
Fiducia supplicans: luci e ombre
ROMA-ADISTA. La prima impressione alla notizia dell’apertura alle benedizioni per «le coppie in situazioni irregolari e le coppie dello stesso sesso», contenuta nella dichiarazione Fiducia supplicans, è stata di meraviglia: a meno di tre anni di distanza la Chiesa smentisce ciò che aveva dichiarato nel responsum che negava senza se e senza ma le benedizioni per le coppie dello stesso sesso. Considerando che la Chiesa non dichiara mai di aver sbagliato e di doversi correggere (tutt’al più gli errori sono dei singoli), questa è di per sé una notizia.
La meraviglia viene meno però sul piano dottrinale. Lo stesso titolo limita il discorso al
«senso pastorale» delle benedizioni. La dottrina della Chiesa resta ferma: il matrimonio è
«unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a
generare figli […] Soltanto in questo contesto i rapporti sessuali trovano il loro senso
naturale, adeguato e pienamente umano».
Da intendersi per contro che la stabilità non può contraddistinguere le unioni tra persone
dello stesso sesso, d’altra parte, essendo peccaminose, è meglio che stabili non siano. Oltre che contrarie alla dottrina, tali relazioni non sarebbero pienamente umane. Che la Chiesa cattolica decida sulla dottrina in casa sua ci sta, ma che sulla base della sua dottrina, che peraltro tanti danni ha fatto, sentenzi su ciò che è da considerarsi o no pienamente umano, dimostra arroganza.
Da evitare ogni possibile confusione e scandalo, sono perciò vietati riti che possano creare
confusione tra il matrimonio e la benedizione di coppie irregolari o dello stesso sesso.
Benedizioni sì, ma brevi, in sordina, un po’ di nascosto, non contestuali ai riti di unioni civili,
e le raccomandazioni si spingono, rasentando il ridicolo, persino agli abiti da indossare.
Insomma si tratta di un passo avanti o di una finta per lasciare tutto come prima?
Dipende dalla domanda che ci poniamo. Se la domanda è: la dottrina della Chiesa è
cambiata? Allora non c’è nessun passo avanti, la risposta è decisamente no. Questo anche
per tranquillizzare i più restii, prima di sganciare la bomba del sì alle benedizioni, perché
tale è stata considerata dai rigoristi. Che poi tutti i torti non ce l’hanno. In fondo tutto il
discorso che il documento fa sulle benedizioni poteva essere riferito alle benedizioni di
singoli. Perché le coppie?
Ma se la domanda è: aiuta questa dichiarazione a sdoganare l’omosessualità nella società
e nella Chiesa? Allora la risposta è sì. Decisamente sì, anche perché la stragrande
maggioranza delle persone non leggerà la Fiducia supplicans e si fermerà ai titoli dei giornali
e dei telegiornali: “Il Papa apre alle benedizioni delle coppie dello stesso sesso”. Questo è
ciò che rimarrà nella testa dei più e questo aiuta tantissimo a creare un terreno migliore
intorno alle persone LGBT, persino al di là delle intenzioni di chi ha scritto il documento.
È questo che i fedeli alle regole a tutti i costi temono, e hanno ragione a temerlo. Così si
stanno organizzando per non benedire coppie fuori regola. D’altra parte chi la vorrebbe una
benedizione data obtorto collo da un prete forzato a farlo? Meglio che chi non se la sente
non lo faccia, quello che considero sbagliato è il fatto che interi episcopati si stiano
organizzando per boicottare le benedizioni. Se un vescovo in coscienza considera sbagliata
la Fiducia supplicans fa bene a non seguirla, ma la libertà che lui si prende di operare
secondo coscienza non deve toglierla ai preti della sua diocesi. Non siamo sudditi, né di un
papa-re né di un vescovo-re.
Pur con i suoi limiti, la Fiducia supplicans introduce senza dubbio una discontinuità e
un’apertura, non sarebbe così ostacolata altrimenti. Si tratta di riconoscere e prendere ciò
che di buono c’è. Al resto si può disobbedire. A cominciare dal divieto di fare festa e di far
passare la cosa sotto silenzio.
Non aprono queste benedizioni una seppur piccola breccia nel muro che per secoli la Chiesa
ha alzato, separando le persone LGBT? E allora come non fare festa?
Se due ragazzi o due ragazze chiedono come coppia la benedizione stanno chiedendo a
Dio di benedire la loro relazione e il loro amore e stanno chiedendo vicinanza alla Chiesa.
E la Chiesa è una comunità, non un singolo prete. La comunità è dunque chiamata a
testimone del loro amore, a fare cerchio intorno a loro, per proteggerlo quell’amore da chi
se ne sente infastidito o minacciato, perché resista alle insidie del tempo, che può tagliare
le ali ai sogni più grandi.
Una grande festa come quelle che concludono le parabole di Luca dove i fratelli e le sorelle
si ritrovano insieme, dopo che qualcuno si era perso ed è stato ritrovato. Tutto sta a mettersi
d’accordo su chi è che si è perso e per colpa di chi. Ci può aiutare la parabola della moneta
perduta, che non si era certo persa per colpa sua! Semmai la colpa è di chi doveva
prendersene cura e non l’ha fatto. E poi chissà se una volta insieme non capiti che,
guardandosi negli occhi, chi pensava di dover accogliere un fratello che credeva perso non
si renda conto che era proprio lui ad aver perso la via e ad aver bisogno di essere
accompagnato per ritrovarla.
Una festa con un biglietto d’invito per tutti, anche per coloro che oggi si oppongono alle
benedizioni. Seguendo l’insegnamento di Gesù che si identificava nel Padre della parabola
del figliol prodigo, che invita l’altro figlio, quello ligio a tutte le regole, a far festa con il fratello
ritrovato. È un invito quello di Gesù rivolto ai rigoristi del suo tempo. Loro però non entrarono
mai a quella festa. Alla vicenda di Gesù che tanto scandalo aveva suscitato agli occhi dei
benpensanti bisognava porre fine!
Gesù ha perso. Sta a noi far nostro il suo sogno perché quella festa ci sia.
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