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Dopo la Sardegna, i grandi quesiti...

Dopo la Sardegna, i grandi quesiti...

Tratto da: Adista Notizie n° 9 del 09/03/2024

Le emozioni sono relative alle attese: se si teme una sconfitta, anche una vittoria sul filo di lana può suscitare entusiasmo. Ma i dati vanno considerati nella loro oggettività. In Sardegna la candidata del centro-sinistra Alessandra Todde ha battuto il candidato di centro-destra Paolo Truzzu per uno «sputo» di voti (secondo la metafora poco elegante del perdente, incurante del fatto che ogni voto è segno di partecipazione civica): non c’è stata nessuna Caporetto della maggioranza parlamentare né ci sono ragioni per prevedere con certezza che anche in Molise i progressisti replicheranno il successo sardo. In termini pugilistici si direbbe che si è vinto un round, non il match. Per l’immediato futuro si potrebbero individuare alcune indicazioni.

La prima: gli elettori progressisti non amano i protagonismi arroganti. Vi ricordate come i grillini trattarono nel 2013 Bersani e il Partito Democratico alla ricerca di un accordo all’inizio della XVII legislatura? Poi la morte di Casaleggio, l’eclisse politica di Grillo e le batoste elettorali hanno indotto il Movimento 5 Stelle alla ragionevolezza: in politica l’intransigenza sui princìpi deve coniugarsi con l’elasticità sui metodi per conseguirli. Nessuno ha il monopolio della verità e della virtù: neppure se si tratta di geni come Di Battista o Di Maio.

La seconda indicazione: occupare il “centro” è sempre un buon investimento elettorale nella moderatissima Italia, ma non se è già affollato dai centristi del centro-destra e dai centristi del centro-sinistra. Calenda e Renzi (se di “centro” si può parlare…) hanno appoggiato Renato Soru, rimasto lontano dallo scranno presidenziale ma vicino a sottrarre suffragi decisivi per sconfiggere il candidato della Meloni. Con un ipotetico “campo largo” (pur nella persistente identità delle singole formazioni partitiche) la vittoria di Todde sarebbe stata di ben altra misura. La lezione servirà almeno a Calenda? Dalle sue prime dichiarazioni – «Alle regionali mai più da soli» – sembrerebbe di sì. Quanto a Renzi, sarà possibile tutto e il contrario di tutto (con il rischio che il trasformismo provochi giri di testa anche al trasformista).

Una terza e ultima indicazione: per i partiti critici rispetto al sostegno incondizionato all’Ucraina – e alla persistenza della Nato anche dopo la fine dell’URSS – non c’è stata partita. Ma in Sardegna, come nel resto d’Italia, i cittadini che non accettano di essere bollati come putiniani, solo perché non vogliono l’inutile massacro di centinaia di migliaia di soldati russi e ucraini, non sono pochi e hanno diritto di far sentire la voce anche dentro le istituzioni. Le prossime elezioni europee ci diranno se questa opinione pubblica pacifista riuscirà a farsi rappresentare. Ma intanto sarebbe urgente che i due schieramenti più consistenti (di centro-destra e di centro-sinistra) consentissero, al proprio interno, una libertà di dibattito senza ingiuriose semplificazioni. Chi pensa inevitabile l’aiuto in armamenti a Zelensky non è necessariamente un assassino né chi dubita che la difesa armata dell’Ucraina sia l’unica forma possibile di resistenza è necessariamente un ingenuo sognatore. Dopo la bomba atomica è il concetto stesso di “guerra” che si è trasformato: l’umanità può salvarsi solo con una “conversione” di mentalità talmente radicale da non poter essere subordinata agli ordini di scuderia negli schieramenti partitici.

Insomma, le elezioni amministrative sono rilevanti, ma non va perduto il senso delle proporzioni. È davanti ai grandi quesiti dell’umanità che s’impone l’opzione fra le visioni politiche: il rapporto con la natura e gli altri esseri senzienti; le relazioni internazionali; l’equità socio-economica all’interno degli Stati nazionali… È a queste altezze che gli schieramenti partitici dovranno elevare il confronto se vogliono convincere la metà degli elettori a uscire dalla tana della sfiducia in cui si sono rifugiati, nauseati da liti per futili motivi all’interno di dibattiti su futili argomenti.

Augusto Cavadi co-dirige, con la moglie Adriana Saieva, la “Casa dell'equità e della bellezza” di Palermo. Ha pubblicato, tra l’altro, “Il Dio dei mafiosi” (2009), "Dio visto da Sud" (2021) e "O religione o ateismo? La spiritualità 'laica' come fondamento comune" (2021)

 

 

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