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Ddl Zan: la gerarchia esulta, ma Cei e Vaticano escono indeboliti

Ddl Zan: la gerarchia esulta, ma Cei e Vaticano escono indeboliti

Tratto da: Adista Notizie n° 39 del 06/11/2021

40850 ROMA-ADISTA. Viene chiamata “tagliola” (da non confondersi con la più nota “ghigliottina“, che impone un limite di tempo massimo alla discussione parlamentare, scaduto il quale si passa immediatamente alla votazione finale dell’intera legge) quella procedura prevista dall’articolo 96 del Regolamento del Senato: «Prima che abbia inizio l’esame degli articoli di un disegno di legge, un senatore per ciascun gruppo può avanzare la proposta che non si passi a tale esame». Nel caso del ddl Zan questa richiesta è stata avanzata il 27 ottobre scorso da Lega e Fratelli d’Italia. Al voto segreto (concesso tra molte proteste dalla presidente del Senato Elisabetta Casellati), 154 hanno votato a favore, 131 contro e 2 senatori si sono astenuti. Una volta approvata la “tagliola”, il disegno di legge di fatto si è arenato perché a quel punto, bloccandone l’iter parlamentare, la votazione equivale a una bocciatura del provvedimento. Ora – secondo lo stesso Regolamento del Senato – bisognerà aspettare almeno 6 mesi (in politica praticamente un’era geologica) affinché quel ddl, o un’altro sullo stesso argomento, una volta depositato, possa essere nuovamente calendarizzato da uno dei due rami del Parlamento per la discussione.

Questi i fatti. Resta da capire se l’esito non fosse prevedibile, visto il muro contro muro che da mesi caratterizza il dibattito sul disegno di legge; visto l’avvicinamento progressivo dei renziani di Italia Viva alle posizioni del centro destra e viste le tattiche parlamentari che – se adeguatamente conosciute e sfruttate – possono vanificare anni di lavoro. E se quindi una parte della responsabilità del risultato parlamentare non sia da attribuire ai partiti della maggioranza che sosteneva la legge che – alla conta dei voti – si sono rivelati non essere affatto maggioranza.

Intanto, sul fronte della gerarchia ecclesiastica, esulta il presidente dei vescovi italiani, card. Gualtiero Bassetti, che aveva progressivamente portato la presidenza dei vescovi su posizioni sempre più ostili al ddl: «L’esito del voto al Senato sul ddl Zan conferma quanto sottolineato più volte: la necessità di un dialogo aperto e non pregiudiziale, in cui anche la voce dei cattolici italiani possa contribuire all’edificazione di una società più giusta e solidale». Contento anche il quotidiano della presidenza della Cei, Avvenire, che contro il ddl Zan aveva da mesi messo in piedi una forte campagna di opinione: «Della proposta “idolatrata” da persuasori e influencer decisi a darla già per approvata in forza di un plebiscitarismo digitale e mediatico da far accapponare la pelle, era fuori centro in più punti sul piano concettuale, dell’architettura giuridica e delle sue conseguenze. Non lo si è voluto ammettere e ora si raccolgono i frutti della presunzione», scrive il direttore Marco Tarquinio nell’editoriale che apre l’edizione di Avvenire del 28/10. Esulta anche il Vaticano, che era intervenuto a giugno attraverso la Segreteria di Stato per segnalare alle autorità italiane la criticità di alcuni contenuti del ddl Zan, paventando addirittura la violazione dei Patti Lateranensi in caso di approvazione. Proprio il giorno della votazione del ddl in Senato, la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva diffuso una nota che rispondeva alla richiesta di chiarimenti dottrinali sul provvedimento pervenuta dall’associazione Pro Vita & Famiglia Onlus, schierata contro l’approvazione del disegno di legge: «Davanti a simili progetti di legge, il comportamento dei fedeli e dei politici cattolici deve adeguarsi al magistero della Chiesa, che sull’ideologia gender ha espresso “chiara riprovazione” tramite numerosi interventi di Papa Francesco», era stato il monito vaticano.

La partita resta aperta

La questione però, e la gerarchia cattolica lo sa bene, è più complessa, perché – al di là dell’esito parlamentare e di se e come verrà riproposto il ddl – il tema posto dalla legge (identità di genere e discriminazioni) è molto sentito anche in ambito cattolico. E non pochi teologi (e teologhe), oltre che realtà ecclesiali, avevano sostenuto l’approvazione del provvedimento. Assieme alla sinistra cristiana e alle sigle che riuniscono i credenti Lgbt, gran parte dell’area conciliare e anche una fetta dell’associazionismo cattolico più istituzionale sostenevano il ddl Zan. Ad esempio le Acli, che in un loro comunicato scrivono che «Il ddl Zan poneva questioni importanti quali il contrasto alla violenza di genere e la lotta alle discriminazioni; ma un clima politico incentrato sulla contrapposizione invece che sul dialogo ha affossato un testo che poteva essere migliorato, superando alcune criticità già segnalate da soggetti non sospettabili di omofobia». O diverse realtà diocesane dell’Azione Cattolica (del cui sostegno al ddl avevamo parlato su queste pagine, v. Adista Notizie n. 17/21).

Per non parlare del gesuita James Martin, consultore del Segretariato per la Comunicazione, che svolge il suo apostolato tra le persone Lgbt e che ha denunciato “l’omofobia nella Chiesa” (ricevendo una lettera di incoraggiamento da parte dello stesso Francesco pochi giorni che era stata rivelata la Nota verbale). O del gesuita p. Pino Piva, che svolge in Italia un lavoro analogo. Aperti al dialogo con il mondo Lgbt ci sono ache vescovi di “peso” come il card. Matteo Zuppi, autore della prefazione al libro di padre Martin, Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra la Chiesa e persone Lgbt. O il card. Marcello Semeraro che nella diocesi da lui guidata (Albano) ha permesso si incontrassero i gruppi di credenti Lgbt italiani e ha promosso – come già avvenuto in diverse altre diocesi italiane – attività pastorali per le persone Lgbt.

Ci sono poi le 15 realtà ecclesiali di base che hanno scritto ai vescovi italiani in vista del Sinodo, chiedendo un cambiamento su questioni come i ministeri ecclesiali, il ruolo delle donne, il rinnovamento delle modalità celebrative, la visione della sessualità e – appunto – la presenza nella Chiesa delle persone lgbt (v. Adista Segni nuovi n. 21/21).

Per “Noi Siamo Chiesa”, la bocciatura del ddl contro l’omofobia, «anche come conseguenza di logiche politiche oscure, mortifica le aspettative più che legittime di una parte dei cittadini LGBT di ottenere una maggiore tutela nei loro confronti ed è per tutti un arretramento dei valori costituzionali di uguaglianza e di democrazia. (…). I vescovi italiani si sono allineati alle posizioni della destra cattolica fondamentalista intervenendo poco laicamente e a gamba tesa sul progetto di legge in discussione», «rifiutando di considerare il consenso che esso ha nel Paese».

A giugno 2021 una ricerca sui social effettuata dal Sole 24 Ore aveva mostrato che oltre l’80% dei giovani cattolici era favorevole al Ddl Zan. Insomma, la legge non è passata, ma la questione non è affatto chiusa. Soprattutto dentro la Chiesa.

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