
«Costoso, inumano e inutile»: un Report sul progetto albanese per migranti del governo Meloni
«L’operazione Albania è il più costoso, inumano e inutile strumento nella storia delle politiche migratorie italiane»: una bocciatura secca e impietosa al progetto albanese per migranti – nel quale Giorgia Meloni ha messo, come si suol dire, la faccia – è arrivata oggi con la pubblicazione del Report Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri, realizzato da ActionAid e Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” (UniBa) nell’ambito del progetto “Trattenuti”, che prende il nome dalla parola che identifica le persone finite in uno dei centri italiani di “detenzione” amministrativa per stranieri. Il progetto, si legge sul sito di ActionAid, nato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche dell’UniBa, «raccoglie dati e informazioni sul funzionamento e l’evoluzione del sistema detentivo per stranieri con l’obiettivo di gettare luce sull’efficacia e i costi di uno degli strumenti più controversi e meno trasparenti delle politiche migratorie italiane. Data la carenza di dati ufficiali, esso rappresenta la più ricca e accurata fonte di dati sui centri di detenzione per stranieri in Italia».
La denuncia parte da un dato economico inquietante: «570mila euro – spiega ActionAid nella nota odierna – sono i pagamenti fatti dalla Prefettura di Roma all’ente gestore Medihospes per 5 giorni di reale operatività: 114mila euro al giorno per detenere 20 persone, tra metà ottobre e fine dicembre 2024, liberate poi tutte in poche ore».
Non solo: il progetto “Trattenuti” pubblica, per la prima volta, gli allarmanti dati sulla spesa effettiva per l’allestimento dei centri albanesi. A fine marzo 2025, spiega l’organizzazione, «l’allestimento di un posto effettivamente disponibile in Albania è costato oltre 153mila euro», mentre il costo di un analogo posto nelle strutture sul territorio italiano è drasticamente inferiore (circa 21mila euro, per esempio, nel centro di trattenimento per richiedenti asilo di Porto Empedocle).
Dal punto di vista economico, il progetto albanese sembra, dunque, quantomeno folle. Anche perché la capacità del sistema di detenzione nel nostro Paese è ridotta: i Cpr italiani potrebbero ospitare 2.555 migranti «ma, a causa dei ritardi negli allestimenti, delle ripetute proteste e dei continui danneggiamenti subiti dalle strutture, il sistema funziona al 46% della capienza ufficiale». Intanto, spiega Fabrizio Coresi (esperto di migrazioni per ActionAid), «alla luce di ben 263 posti vuoti sul totale di 1164 disponibili, il tentativo di utilizzare il Cpr di Gjader per detenere la popolazione straniera irregolare presente in Italia appare del tutto irrazionale e illogico».
A partire dai calcoli puramente economici, il Report arriva a mettere in discussione la ragione stessa dell’esistenza dei Cpr, pensati per semplificare le procedure di rimpatrio. Le quali, però, sempre al 2024, restano «al minimo storico dal 2014», nonostante il prolungamento a 18 mesi di detenzione, stabilito con il decreto legge a settembre 2023. In definitiva, spiega ActionAid, «il ricorso alla detenzione aumenta solo i costi economici ed umani dei rimpatri e», inoltre, «non incide sul numero di rimpatri effettuati.
Perché allora, dal 2017 e in particolare in questi ultimi anni, i governi hanno continuato ad alimentare sempre più un sistema detentivo dei richiedenti asilo economicamente fuori controllo, «nei fatti ingovernabile e strutturalmente violento, lesivo dei diritti fondamentali e patogeno»? La detenzione, utilizzata strutturalmente come strumento di politica d’asilo in violazione dei basilari diritti delle persone migranti, assume dunque una funzione politica, sulle spalle dei migranti “detenuti”, che continuano a subire abusi, vessazioni, privazione della libertà. Di questo aspetto, il progetto dei centri in Albania, inutile e dai costi pazzi, è particolarmente emblematico.
Scopri di più sul progetto "Trattenuti"
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