannosi su terreni fertili, colture sane e sementi piccole e locali. Tuttavia, gli interessi economici guidano alcune di queste pratiche ecocide!».

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