
Dibattito sul post-teismo: Enrico Peyretti dialoga con Domenico Basile
L'estate e il caldo non interrompono il fitto dialogo che si sta svolgendo sull'argomento cosiddetto del post-teismo e che Adista ospita ormai da tempo. All'intervento di Domenico Basile sul numero 29/21 di Adista ("Come pensare un Dio impersonale") risponde oggi Enrico Peyretti, che, nella lettera che ci ha inviato e che qui segue, si rivolge direttamente a lui.
Caro Domenico,
se sei la stessa persona (come credo) che è intervenuto su Adista Documenti, 31 luglio 2021, pp. 12-13, col titolo "Come pensare un Dio impersonale", mi permetto di continuare il dialogo senza pretese.
Tu dici che il "nocciolo della questione" è che attribuiamo a Dio "caratteri antropomorfici", in lui proiettiamo "pulsioni di onnipotenza e bisogni di protezione". Certamente nelle nostre varie immagini di Dio c'è questo fenomeno, lo immaginiamo a nostra immagine. Ma altrettanto certamente questa immagine è continuamente corretta, discussa, smentita, trascesa, sia dalla critica religiosa, sia soprattutto da quelle luci che sentiamo come messaggi, appelli, rivelazioni, profezie che i credenti riconoscono provenienti dal vero Dio. Certamente ci sono tante immagini e teorie e potenze "umane, troppo umane" riguardo a Dio, anche nella Bibbia. Ma all'interno della stessa tradizione biblica sono smentite sonoramente: la critica profetica, e Gesù! Ora, se dal mistero indicibile di Dio arriva a noi qualche "comunicazione" (cioè un segnale che può essere "comune" a chi parla e a chi ascolta), che noi diciamo essere una "Parola", allora là, nel mistero, c'è una coscienza comunicante, parlante, comunionante, ispirante, simile a quella per cui comunichiamo tra noi, persone coscienti, dotate di "coscienza" (con-sapevoli di noi e degli altri come noi). Mi sembra allora di poter dire: non noi proiettiamo in Dio la nostra natura cosciente, ma noi siamo originati ad immagine del Dio cosciente, personale, comunicante. Questa sostanza della Parola biblica e di ogni monoteismo mi sembra profondamente convincente, confortante, impegnativa; e mi sembra l'unico modo di pensare e dare fiducia ad un Vivente, al di là di ogni nome e di ogni concetto, che è Vita-che-dà-vita, cioè comunica vita e coscienza ad esseri come noi, sia pure lontanamente, somiglianti a lui. Noi siamo coscienti perché Dio è cosciente. A noi è data coscienza anche per la dignità e la difesa degli altri esseri che a noi sembrano (chissà?) senza coscienza simile alla nostra. Se Dio è "impersonale", se non è persona autocosciente e comunicante, io e te siamo più vivi di lui. E siamo soli, perchè non c'è nessuno che, come facciamo tra noi, ci ascolta e ci parla. Se nessuno mi parla, io non esisto.
Pensiamo ancora, in ascolto. Ti ringrazio, con un saluto amico, Enrico Peyretti
*Foto tratta da pexels.com, immagine originale e licenza
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