
«A Gaza siamo oltre la follia»: presidente dei vescovi toscani e Acli Toscana contro lo sterminio dei palestinesi
Di fronte al genocidio dei Palestinesi di Gaza, il card. Augusto Paolo Lojudice (arcivescovo di Siena e Montepulciano, presidente della Conferenza episcopale toscana), in occasione della sigla del protocollo tra vescovi e Regione Toscana sulla legge regionale per gli oratori, ha invitato a «manifestare dissenso»: «Non possiamo più girarci intorno», «quello che sta accadendo è un massacro», «dobbiamo continuare a insistere, non abbiamo mezzi o strumenti per fermare queste carneficine: però dobbiamo continuare a farlo come fa il Papa, come fa chi può farlo, chi può farsi ascoltare, continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica per non stancarci» (Corriere Fiorentino, 22/7). Dopo la firma, in un’intervista alla Stampa, Lojudice ha aggiunto: «A Gaza siamo oltre la follia, è all’opera il male più sfrenato e senza logica. L’uccisione di bambini in fila per un pugno di riso grida giustizia a Dio».
All’accorata presa di posizione dell’arcivescovo di Siena ha seguito il commento delle Acli della Toscana: «Ha ragione il cardinale Lojudice, fermare la guerra è un dovere morale» si legge in una nota giunta il 21 luglio in redazione. Secondo la presidente Elena Pampana «nessuna fede può giustificare il massacro di civili, né quello del 7 ottobre 2023 né quello in Palestina», «la guerra a Gaza ci richiama alla nostra umanità e ci invita a scegliere la via della vita, dell'esistenza e della pace, piuttosto che quella militare».
Allineandosi alle parole del cardinale, Pampana ribadisce che «quello che sta succedendo a Gaza non ha alcuna giustificazione possibile. L’uccisione di civili, di bambini, di persone inermi non può essere spiegata né legittimata da ragioni di Stato o religiose. Nessuna fede autentica può diventare scudo per la violenza». «A Gaza, come altrove, le vittime sono persone con un volto, una storia, una dignità. Non sono numeri, né danni collaterali. La vera sfida oggi è ridare centralità all’umano, rispondere alla violenza con la forza disarmata ma ferma della giustizia. È l’unica via per costruire la pace».
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