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Medio Oriente, “L’Italia deve dire basta!

Medio Oriente, “L’Italia deve dire basta!": l'appello della PerugiAssisi per la politica italiana

«Non si può uccidere un bambino o una bambina. Non si possono uccidere tanti bambini tutti i giorni. Non si possono uccidere i loro genitori, tutti i giorni. Non si possono violare tutte le leggi internazionali. Non si possono bombardare gli ospedali, i campi profughi, le chiese... Non si possono lasciare decine di migliaia di feriti e ammalati senza cure e medicinali. Non si può negare e minacciare l’esistenza di un popolo e dei suoi diritti inalienabili. Non si può fare un genocidio. Non si possono cacciare milioni di persone dalla propria terra. Non si può fare tutto questo e pretendere di avere ragione. Non si può fare tutto questo ed essere impuniti». L’orrore e l’assurdità di ogni guerra – e, in particolare, di quella che incombe da oltre tre mesi sulla Striscia di Gaza e che rischia di allargarsi a macchia d’olio in tutto il Medio Oriente – è ben rappresentato da queste prime righe dell’appello dal titolo “L’Italia deve dire basta! E deve riconoscere lo Stato di Palestina”, diffuso a metà gennaio dalla “Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace”, per chiedere ai membri del Parlamento, del governo e dei singoli partiti di ritrovare il coraggio di una politica per la pace e per il bene comune. «L’Italia deve dire basta! Cessate-il-fuoco! E lo deve dire ora. Insieme con Papa Francesco, l’Italia, il nostro Parlamento, le forze politiche, le nostre istituzioni, i nostri governanti devono trovare il coraggio di dire basta e di chiedere l’immediato cessate-il-fuoco», si legge nell’appello. Il disastro mediorientale coinvolge tutti, e interpella la responsabilità di chi occupa ruoli istituzionali ma preferisce voltarsi dall’altra parte: «Il silenzio ci rende complici. La pace è possibile ed è nelle mani di tutti i governi che, come il nostro, hanno il dovere, la possibilità e i mezzi per intervenire». In tal senso, «l’Italia può fare molto per la pace. Ma deve cambiare: non può continuare ad astenersi o essere di parte. L’Italia deve assumere un ruolo attivo, propositivo e progettuale mettendosi dalla parte della legge, del diritto internazionale e dei diritti umani».

La proposta della Fondazione PerugiAssisi è nota: «La pace è possibile se riconosciamo ai palestinesi la stessa dignità, gli stessi diritti e la stessa sicurezza che riconosciamo agli israeliani». In una parole, “riconoscimento” della dignità di un popolo e del suo diritto a organizzarsi come Stato, al pari di Israele. «L’Italia deve chiedere all’Onu l’immediato riconoscimento della Palestina come Stato membro delle Nazioni Unite e impegnarsi a fornire sostegno politico, operativo e finanziario all'attuazione del Piano “due Stati per due Popoli”».

Ai parlamentari italiani l’appello chiede, in particolare, l’approvazione di una risoluzione in sette punti, da condividere con Unione Europea e Nazioni Unite. I punti prevedono: «L'istituzione immediata della Palestina come 194° Stato membro dell'Onu, con i confini del 4 giugno 1967, con capitale a Gerusalemme Est»; il rilascio immediato degli ostaggi israeliani rapiti durante gli attentati del 7 ottobre, ma anche di tutti i «palestinesi arbitrariamente detenuti nelle prigioni israeliane»; un cessate il fuoco permanente, rispettato da tutti i contendenti; la possibilità di fornire aiuti umanitari alla popolazione sfollata dai bombardamenti e ridotta alla fame; «il ritiro dell’esercito israeliano da Gaza» e l’invio dei caschi blu in tutta la Palestina; infine, «la convocazione di una Conferenza Internazionale di Pace».

La Fondazione PerugiAssisi ribadisce il ruolo del nostro Paese, che «deve difendere i diritti umani, la legalità e il diritto internazionale, deve battersi affinché prevalga la forza della legge sulla legge della forza e deve agire nell’interesse superiore dei valori di umanità iscritti nella nostra Costituzione e nelle più importanti carte internazionali, della pace, dei diritti umani, della sicurezza internazionale nel mondo». Nell’imbarazzante e scandaloso vuoto di un’azione politica degna di nota da parte della comunità internazionale occidentale, «l’Italia deve assumere un’iniziativa politica urgente e operare coerentemente affinché venga fatta propria innanzitutto dall’Unione Europea». Accogliendo innanzitutto la domanda di pace che emerge dall’opinione pubblica italiana, e tessendo alleanze con la società civile impegnata per la pace, «un’ampia rete di gruppi, associazioni, Enti Locali e Regioni, attiva da più di trent’anni, ricca di relazioni, competenze, progetti ed esperienze con entrambi i popoli». In tale direzione, l’auspicio dell’appello è che l’Italia inizia ad agire come «sistema paese», integrando il lavoro di tutte le sue forze positive e propositive: «La diplomazia dei popoli e delle città può arrivare dove i governi non arrivano e provare a costruire, dal basso, le condizioni di una pace che non può più attendere».

Già oltre 4mila persone hanno firmato l'appello. Tra gli aderenti, anche numerose associazioni, nazionali e locali, laiche o di ispirazione religiosa. Tra le altre segnaliamo la presenza di: Coalizione AssisiPaceGiusta, Tavola della pace, ResQ, Cgil, Acli, Arci, Assopacepalestina, Pax Christi Italia, AOI, Sbilanciamoci!, Fondazione Giorgio La Pira, PeaceLink, Pro Civitate Christiana, Sinistra Italiana, Slow Food Italia Aps, Masci...

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