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Mosaici di Rupnik. Arte sacrilega che intrappola i cattolici

Mosaici di Rupnik. Arte sacrilega che intrappola i cattolici

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 25 del 06/07/2024

Dopo aver revocato la scomunica al sacerdote ex gesuita Marko Ivan Rupnik, il Vaticano continua a difendere lui e il suo lavoro. Il 29 maggio, mons. Kennedy, capo della sezione disciplinare del Dicastero per la Dottrina della Fede, ha dichiarato, in risposta a domande dei giornalisti, che Rupnik non poteva essere condannato per "falso misticismo", in quanto tale capo d’accusa non esiste formalmente nel Diritto canonico. Il 21 giugno, il prefetto del Dicastero per la Comunicazione, il laico Paolo Ruffini, ha dichiarato ai giornalisti presenti alla Catholic Media Conference di Atlanta che non solo un cristiano non deve giudicare, ma anche che non deve «lanciare pietre pensando che questa sia la via della guarigione» (per le vittime). Ha aggiunto una serie di argomenti pretestuosi per trarre la conclusione che non bisognerebbe scioccare «le persone che pregano» in tutto il mondo davanti ai mosaici creati da Rupnik.

L'arte di avere sempre ragione

Da quel momento in poi, la mia retta ragione si è ribellata. E di fronte alle affermazioni di Kennedy e Ruffini, mi è tornata in mente l'opera di Arthur Schopenhauer (1788-1860), L'arte di avere sempre ragione, pubblicata dopo la sua morte nel 1864. In essa il filosofo distingue tra «la verità oggettiva di una proposizione e la sua validità sul piano dell’approvazione degli avversari e degli ascoltatori». Date le debolezze degli esseri umani, ne consegue che «l'interesse per la verità, che deve essere senza dubbio l'unico motivo che li guida quando affermano una tesi che si suppone vera, cede completamente il passo agli interessi della loro vanità: il falso deve apparire vero e il vero falso». Schopenhauer sviluppa poi gli stratagemmi solitamente utilizzati per cavarsela in ogni dibattito avendo apparentemente ragione, da cui il titolo del libro, ancora valido a più di un secolo e mezzo dalla sua pubblicazione.

Quindi, se vogliamo trovare la verità oggettiva, che Schopenhauer, seguendo Democrito, colloca in fondo al pozzo (veritas est in puteo), dobbiamo trovare la falla nel ragionamento dialettico e retorico dei rappresentanti dei dicasteri romani. Comprensibilmente, il dottor Ruffini non vuole avere problemi con la sua assistente Nataša Govekar, fervente discepola di Rupnik uscita direttamente dal Centro Aletti. Ma questa delicata posizione interna deve fargli perdere la faccia in una conferenza pubblica negli Stati Uniti? Dichiara di difendere le vittime, pur non avendole conosciute, perché ammette di non sapere nulla di loro. Ma, praticando la dialettica e la retorica, si lancia in affermazioni in cui il falso diventa vero e il vero falso. Quando si tratta di uscire da una situazione difficile, le autorità gerarchiche rinunciano alla pratica dell'ottavo comandamento di Dio. Mons. Kennedy non ha esitato ad affermare che il "falso misticismo" non esiste nel Codice di Diritto Canonico. Ma bravi! Non sto più a rispettare il settimo comandamento (“non rubare”), poiché non è formalmente scritto nel Codice. Ho proprio qui i cestini dell’elemosina dell'ultima celebrazione. È una fortuna! Poiché non è scritto nel Codice, non posso essere condannato. Rupnik, che è molto più intelligente di me, lo aveva capito chiaramente a proposito del sesto e del nono comandamento di Dio, poiché – secondo lui, e voglio che sia chiaro, nonostante la mia ironia – la comunione con il Dio Trino è molto meglio in tre che da soli. Perché non si rischia nulla, se non i complimenti di mons. Kennedy, questo grande benefattore degli impulsi degli ecclesiastici e allo stesso tempo grande fustigatore delle loro vittime!

Tessere e collante cementizio

Ma torniamo a quel diavoletto di Rupnik. Quando si realizza un mosaico – che, non dimentichiamolo, sarà un'opera d'arte certificata dal dottor Ruffini – si tagliano le pietre in tessere e le si assembla per formare un insieme che viene poi sigillato con un collante: due dosi di kerabond con una dose di colla liquida Isolastic. Grazie all'azione capillare, le tessere vengono sigillate in quello che diventa un blocco indistruttibile. Non possono essere rimosse. Bisogna rompere il tutto se si vuole rifarlo o non vederlo più.

Questa metafora ci aiuta a vedere dove sta la falla nella logica del ragionamento di chi difende, presumibilmente in nome dell'arte, l'aspetto indistruttibile dell'opera di Rupnik. Non è nelle tessere – cioè gli elementi biblici o agiografici da cui l'artista trae ispirazione – ma nel collante cementizio. È nel legame, pensato e meditato da Rupnik in modo falsamente teologico, che si trova il pericolo, sia per le sue vittime che per i membri del Popolo di Dio nel suo complesso. Non si può dargli una schifezza spirituale con il pretesto che non c'è un articolo nel Codice di Diritto Canonico (francamente, se non c'è, che lo creino!), che la rimozione causerà difficoltà materiali negli innumerevoli santuari della cristianità che ne sono ricoperti, o che il Dicastero del dottor Ruffini sarà costretto a rivedere il suo piano di comunicazione. Dopotutto, non mancheranno i chierici (soprattutto nell'alto clero) che diranno che non importa se è falso, dal momento che luccica! A luccicare è la falsa teologia di Rupnik, e quanto!, visto che autorizza il sesso a tre in omaggio alla Santissima Trinità; ma non è grave, se si riesce sempre ad avere ragione.

Rupnik sarà giustificato e assecondato nei templi terreni della Chiesa, ma non in quello celeste, l'unico sul quale l'arcivescovo Kennedy e il dottor Ruffini non hanno alcuna autorità.

San Giovanni Rotondo e Lourdes

San Pio da Pietrelcina (1887- 1968) continua la sua passione, condannato com’è a essere sepolto sotto i mosaici di Rupnik. Ma se luccica, vi dico! Non è detto che questo grande santo possa sopportare ancora a lungo di essere sepolto sotto questi strass, visto che è stato perseguitato per dieci anni per aver denunciato le pratiche corrotte dei sacerdoti scandalosamente coperte dall'arcivescovo di Manfredonia. Ma a tutti coloro che vogliono salvare a ogni costo le opere di Rupnik distinguendole dal loro autore, vorrei opporre il giudizio di Salomone sviluppato dal grande scrittore cattolico Joris-Karl Huysmans (1848-1907) nella sua opera Les Foules de Lourdes. Una bella citazione è d'obbligo: «È evidente che in nessun luogo, in nessun Paese, in nessun tempo, qualcuno ha osato esibire orrori così sacrileghi, e se si pensa che sono stati fatti espressamente per Lourdes, fatti espressamente per il santuario di Notre-Dame, da un simile spettacolo si trae un insegnamento. Non c'è dubbio che tali attacchi possano essere attribuiti solo alla sfacciataggine vendicativa del diavolo. È la sua vendetta contro Colei che aborrisce, e lo si sente dirle molto chiaramente: ...puoi avere tutte le preghiere che vuoi a Lourdes... Ma l'arte, che è l'unica cosa pulita sulla terra a parte la santità, non solo non l'avrai, ma la renderò tale da farti insultare senza tregua con la continua bestemmia della bruttezza; e ossessionerò a tal punto le menti dei tuoi vescovi, dei tuoi preti e dei tuoi fedeli, che non penseranno nemmeno a togliere dalle tue labbra il calice permanente dei miei insulti».

Si potrebbe pensare che sia stato scritto oggi, per il vescovo Kennedy, per il dottor Ruffini e per coloro che li ascoltano e credono loro. Come possiamo togliere i nostri piedi dal collante con cui Rupnik cementa i piedi di tanti cattolici nel mondo? Siamo ridotti ad adottare il metodo di San Francesco di Sales, il santo della dolcezza, per i casi gravi: «Tagliare, troncare, rompere, non bisogna perder tempo a scucire, bisogna strappare...».

Sul colle vaticano fondato sulla crocifissione rovesciata dell'apostolo Pietro, non si può permettere che si cementino opere che sono la traduzione della teologia trinitaria da bordello di Rupnik. Tutte le distinzioni giuridiche e retoriche dei rappresentanti dei Dicasteri romani non reggono al bene del santo popolo di Dio. Tutti i suoi membri, e soprattutto quelli che ne sono vittime, hanno il diritto di poter pregare davanti a opere che «esprimono l'infinita bellezza divina» (Concilio Vaticano II, SC 122) senza essere feriti dalla «menzogna della loro arte» (SC 124).

La de-rupnikizzazione del cristianesimo è un compito essenziale. I cattolici non possono rimanere con i piedi intrappolati nel cemento di questa gnosi che nessuna retorica può giustificare. Lo dobbiamo alle vittime, a cominciare da Lourdes, dove le opere di Rupnik deturpano il santuario dell'Immacolata Concezione.

Non è tutta arte, quella che luccica. 

* Foto da Pxhere, immagine originale e licenza

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