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Il Nicaragua è una dittatura

Il Nicaragua è una dittatura "capitalista e neoliberista". La denuncia di "religiose e religiosi in clandestinità"

Una pesante accusa di silenzio e complicità con il regime del Nicaragua è stata lanciata contro la Chiesa cattolica locale e contro il Vaticano dal RENEC, gruppo di “religiose e religiosi nicaraguensi in clandestinità”. Un Paese – quello centroamericano dove un vescovo è in carcere, i sacerdoti esiliati, le attività cattoliche private di fondi… – che nulla pare avere più a che fare con il sandinismo, il movimento rivoluzionario di sinistra che rovesciò la dittatura di Somoza nel 1979, del quale la coppia “regnante” (Daniel Ortega e la moglie Rosario Murillo) ne rivendica la continuità. Ora, affermano i religiosi, il Nicaragua soffre nuovamente la dittatura ed è «capitalista e neoliberista».

RENEC ha pubblicato il 22 maggio scorso una “Lettera al Popolo di Dio” intitolata “La vita del controverso Erode il Grande”. Come Gesù non sottostò «alle minacce di Erode e ai timori delle autorità che gli consigliavano “prudenza” e “silenzio”», «di fronte al silenzio assordante e alla mancanza di una professione docente che ci illumini nel percorso della vita quotidiana del Nicaragua», i firmatari prendono la parola come «religiosi e religiose che accompagnano comunità, movimenti e gruppi laicali del Nicaragua, vivendo in comunione fraterna con loro il corpo mistico di Cristo vivo e risorto».

«Parlare di diritti umani per una persona di fede è parlare dello stesso mistero e gloria di Dio rivelati nell'essere umano, creato a sua immagine e somiglianza», premettono. «In Nicaragua bisogna ancora molti sforzi per rispettare e promuovere i diritti umani nella loro integrità»: è «urgente porre fine a ogni abuso di autorità e maltrattamento da parte della Polizia contro i cittadini che rivendicano pacificamente i loro diritti, e anche vegliare perché siano rispettati tutti i diritti umani di tutte le persone». «Ecco perché il silenzio pastorale dei vescovi del Nicaragua attira profondamente la nostra attenzione. Come Vita Consacrata – scrivono –, ci preoccupano i silenzi, e ancor più quando si tenta di mettere a tacere le voci di sacerdoti, vescovi e religiosi che, hanno accompagnato le loro comunità sulla base della loro coerenza evangelica. Silenzi che ci indicano venire dalla Santa Sede. Sulla qual cosa diciamo che non sarebbe la prima volta che il Vaticano commette un errore nel negoziare con e cedere agli oppressori a scapito delle vittime di tali oppressori». «Convivendo con le comunità della resistenza in diverse parti del Nicaragua, condividiamo anche la tristezza e il rifiuto del popolo nicaraguense verso i negoziati "sotto il tavolo" - alle spalle delle vittime - e la conseguente politica del silenzio su un governo crudele e criminale. Di fronte alla corruzione e alla violenza, il silenzio non è mai evangelico; sa quasi sempre di complicità», affermano lapidari i firmatari, aggiungendo: «Contrariamente all’esempio di Gesù, sembra che il Vaticano e la gerarchia nicaraguense preferiscano la “sicurezza istituzionale” all’opera del Vangelo. È duro a dirlo, ma sono i fatti che lo dicono».

Non solo i diritti umani sono sotto scacco in Nicaragua: «Notiamo con dolore – sottolinea la lettera – le grandi difficoltà economiche che molte famiglie si trovano ad affrontare, a causa del divario sempre più allarmante tra ricchi e poveri emergenti e della drammatica mancanza di occupazione vissuta da gran parte della nostra popolazione. In molte comunità rurali del Nicaragua già si soffre la fame perché manca il cibo nelle case, molte delle quali sono ora gestite da donne anziane, poiché le più giovani sono emigrate o esiliate a causa della violenza politica che esiste nel Paese». E ancora: «Il Nicaragua è diventato un distretto minerario. Denunciamo e rifiutiamo il deciso ampliamento della politica estrattiva concretizzatasi nella concessione di licenze alle imprese cinesi per lo sfruttamento delle risorse naturali del Nicaragua. Invece di generare sviluppo, questo fa precipitare il Paese nella povertà estrema e in una crisi in molteplici ambiti e settori. Questa dittatura è capitalista e neoliberista».

Cosa può fare la Chiesa in questo contesto? I “religiosi in clandestinità” indicano quattro direttrici: «1. Aumentare, in qualità e quantità, la partecipazione nelle parrocchie per portare il Vangelo a un maggior numero di persone. 2. Rendere missionarie le parrocchie, evangelizzate ed evangelizzatrici impegnate nella difesa dei diritti umani, solidali con coloro che soffrono per problemi di salute, fame, persecuzione e criminalizzazione per aver pensato diversamente, parrocchie che accolgano i migranti. 3. Resistere a partire dalla formazione, analizzando la realtà che viviamo per motivarci a identificarla e giudicarla secondo Gesù Cristo, Via, Verità e Vita. 4. Aumentare la preghiera. Non possiamo lasciarci dominare dal pessimismo. Sarebbe peccare contro la fiducia in Dio. “Non lasciamoci rubare la speranza!” (EG, 86)».

*Foto ritagliata di Cubadetate tratta da Flickr

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