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Dopo la Cop26, 4 suggerimenti per salvare il pianeta: Carlin Petrini su

Dopo la Cop26, 4 suggerimenti per salvare il pianeta: Carlin Petrini su "Vita Pastorale"

Sul numero di dicembre, il mensile dei paolini Vita Pastorale ospita un articolo del fondatore di Slow Food, Carlin Petrini, per commentare l’esito della conferenza Onu sul Clima di Glasgow, in particolare in merito al suo settore di interesse, quello agroalimentare.

«La mia militanza in campo enogastronomico è iniziata a metà degli anni ‘80», ricorda Petrini nell’articolo “I ritmi naturali della terra. Scelte quotidiane e consumi più avveduti e attenti per un mondo più sostenibile”. «Erano gli anni dello scandalo del metanolo: un disastro che aveva messo in ginocchio il settore vinicolo e poneva davanti a sé la necessità di produrre meno, ma meglio», per salvaguardare la salute delle persone. 30 anni dopo, aggiunge, «il comparto agroalimentare deve farsi carico di un’altra esigenza non negoziabile: la salute dell’ambiente». E questo perché senza un ambiente sano, non ci sarà cibo sano e non ci sarà salute.

Per raggiungere questo obiettivo, il fondatore di Slow Food avanza 4 suggerimenti. Il primo, «diminuire l’emissione di gas climalteranti di cui il settore alimentare nel suo complesso è responsabile per il 36%». Petrini punta il dito sugli allevamenti intensivi e sulle «pratiche agricole predatorie» e sulla «crescente cementificazione» del suolo. In secondo luogo, suggerisce una «drastica diminuzione nell’uso» di pesticidi e fertilizzanti, che sterilizzano i terreni, contaminano le falde acquifere e ammalano le persone. Terzo ingrediente della ricetta, ridurre l’uso di plastiche inquinanti nel settore alimentare, che finiscono nei mari e lo respiriamo in particelle dissolte nell’aria.

Il quarto suggerimento Petrini lo definisce «di vitale importanza»: si tratta della «tutela della biodiversità» che rappresenta «l’unica ricchezza a nostra disposizione, capace di rispondere a ciò che la crisi climatica ci porrà di fronte». In nome di una «logica produttivistica» rischiano di scomparire numerose specie considerate meno produttive, ma che un giorno potrebbero rivelarsi «capaci di resistere alle avversità». A fine 800, ricorda ad esempio, il parassita della fillossera colpì le viti in tutta Europa. «Se oggi in Europa continuiamo a coltivare la vite è grazie alle conservazione della biodiversità, e a quelle specie dimostratesi resistenti che hanno poi garantito la produzione del futuro.

Il nodo problematico è certamente quello della produzione, ma prima ancora dell’educazione: per esempio, comprando meno carne e scegliere quella proveniente da piccoli allevamenti estensivi; adottando metodi di consumo consapevole, incoraggiando le buone pratiche in agricoltura e scoraggiando l’uso di plastiche; meglio ancora puntare «sull’autoproduzione del cibo. Quest’ultima è una buona pratica che permette anche di riconnettersi ai ritmi naturali della terra». «Le nostre scelte quotidiane possono avere un impatto enorme», conclude Petrini; con i nostri consumi «saremo in grado di agire per un mondo più sostenibile».

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