
Ministro degli Esteri vaticano: «resistere alla tentazione di accettare compromessi sull’integrità territoriale ucraina»
Che la Santa Sede possa essere chiamata a fare da mediatrice fra Russia e Ucraina è un’ipotesi probabilmente vanificata dalle parole pronunciate da mons. Paul Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ad un colloquio sulle migrazioni alla Pontificia Università Gregoriana, di ritorno dalla sua missione diplomatica in Ucraina dei giorni scorsi. Come Chiesa, ha detto, «dobbiamo lavorare per la pace e sottolineare anche la dimensione ecumenica. Inoltre dobbiamo resistere alla tentazione di accettare compromessi sull’integrità territoriale Ucraina. Dobbiamo usare al contrario questo», quello della territorialità, «come principio di pace. Speriamo di poter iniziare presto un negoziato una trattativa per un futuro di pace». «Quando sono stato lì – ha raccontato – ho raccolto che c’è un appello verso la Santa Sede a rimanere in contatto a mantenere la solidarietà. Alcuni Paesi sono molto generosi, ma c’è il pericolo che ci si stanchi, ma non dobbiamo pensare che il problema si risolve da sé».
Le parole di Gallagher giungono un paio di giorni dopo due significative dichiarazioni: quella del capo-dipartimento del Ministero degli Esteri russo, Alexei Paramonov, [link al nostro sito] che “caldeggiava” la mediazione del Vaticano nella risoluzione del conflitto. «La dirigenza vaticana ha più volte dichiarato la propria disponibilità a fornire ogni possibile assistenza per raggiungere la pace e fermare le ostilità in Ucraina. Queste affermazioni sono confermate nella pratica. Manteniamo un dialogo aperto e fiducioso su una serie di questioni, principalmente legate alla situazione umanitaria in Ucraina»; e quella dell’arcivescovo di Mosca, mons. Paolo Pezzi,[link al nostro sito], che aveva commentato le parole di Paramonov parlando con il Sir: «Mi sembra innanzitutto molto importante. Direi che è un segnale molto positivo, un segnale di apertura, un segnale di una certa disponibilità. Indubbiamente penso che la posizione così umile, chiara e di affidamento nelle mani di Dio, di Papa Francesco abbia influito su questa – chiamala con il suo nome – apertura dei cuori».
A questo punto, è lecito chiedersi: ma se la guerra è stata originata dalla contesa territoriale, come può un negoziato di pace partire con la riserva del rispetto della «integrità territoriale» dell’Ucraina? Chi dei due contendenti potrà accettarlo? E che differenza ci sarebbe fra l’approccio vaticano a eventuali colloqui e l’approccio, identico sulla questione territoriale e fallito, di altre personalità e nazioni? Inoltre, per tentare di leggere l’“ecclesiale” di mons. Gallagher, la “generosità” di cui si rischia di stancarsi è relativa all’invio delle armi fondamentale perché l’Ucraina possa risolvere sul terreno “il problema”, visto che “non si risolve da sé”? Quanta sintonia c’è fra il “ministro degli Esteri” e il capo del suo Gabinetto, papa Francesco?
*Mons. Paul Gallagher, Foto Flickr
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