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Crisi in Ucraina e rischio nucleare: un incontro dell’Archivio Disarmo

Crisi in Ucraina e rischio nucleare: un incontro dell’Archivio Disarmo

La paura del nucleare fa da “sottofondo” al conflitto in Ucraina; minaccia la vita delle persone e del pianeta, provocando grande preoccupazione in tutti i Paesi europei. Di questo si è discusso nel corso di un incontro online promosso dall’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo (Iriad) – dal titolo “Armi nucleari nella guerra Russia-Ucraina: l’altra faccia dell’invasione” – che si è tenuto mercoledì 2 marzo scorso online, sulla piattaforma Zoom. All’incontro hanno preso la parola Fabrizio Battistelli (presidente Iriad) Paolo Cotta Ramusino (docente dell’Università Statale di Milano e Segretario generale di Pugwash) e Giampaolo Cadalanu (già corrispondente Esteri per la Repubblica).

La minaccia nucleare costituisce una preoccupazione che, stando a un sondaggio pubblicato su La Stampa, turba il sonno di quasi l’80% dei giovani italiani, ai quali l’evento era rivolto. Tra gli altri, hanno partecipato infatti diverse classi di licei del Lazio e studenti dei corsi del Dipartimento di Scienze sociali ed economiche dell’Università Sapienza di Roma.

Nel pieno della guerra in Ucraina, il 27 febbraio, il presidente Vladimir Putin ha dato l’ordine ai vertici militari «di porre le forze di deterrenza dell'esercito russo», che comprendono anche armi nucleari, in «regime speciale di servizio da combattimento». Con questa mossa, ha rilevato Battistelli, Mosca «ha rovesciato il tavolo d’intesa sul nucleare costruito con fatica durante la Guerra Fredda per prevenire la guerra atomica».

La questione ci riguarda estremamente da vicino: secondo il Report 2022 Armi nucleari, pubblicato da Iriad, l’Italia ospita 35 bombe B-61 americane dislocate tra le basi di Aviano e Ghedi. Questa presenza sul territorio nazionale rappresenta un motivo d’insicurezza anche perché, ha rivelato Ramusino, «l’Italia non è dotata di alcun sistema di difesa in grado di contrastare un attacco nucleare». In caso di guerra atomica, ha quindi concluso, «non ci sarebbe molto da fare».

Secondo Cadalanu, il ritorno nel dibattito pubblico della minaccia nucleare è la spia di un cambiamento anche sul piano culturale. Con il suo annuncio, Putin avrebbe rotto una sorta di tabù che, dopo Hiroshima e Nagasaki, si era istituito attorno all’uso delle armi nucleari e che sembrava poter scongiurare una eventuale guerra atomica. La cosa più pericolosa degli ultimi eventi è, ha detto Cadalanu, «la disinvoltura con cui viene sventolata la minaccia nucleare». Se davvero siamo sulla strada di una normalizzazione dell’atomica, potremmo andare rapidamente verso «la mezzanotte dell’umanità».

La decisione del leader russo di agitare lo spettro del nucleare rende quella ucraina la crisi più minacciosa degli ultimi anni, comparabile solo a quella di Cuba del 1962. «La strada del nucleare è estremamente scivolosa», ha rilevato ancora Cadalanu, e se nel 1962 «ci si rese conto che l’uso di armi nucleari è possibile come risultato di una serie di “errori di calcolo”», ha aggiunto Ramusino, «oggi si potrebbe innescare un “fraintendimento” tra Russia e NATO in grado di spingere il conflitto verso conseguenze irreparabili».

La storia ha già indicato i rischi che il pianeta corre. Ed è proprio in riferimento ad essa che Battistelli ha affermato: «Dal passato dobbiamo prendere il lato migliore, quello della possibilità di parlarsi, di dialogare. È necessario tentare di capire i motivi dell’avversità della Russia, rifiutando però la guerra, che provoca danni irreparabili ai civili».

Oggi, solamente gli Stati membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Inghilterra) sono detentori legali di armi nucleari. Gli altri Stati appartengono a due categorie: i firmatari del Trattato di non proliferazione del 1968 – che prevede la rinuncia alle armi nucleari e al loro sviluppo – e quelli che se ne sono dotati autonomamente, come Pakistan, India, Israele, Corea del Nord.

Se dunque oggi si teme l’escalation nucleare sul suolo europeo, è necessario sapere che la stessa minaccia preoccupa anche altri Paesi nel mondo. Per esempio, India e Pakistan, pur possedendo una quantità ridotta di testate nucleari (rispettivamente 160 e 165, nessuna delle quali schierate sul campo), possono dare vita a un rischio di scontro nucleare, con effetti su tutto il pianeta.

La recente cronaca politica internazionale fa suonare ulteriori allarmi. La Bielorussia, per Cadalanu «alleato più stretto di Mosca», presto potrà ospitare ordigni nucleari di altri Paesi, probabilmente russe, data la vicinanza politica e personale tra Putin e Lukhashenko. Sempre lo scorso 27 febbraio, infatti, è stato votato un referendum di modifica costituzionale che prevede, tra le cose, «la rinuncia allo status di Paese denuclearizzato» (v. Limes). Questo referendum rappresenta una rottura rispetto alla storia recente. In particolare, l’aggressione russa costituisce la seconda violazione (dopo l’annessione della Crimea nel 2014) del Memorandum di Budapest, firmato nel 1994 da Usa, Russia e Regno Unito. Con il Memorandum, «l’Ucraina acconsentì a disfarsi delle armi nucleari rimaste sul suo territorio dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, in cambio della garanzia che i suoi confini sarebbero stati sempre rispettati, tanto dalla Russia quanto dall’Occidente», scrive il Post. L’accordo riguarda anche la Bielorussia e il Kazakistan, e il voto promosso da Lukashenko nei giorni scorsi palesa la nuova inversione di rotta in ambito di disarmo nucleare.

Secondo Fabrizio Battistelli, l’unico modo di uscire da questo conflitto «è costruire un dialogo» dal quale non esca alcun vincitore né vinto. «Ognuno deve fare la sua parte».

* Giovanni Esperti è volontario del Servizio civile presso Archivio Disarmo


La locandina dell'evento online promosso da Iriad

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