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Per una cultura di pace. Educare alla nonviolenza

Per una cultura di pace. Educare alla nonviolenza

Tratto da: Adista Documenti n° 16 del 07/05/2022

DOC-3184. ROMA-ADISTA. «La crisi, sempre più grave, è il segnale che è giunto il tempo del cambiamento, è il momento opportuno per mettere in atto tutte le possibili prese di posizioni per squilibrare la correlazione di forze che si è imposta un po’ ovunque» e per questo è necessario mantenere «una coscienza sempre attiva». Paola Ginesi, della Fondazione Guido Piccini per i diritti dell’uomo Onlus di Brescia, osserva, nell’articolo che pubblichiamo, che rifiutare la guerra significa “uscire” dal momento presente e dalla congiunturalità per giungere alla costruzione di una cultura di pace intesa come «ricerca di un comune denominatore mondiale, planetario per il bene comune di tutta la comunità umana alla luce di condivisione, unione, uguaglianza, rispetto delle differenze, dialogo per trovare soluzioni alle esigenze della gente, dei popoli, della natura».

La cultura della pace, argomenta Ginesi, va ben oltre «un’emozione contingente, un sentimento occasionale», è piuttosto «uno stile di vita e di pensiero che guida le opzioni di ogni giorno, dalle più piccole (quelle che, erroneamente, appaiono insignificanti) al coinvolgimento più ampio che viene richiesto di fronte a scelte etiche, sociali, culturali, politiche, economiche di valore globale». In vista di questo obiettivo, è necessario un rafforzamento della dimensione universale della partecipazione, con la costruzione di reti solide locali e globali, «per unire lotte comuni contro problemi comuni»; in questo la tecnologia è senz’altro di aiuto. Soprattutto, afferma Ginesi, è necessario acquisire consapevolezza, saper distinguere informazione e disinformazione, e «prender posizione contro le cause, non limitarsi alle conseguenze».

«Nessun Paese è innocente perché nessun Paese è neutrale né ha le mani pulite e non basta chiuderle per non farle vedere perché le conseguenze sono davanti agli occhi di tutti»; si parla infatti di oltre 35 Paesi che promettono nuove armi a Kiev… quanti si sono messi in gioco per una soluzione diplomatica, quali forze sono state messe in campo per far tacere le armi?».

In definitiva, vi è l’assoluta a necessità di movimenti, associazioni, enti, persone «che lottano contro il conformismo per introdurre differenti obiettivi, metodi, azioni, visioni del mondo per ribaltare un sistema che penalizza la parte migliore (e maggiore) dell’umanità… ed è sempre più indispensabile la presenza di chi opera per la pace».

Qui, il contributo di Paola Ginesi.

*Foto di Susan Antonini presa da Unsplash, immagine originale e licenza

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