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La nuova curia vaticana: trasparenza e accorpamenti

La nuova curia vaticana: trasparenza e accorpamenti

Tratto da: Adista Documenti n° 8 del 04/03/2023

Qui l'introduzione a questo testo. 

«In più occasioni papa Francesco ha avuto occasione di segnalare che con la riforma della Curia romana egli intendeva portare a compimento una delle ricorrenti richieste manifestate dai cardinali durante le Congregazioni precedenti al Conclave del 2013, che lo aveva eletto alla Sede di Roma». È quanto spiegava il segretario di Stato vaticano card. Pietro Parolin lo scorso maggio, poche settimane prima che entrasse in vigore la nuova Costituzione apostolica, Praedicate evangelium, che ridisegnava la Curia romana.

Infatti, dopo nove anni di lavoro e infinite consultazioni, redazioni di bozze, correzioni, riscritture, dopo aver incontrato le resistenze di apparati recalcitranti di fronte a qualsiasi tentativo di cambiamento, alla fine la riforma è giunta in porto.

L’organismo che ha guidato l’operazione era stato creato appositamente da Francesco pochi mesi dopo la sua elezione: si tratta di quel Consiglio dei cardinali – inizialmente C9, poi ridottosi di numero – che aveva il compito di coadiuvare il papa nella riforma della Curia e nel governo della Chiesa universale. In diverse occasioni, ricordava ancora Parolin, «come udienze e incontri vari, ma in maniera ufficiale dal 13 aprile 2013, il Santo Padre aveva manifestato il desiderio di costituire uno specifico “Consiglio di cardinali” con il compito di «aiutarlo nel governo della Chiesa e di studiare un progetto di revisione della Costituzione Apostolica Pastor bonus sulla Curia Romana».

«Il lavoro – osservava il segretario di Stato – è andato realizzandosi gradualmente negli anni».

Le finanze prima di tutto

E in effetti la riforma è andata avanti per “pezzi”, a cominciare dai cambiamenti avviati nell’ambito della gestione economica del Vaticano scossi da lunghi decenni di scandali che avevano minato la credibilità e la stessa tenuta finanziaria della Santa Sede. Qui sono state redistribuite competenze e ruoli e sono nati diversi organismi che prima non esistevano a cominciare dalla Segreteria per l’Economia; trasparenza ed efficienza sono diventate le parole chiave della ristrutturazione finanziaria del Vaticano, passando per processi giudiziari (si ricordi che l’ex presidente dello Ior-Istituto Opere di Religione Angelo Caloia è stato condannato dal tribunale vaticano a 8 anni e 6 mesi per riciclaggio e appropriazione indebita), nuovi scandali (è in corso il processo per la compravendita dell’immobile di lusso situato in Sloane Avenue a Londra con fondi della Segreteria di Stato), passi indietro e novità importanti (fra le altre cose la pubblicazione dei bilanci della Curia e dello Ior, finalmente credibili).

Importante pure la crescita di peso e di ruolo dell’Asif, Autorità di supervisione e informazione finanziaria, l’organo che ha il compito di vigilanza in materia «di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo» e in relazione all’informazione finanziaria, l’Asif inoltre, svolge attività di vigilanza e regolamentazione «in materia prudenziale (cioè di controllo preventivo, ndr) sugli enti che svolgono professionalmente attività di natura finanziaria».

Altro capitolo sul quale Bergoglio è intervenuto non da subito è quello della riorganizzazione dei “ministeri sociali” della Chiesa universale. È nato così il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale che riassume in sé le competenze prima affidate a tre diversi organismi: il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, il Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (quest’ultimo di fatto è stato semplicemente sciolto).

In realtà, osservava ancora il segretario di Stato, «la riforma prospettata è stata attuata progressivamente in diversi anni, con la creazione di nuovi organismi e con inevitabili aggiustamenti successivi, in istituzioni “in rodaggio”, del tutto nuove e chiamate a lavorare insieme».

Adesso, tuttavia, secondo il card. Parolin, «la Praedicate evangelium cerca di tirare le somme dalle esperienze e adeguamenti degli anni passati, realizzando nuovi passaggi».

Evangelizzare è meglio che giudicare

Praedicate evangelium, promulgata il 19 marzo è dunque entrata in vigore il 5 giugno, ha sostituito la Pastor bonus di Giovanni Paolo II (1988), che a sua volta modificava la Universi regimini Ecclesiae di Paolo VI (1967). Secondo quanto riferiva l‘Osservatore romano, l’evangelizzazione e il ruolo dei laici sono le priorità che collegano la nuova costituzione al Concilio Vaticano II. Per questo motivo «nell’attuale riassetto della Curia il primo Dicastero non è più quello per la Dottrina della fede ma quello per l’Evangelizzazione (che unifica la Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli e il Pontificio consiglio per la Promozione della nuova evangelizzazione). Prefetto ne è il Papa stesso, aiutato da due pro-prefetti (uno per la Sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo; e uno per la Sezione per la prima evangelizzazione e le nuove Chiese particolari)». Quindi è nato il Dicastero della Cultura, che ha riunito la Congregazione per l’Educazione cattolica e il Pontificio Consiglio della Cultura.

Altra novità è stata la trasformazione dell’Elemosineria apostolica in Dicastero per il Servizio della carità, terzo in ordine gerarchico. Infine i capi dicastero non dovranno più obbligatoriamente essere cardinali. Oltre al camerlengo, gli unici porporati citati nella Praedicate Evangelium sono infatti il prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e il coordinatore del Consiglio per l'Economia. Da qui il maggior coinvolgimento di laici e laiche nei ruoli di governo e responsabilità. Anzi, proprio quest’ultima risulta essere una delle novità più significative.

Laici capi dicastero e incarichi a tempo

«Qualunque fedele può presiedere un Dicastero o un Organismo, attesa la peculiare competenza, potestà di governo e funzione di quest'ultimi», recita la Praedicate evangelium nei “Principi e criteri per il servizio della Curia romana”.  Veniva così a cadere la specificazione contenuta al numero 7 della costituzione apostolica Pastor bonus, l'ultima riforma strutturale della Curia romana, realizzata nel 1988 durante il pontificato di Giovanni Paolo II, dove si leggeva che «gli affari, i quali richiedono l'esercizio della potestà di governo, devono essere riservati a coloro che sono insigniti dell'ordine sacro».

Nella nuova costituzione, all'art. 15, si spiega invece che «i membri delle istituzioni curiali sono nominati tra i cardinali dimoranti sia nell'urbe che fuori di essa, ai quali si aggiungono, in quanto particolarmente esperti nelle cose di cui si tratta, alcuni vescovi, soprattutto diocesani/eparchiali, nonché, secondo la natura del dicastero, alcuni presbiteri e diaconi, alcuni membri degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica e alcuni fedeli laici». Insomma, tutti – e dunque anche fedeli laici e laiche – possono essere nominati in ruoli di governo della Curia. 

Ma le novità non si fermano qui. Non saranno infatti più possibili incarichi senza fine e posizioni intoccabili di potere. Per i chierici in servizio nella Curia romana il mandato è quinquennale e può essere rinnovato solo per un secondo quinquennio, concluso il quale tornano alle rispettive diocesi e comunità.

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