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"Ci hanno schiavizzate e sfruttate, e con l'inganno". 43 donne latinoamericane denunciano l'Opus Dei

43 donne provenienti da Argentina, Paraguay e Bolivia nel settembre 2021 hanno denunciato davanti al Vaticano l'organizzazione cattolica ultraconservatrice Opus Dei per tratta di esseri umani, sfruttamento e riduzione in servitù: avevano detto loro che avevano una "vocazione alla santità", che erano chiamate a "servire Dio" e le hanno sottoposte a giornate di lavoro fino a 15 ore, isolati nelle residenze, con una routine di preghiera e mortificazione che includeva bagni al freddo acqua e autoflagellazione.

Ora, informa oggi BBC Mundo, l'ordine religioso nella regione di Plata - che comprende Argentina, Paraguay, Bolivia e Uruguay - ha annunciato la creazione di una «commissione di ascolto e studio», anche se affermano di farlo per «una motivazione morale e non giuridica». «Crediamo che sia necessario uno spazio che ci permetta di iniziare a guarire ciò che deve essere curato», spiega l'ufficio comunicazione dell'Opus Dei a BBC Mundo a proposito della creazione della commissione. Interrogato sulle accuse, la nota afferma di «non avere alcuna notifica di denuncia da parte delle autorità ecclesiastiche».

Le donne non si sono ancora rivolte ai tribunali ordinari in attesa di raccogliere altre testimonianze. Chiedono, ha detto il loro avvocato, un risarcimento economico e un riconoscimento pubblico della Chiesa.

Sono state tutte reclutate da famiglie a basso reddito quando avevano tra i 12 ei 16 anni e sono state portate a Buenos Aires negli anni '70, '80 e '90 con la promessa di dare loro un'istruzione. Invece, denunciano, hanno ricevuto una formazione nei lavori domestici e li hanno fatti lavorare gratuitamente per membri di alto rango e sacerdoti dell'opera fondata dal sacerdote spagnolo Jose María Escrivá de Balaguer.

Escrivà è stato canonizzato da Giovanni Paolo II nel 2002. Wojtyla aveva in grande stima l’Opus Dei. Il 28 novembre 1982, con la costituzione apostolica Ut sit aveva eretto la Prelatura personale della Santa Croce e dell'Opus Dei, svincolando il movimento da qualsiasi legame con i vescovi delle diocesi dove operava, rendendolo direttamente dipendente dal papa e concedendo al prelato a capo dell’Opera il titolo di vescovo e prerogative proprie di chi guida una circoscrizione ecclesiastica, come incardinare preti, erigere seminari e ed esercitare il governo pastorale della sua prelatura come se si trattasse di una diocesi.

Ora, con il motu proprio Ad charisma tuendum del 14 luglio scorso, papa Francesco ha modificato alcuni aspetti della struttura canonica dell’Opera: non abroga la Costituzione Apostolica Ut sit e non revoca la Prelatura Personale all’Opus, ma ne circoscrive il potere. In particolare, il papa afferma di voler adeguare quanto deciso da Giovanni Paolo II al nuovo ordinamento della Curia Romana (Costituzione apostolica Praedicate Evangelium, 19/3/2022), che prevede ora che la competenza delle Prelature personali (l’unica finora esistente è proprio quella dell’Opus Dei) passi al Dicastero per il Clero. A questo dicastero, e non più direttamente al papa, il prelato dovrà riferire «sullo stato della Prelatura e sullo svolgimento del suo lavoro apostolico» e non più ogni 5 anni ma ogni anno.

All’art. 3 del motu proprio di Francesco, inoltre, si dice che «in ragione degli emendamenti della Costituzione Apostolica Ut sit disposti con la presente Lettera Apostolica, gli Statuti propri della Prelatura dell’Opus Dei saranno convenientemente adeguati su proposta della Prelatura medesima, da approvarsi dai competenti organi della Sede Apostolica». E non è detto che le modifche agli statuti – sulla base della necessità di riscoprire il «carisma» dell’Opus Dei evidenziata dal motu proprio – riguarderanno solo aspetti formali ( v. Adista Notizie, n. 29/22).

*José María Escrivá de Balaguer

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