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Iraq: i vescovi caldei sollecitano il dialogo per la formazione del governo

Iraq: i vescovi caldei sollecitano il dialogo per la formazione del governo

La chiusura della fase elettorale in Iraq, dove si è votato il 10 ottobre, non ha comportato la scomparsa delle preoccupazioni per l’avvenire politico del Paese. Il voto ha decretato la vittoria dello sciita Moqtada al-Sadr, con la sua promessa di un «governo nazionalista e libero da influenze straniere», non gli ha però assicurato la maggioranza per formare un esecutivo e perciò Moqtada dovrà fare accordi in Parlamento per controllare i 165 seggi necessari.

L’esecutivo è perciò ben lontano dall’insediamento, lasciando un vuoto che alimenta tensioni e violenze anche perché gli stessi risultati delle elezioni parlamentari (77 le violazioni registrate durante le votazioni) hanno innescato una situazione di “tensione” in tutto il Paese. Il Gulf Centre for Human Rights, riferisce AsiaNews oggi, denuncia attacchi ad attivisti e membri della società civile e dei mezzi di informazione, in un quadro definito «preoccupante» di violazioni ai diritti umani e torture dei civili.

E tensioni si registrano per le polemiche sorte sull’assegnazione dei cinque seggi riservati ai cristiani. Gli eletti, è la critica, non sarebbero rappresentativi dei votanti cristiani, in quanto – secondo la denuncia dell’ex parlamentare Joseph Sliwa di cui informa il sito curdo Rudaw – il 90% dei loro voti non vengono da elettori cristiani, ma da sciiti e curdi, che hanno dirottato parte delle loro preferenze in modo da eleggere candidati affini o «manipolabili». La risposta degli eletti è che tutto si è invece svolto regolarmente che le denunce provengono dagli sconfitti. Sicuramente da Fatah, che ha visto ridurre i suoi deputati a un quarto di quelli che aveva nella precedente legislatura, e ha chiesto il riconteggio dei voti di 300 urne e ha indetto manifestazioni in diverse città del Paese.

La situazione attuale di tensione, innescata dai risultati delle elezioni parlamentari, preoccupa anche i vescovi della Chiesa cattolica caldea. Riunitisi il 23 ottobre sotto la presidenza del patriarca Louis Sako, hanno emesso una breve comunicazione in cui invitano «tutti i politici iracheni a seguire i valori della nazione e della fraternità, al fine di garantire priorità all’interesse pubblico più che alle agende partigiane e di partito. Questo obiettivo può essere raggiunto mettendosi insieme e dando vita a un dialogo calmo e civile, all’interno del quale si possano esprimere i diversi punti di vista, per porre fine alla situazione attuale di tensione generata dalle recenti elezioni politiche».

Ricordano di aver «lanciato ripetuti appelli alla classe dirigente irachena, perché proceda in maniera spedita alla formazione di un governo di competenze nazionali, in grado di realizzare le richieste del popolo iracheno e di impedire al Paese di “scivolare” in una situazione sempre peggiore. Ribadiamo con forza – concludono – che minacciare o usare le armi per risolvere i problemi fra i cittadini è uno dei principali “peccati” in ogni uso e tradizione, perché le armi devono essere solo un mezzo di difesa della madrepatria».

*Manifestazione in sostegno di Moqtada al Sadr. Foto tratta da Commons Wikimedia

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