Nessun articolo nel carrello

Falla corta! Il ritardo culturale delle omelie

Falla corta! Il ritardo culturale delle omelie

Tratto da: Adista Documenti n° 43 del 04/12/2021

Per molta gente l’omelia è tempo di sopportazione. Oggi spesso la sopportazione lascia il posto alla fuga. Questa è la critica più feroce e anche più diffusa contro i predicatori. Le omelie si esprimono con un linguaggio di altri tempi, insignificante nell’orizzonte della nostra cultura e ignaro degli sconvolgimenti accaduti nel sapere generale. Non si tratta di correggere un’affermazione particolare o di assumere un metodo di evangelizzazione più efficace, oggi sono crollati i paradigmi, ossia le colonne, di tutta la nostra concezione. Eppure molti preti, per nulla curanti del progresso dell’antropologia, degli sviluppi dell’interpretazione biblica e di un generico senso critico della modernità, continuano a parlare del peccato originale e di tutte le verità connesse, nelle omelie e nell’amministrazione dei sacramenti.

È urgente un faticoso ripensamento della weltanschauung cristiana, partendo dalla precomprensione e dai nuovi protocolli della modernità. La nostra epoca è meravigliosamente vitale tra l’angoscia dei crolli e l’entusiasmo della ricerca. Purtroppo sono pochi i chierici che si dedicano alla ricerca e spesso guardati con sospetto dalla gerarchia, mentre la predicazione ordinaria ignora totalmente questo orizzonte e, sempre meno ascoltata, continua in una stanca ripetizione, solo camuffata di retorica avveniristica. Di fronte alla parola di Dio, innanzitutto, si tratta di capire il testo in quello che dice e la sua distanza dall’orizzonte culturale del nostro tempo. Ossia, bisogna distinguere il messaggio rivelato dal bagaglio culturale del tempo attraverso cui è stato trasmesso. Il vangelo è stato scritto in un tempo in cui i parametri culturali erano diversi dai nostri, perciò non può essere compreso con una interpretazione letterale, ma deve essere ripensato, tenendo conto della diversità culturale tra le epoche. In genere nelle omelie manca la prospettiva storica, perciò si fanno grandi confusioni.

La prima differenza sta nel fatto che la civiltà antica si caratterizza per il sacro, ossia si basa sulla struttura e sulle aspirazioni della religione con la figura di Dio al vertice, garante della verità e della giustizia, oggetto primario di ogni desiderio mentre il nostro tempo è dominato dal processo di secolarizzazione e di disincanto, tutto proiettato nella dimensione mondana al cui centro sta l’uomo nella sua continua evoluzione storica. L’uomo moderno costruisce il suo mondo etsi Deus non daretur, ma poi lo sa ritrovare come senso ultimo di ciò che sta costruendo e di se stesso. L’uomo antico non ha alcuno strumento scientifico per interpretare la realtà e difendersi dalla paura e dal bisogno, solo una vaga idea di una misteriosa forza ultra sensibile, tra il mana (forza sovrannaturale) e Dio, e con questa vaga idea deve spiegare tutto e tutto piegare a proprio vantaggio. I miti rendono ragione delle cose e degli eventi con il lontano intervento di qualche divinità. Ugualmente si pensa di poter affrontare ogni circostanza avversa con il favore degli Dei. Importante allora è propiziarsi il loro favore, offrendo sacrifici nei templi.

Un tema fondamentale della predicazione è la necessità di pregare sempre e con insistenza. Per ottenere qualsiasi cosa basta pregare con fede. Questo può generare delle illusioni che, se non esaudite, rovesciano la coscienza: ho inteso passare dalla supplica fiduciosa alla bestemmia. Inoltre bisogna tener conto che è sempre in agguato la tendenza al miracolismo. Sia chiaro, la preghiera ci dà forza interiore per affrontare la croce quotidiana e anche quella straordinaria, non serve a risolvere i problemi materiali. Innanzitutto, la preghiera nel cristianesimo è un dialogare con Dio, sullo schema del motivo fondamentale della salvezza come dono gratuito di Dio che genera come risposta un progetto di vita coerente al dono d’amore. Amore genera amore come l’onda del mare con il suo flusso e riflusso.

Anche il problema della povertà da soccorrere si pone in maniera diversa tra l’epoca passata e la nostra. La sollecitazione di papa Francesco rende attuale il tema della condivisione per superare l’indigenza dei poveri. Spesso si riprende la situazione della Chiesa primitiva descritta negli Atti degli Apostoli (At 2,44) come momento esemplare. Non ci si rende conto che la nostra situazione è diversa. L’iniziativa dei singoli cittadini è del tutto inadeguata perché il problema è enorme, perciò è necessario l’intervento dello Stato che garantisce l’istruzione e la cura delle malattie anche ai più poveri, a sostegno della dignità umana uguale in tutti, attingendo dalle tasse pagate dai cittadini. Non ho mai inteso l’esortazione a pagare le tasse come sostegno principale ai poveri. È più comodo fare un’elemosina, ci fa sentire più buoni, poco ci curiamo dell’umiliazione che ricade sui poveri.

Un’ulteriore differenza tra le due epoche riguarda la morale. Il dovere della sottomissione all’autorità era un’evidenza innegabile. Nella civiltà patriarcale e feudale, oggi nella civiltà che afferma il valore dell’individuo irripetibile, libero e autonomo, la morale della sottomissione e della cieca obbedienza sarebbe gravemente colpevole. Nella nostra civiltà non è possibile parlare del servo che merita percosse, poche se non conosceva il comando, molte se lo conosceva e volutamente lo ha trasgredito: schiavo e percosse non appartengono al nostro linguaggio, né alla parola di Dio ma alla civiltà schiavista, particolarmente disumana. Oggi ci schiereremmo con Onesimo (Lettera a Filemone di S. Paolo) ribellandoci al buon padrone Filemone, buon padrone, ma sempre padrone e perciò inaccettabile.

Non ho mai ascoltato nelle omelie un accenno alla dialettica tra messianismo della potenza e messianismo della croce come filo conduttore della narrazione evangelica. Nel battesimo Gesù decide l’orientamento da dare alla sua missione. Non sarà il messia della potenza come tutto il popolo ebraico e gli stessi apostoli si aspettavano: questa è solo una tentazione satanica. Satana è anche Pietro, lui la pietra su cui poggia la Chiesa, quando non accetta l’annuncio della passione. Nella prima metà della narrazione evangelica Gesù annuncia il Regno. Quando si accorge che la gente pensa al nazionalismo giudaico, fa un bilancio. «Chi dice la gente che io sia?» (Mt. 16,13ss) e decide di annunciare esplicitamente la croce. Lo fa per ben tre volte, sempre in contrasto con discorsi degli apostoli che litigano per i primi posti. Intestarditi sul messianismo della potenza, arrivano al momento della passione del tutto impreparati e crollano. Poi l’incontro con il risorto rivela un nuovo orizzonte. Credo che l’argomento sia indispensabile alla comprensione del vangelo, perciò dovrebbe essere spiegato alla gente.

È opportuno ricordare che la frase «voi siete tutti fratelli» non è una semplice esortazione al consueto vogliamoci bene, ma una rivoluzione epocale che segna il passaggio dall’era patriarcale a quella moderna, fondamento dell’uguaglianza, ossia della democrazia. Purtroppo, nel passato, la Chiesa ha giustificato la schiavitù e ha condannato la democrazia, perché il potere appartiene a Dio e non al popolo. Ancora oggi le strutture della Chiesa rivelano una carenza di spirito democratico.

Capita di ascoltare parole entusiastiche per Cristo re e per la sua appartenenza alla dinastia davidica, mai una nota critica. La festa liturgica è stata istituita da Pio XI (10-12-1925) nella continuità dottrinale con Pio IX per il quale la democrazia è illegittima, il potere non appartiene né al popolo, né ad altri, ma solo a Dio e il papa ne è l’unico interprete; affermazioni che oggi non hanno più senso. Il re Davide non è poi così tanto esemplare: ha fatto uccidere Uria per prendersi la moglie. I re, per lo più, hanno affamato i loro popoli per costruire le loro sontuose regge e hanno fatto morire una infinità di uomini con le guerre per la supremazia.

Gesù, quando nasce, non soffre il freddo. Il 25 dicembre era la festa del Sole nascente, fissata dall’imperatore Aureliano, il cristianesimo soppianta la festa pagana. Probabilmente Gesù è nato nei mesi estivi. Gli angeli si rivolgono ai pastori mentre si trovavano all’aperto per curare il gregge, e questo può succedere solo nel breve periodo dei giorni più caldi.

La descrizione delle carenze potrebbe continuare a lungo, anche per le omelie pronunciate in televisione, persino dai vescovi. Più grave è che in chiesa ordinariamente si parli un linguaggio del tempo passato, del tutto fuori uso oggi nella vita della società. Questo vale per il messale, i vari rituali e per le omelie. Nessuno oggi nella società parla con questo linguaggio o vive di queste aspirazioni.

Responsabile e allo stesso tempo vittima di questa situazione è l’omelia domenicale, condizionata in parte dalla mentalità del clero, in parte succube di ciò che la gente si aspetta e riesce a capire.

Il problema oggi è che a parlare sia solo il prete che non è più l’anziano (presbiter – presbitero – prete) custode della tradizione di ogni famiglia, ma una persona separata (quadosh-sacra) e diversa da tutti gli altri. Dice cose che fanno parte della sua cultura formata in seminario e della sua esperienza personale di celibe, garantita dal punto di vista lavorativo ed economico, mentre gli ascoltatori hanno una cultura laica e vivono inseriti in una famiglia, hanno problemi di lavoro e soffrono la precarietà.

All’inizio, nella comunità di Gerusalemme e nella comunità di Corinto non c’erano ruoli fissi, ma ogni membro aveva la facoltà di svolgere liberamente uno dei tanti servizi in virtù del potere conferito dal battesimo. Tutti si sentivano impegnati in prima persona. Poi per ragioni organizzative i vari poteri si sono concentrati in mano a pochi che hanno monopolizzato l’insegnamento e la presidenza della cena eucaristica. Al popolo non rimane altro ruolo che ascoltare e mettere in pratica quanto l’autorità dice. Così dall’inizio del terzo secolo la comunità cristiana si divide in kleros et plebs (i migliori e il popolo in senso spregiativo, ossia che tace e obbedisce). Nel corso della storia i laici hanno tentato di entrare nel cerchio magico del clero, ma inutilmente. Con l’epoca moderna il clero perde potere e la società civile offre maggiori possibilità di successo. Dopo il coronavirus un giovane non è attratto dalla figura del prete, ha costatato che la professione della medicina offre maggiori vantaggi. D’altra parte il clero non è capace di pensare una Chiesa senza il proprio primato. Nonostante papa Francesco, nella Lettera al popolo di Dio dell’agosto 2018, abbia sollecitato il superamento del clericalismo, nulla è cambiato.

Parroco a Senigallia (Ancona), Vittorio Mencucci è stato per anni docente di Filosofia e Storia nei licei, ha diretto la sezione di filosofia dell’Università per gli anziani del Comune di Senigallia. Fa parte dell’Accademia marchigiana di Scienze, Lettere e Arti.

Dipinto di Maximino Cerezo Barredo, per gentile concessione dell'autore.

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.