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Entrare nello Shabbat. La conclusione della 58ma sessione del Sae

Entrare nello Shabbat. La conclusione della 58ma sessione del Sae

ASSISI (PG)-ADISTA. La conclusione della Sessione di formazione ecumenica del Sae, sabato 30 luglio, si è svolta attraverso diverse tappe, a partire da venerdì sera. «Ci riuniamo come assemblea e popolo convocati dal nostro Dio per celebrare la speranza e affermare la vita. Noi non siamo soli, non siamo sole». Così è iniziata l’ultima liturgia ecumenica preparata dal Gruppo di animazione preghiera e liturgia coordinato formato dal pastore valdese Michel Charbonnier, coordinatore, dall’animatore liturgico cattolico Alessandro Martinelli, da Margherita Bertinat del Sae di Verona e da Elda Possamai del Sae di Torino.  

«Siamo arrivati qui da mille strade diverse, dai nostri deserti profondamente interiori e dolorosamente concreti e come i discepoli di Emmaus abbiamo potuto riconoscere la tua presenza che ristora. Grazie per i tuoi passi che risuonano accanto ai nostri, cammina Signore ancora accanto a noi» diceva uno dei testi. Charbonnier, dopo aver letto lo stesso brano con cui è iniziata la sessione lunedì 25 luglio – Isaia 35,1-10 nella versione della Nuova Riveduta – ha commentato: «Siamo partiti da questa lettura dicendoci che è una promessa, che è anche un ritorno e un cammino che richiede pazienza, un cammino che in questo tempo poteva essere simboleggiato da una mascherina che vi abbiamo donato il primo giorno come augurio di saper camminare nei nostri deserti alla luce di questa promessa. Alla fine della settimana non ci troviamo i nostri deserti trasformati da una bacchetta magica in giardini. Anche se continuiamo a camminare nell’arsura metaforica e concreta nella quale ci troviamo ci siamo abbeverati a una fonte, abbiamo seminato semi che un giorno nasceranno dentro di noi e nel mondo attorno a noi. Questo bocciolo che vi abbiamo donato è un bocciolo che abbiamo annaffiato e siamo chiamati a far crescere. È un bocciolo di tulipano, il vero simbolo dell’amore perfetto, onesto, disinteressato. Mettiamo anche questo nel bagaglio che ci portiamo a casa. Noi abbiamo ascoltato e visto come Dio scrive e anche noi siamo chiamate e chiamati a sognare, a scrivere la speranza, quel futuro che deve essere creato in senso politico, etico ed estetico. Quella denuncia del presente cattivo e quell’annuncio del Regno di Dio che viene hanno bisogno di mani che scrivono annaffiate da buone idee che ci portiamo a casa».

Al termine della celebrazione, senza soluzione di continuità, l’assemblea si è predisposta ad accogliere lo Shabbat con la conduzione di Sandro Ventura della Comunità Shir Hadash di Firenze, affiancato nel canto da Daniela Rahel Schneider Ventura, che ha anche acceso le candele dello Shabbat, e dalla pastora valdese Ilenya Goss. Il Segretariato attività ecumeniche si occupa di ecumenismo e dialogo a partire dal dialogo ebraico-cristiano e riconosce che il raggiungimento dell’unità tra i cristiani non può avvenire senza il riconoscimento comune delle radici ebraiche del cristianesimo, della riscoperta dell’ebraicità di Gesù di Nazareth. Ventura ha spiegato la ricchezza della liturgia di accoglienza dello Shabbat agendola: nella proclamazione delle preghiere, nel canto degli inni e dei salmi propri. La cerimonia è proseguita nel salone da pranzo dove è stato recitato il Kiddush: la preghiera di santificazione sul vino.

Nella sessione del Sae la presenza ebraica, nella persona di Marco Cassuto Morselli, presidente della Federazione delle Amicizie ebraico-cristiane in Italia, ha offerto altri significativi apporti in una meditazione mattutina su un brano dal libro di Giobbe e nel laboratorio “Paolo, l’ebreo”. Anche la tavola rotonda dei giovani si è avvalsa di una figura ebraica, David Morselli, vicepresidente dell’Amicizia ebraico-cristiana Giovani, che ha dialogato con una coetanea cattolica, Emanuela Gitto, vicepresidente dei giovani di Azione Cattolica, e un coetaneo valdese, Emanuele De Bettini, membro del Consiglio della Federazione giovanile evangelica italiana.

 

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