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La Pontificia Facoltà dell'Italia meridionale scrive ad Adista

La Pontificia Facoltà dell'Italia meridionale scrive ad Adista

In seguito alla pubblicazione del nostro articolo sulla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale – sezione San Tommaso – uscito sul fascicolo di Adista Notizie n. 27/24 –, nel quale si dà conto dell’arresto di un ex consulente della stessa Facoltà, il preside della Pftim – sezione San Tommaso, don Francesco Asti, ha inviato ad Adista una richiesta di rettifica che pubblichiamo integralmente di seguito, unitamente a una nostra risposta.

 

La lettera del preside della Pftim – sezione San Tommaso

Spettabile direttore,

è nostro intento comunicarLe con dispiacere le inesattezze riferite all’articolo in oggetto.

1. La Facoltà, in conformità con gli statuti vigenti, sta procedendo alla consultazione degli organi collegiali per analizzare l’accaduto. Si ribadisce che gli organi della Facoltà e della Sezione San Tommaso d’Aquino non si sentono in alcun modo responsabili dell’agire personale degli individui, considerato che il dottore Barillà, fino alla data del 18 giugno 2024 non aveva alcun carico pendente. Inoltre, la Facoltà ha agito con tempestività sospendendo prima e rescindendo poi il contratto di lavoro del dottor Barillà.

2. Quanto riportato in riferimento al Preside, Prof. Don Francesco Asti, “del caso Barillà non si deve parlare per precisa volontà dell’arcivescovo!” si chiarisce che tale affermazione non corrisponde a verità né in colui che l’ha riferita né nella reale volontà dell’Arcivescovo.

3. Il contratto di lavoro coordinato e continuativo a termine, come precisato dal vescovo mons. Gaetano Castello, ha come titolo “area professionale fundraising, management e comunicazione”, quindi ogni altro riferimento non corrisponde ai termini contrattuali, considerando che il contratto è l’unico documento ufficiale di riferimento.

4. L’affermazione che l’atto è stato “secretato” non corrisponde a verità in quanto era notizia pubblica diffusa dagli organi di stampa.

5. Contrariamente a quanto affermato dall’articolo, il nome del dottor Barillà non è mai stato rimosso dal sito web poiché non era mai stato inserito nella pagina ufficiale della Facoltà. Ribadiamo che nulla è stato secretato. Le azioni intraprese dalla Sezione San Tommaso d’Aquino e dalla Facoltà nei confronti del dottor Barillà non sono state ritardate, ma attentamente valutate dai consulenti legali del lavoro per garantire che fossero efficaci e tutelassero l’Istituzione.

Siamo stupiti che un servizio giornalistico di prestigio non abbia rispettato elementari principi di etica comunicativa. La diffusione di notizie è lecita solo se basata sulla verifica della loro veridicità, e non su voci o riferimenti indiretti. Certi di aver espresso con chiarezza e rispetto la nostra posizione, chiediamo, ai sensi della legislazione vigente, la pubblicazione della presente nota come rettifica all'articolo in questione.

Don Francesco Asti

preside Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale – Sezione San Tommaso

 

La risposta di Adista

Prendiamo atto della richiesta di rettifica inviataci dal preside della Pftim – sezione San Tommaso, don Francesco Asti, qui pubblicata integralmente.

Ribadiamo, come peraltro scritto nell’articolo, che né la Facoltà teologica né i suoi attuali dirigenti risultano sfiorati dall’inchiesta giudiziaria della Dda di Reggio Calabria. Così come confermiamo quanto scritto nel nostro articolo: a partire dal primo luglio 2024 il contratto di Barillà è stato rescisso dalla Pftim.

Precisiamo, rispetto al punto n. 2 della lettera del preside Asti, che la frase «del caso Barillà non si deve parlare per precisa volontà dell’arcivescovo» – attribuita allo stesso preside – ci è stata riferita da fonti interne alla Facoltà, che riteniamo di sicura attendibilità. Così come (punto n. 4) l’affermazione secondo cui la notizia dell’arresto di Barillà «è stata “secretata” per volontà del Gran cancelliere, l’arcivescovo di Napoli Domenico Battaglia» ci è stata riportata da altre fonti interne alla Facoltà. Ovviamente non si tratta di «atti» secretati, perché, come rileva anche il preside Asti, la notizia era di dominio pubblico grazie agli organi di stampa che l’hanno diffusa, bensì di una sorta di cappa di silenzio, per cui in Facoltà non si parlava apertis verbis della vicenda: di questo clima ci hanno raccontato le nostre fonti e di ciò abbiamo dato notizia.

Aggiungiamo due ulteriori elementi. Il preside Asti indica il 18 giugno come data in cui sarebbe venuto alla luce il coinvolgimento di Barillà nell’inchiesta giudiziaria (anche se alcuni articoli del Corriere della sera e del Fatto Quotidiano sono precedenti di diversi giorni); il giorno successivo, 19 giugno, si è svolto un Consiglio di Facoltà della Pftim nel quale non è stato fatto alcun cenno alla vicenda Barillà né dal preside né dal decano. Il 2 luglio, poi, si è svolto un Consiglio di Sezione (san Tommaso), durante il quale è stata approvata la proposta, avanzata da alcuni docenti, di redigere un comunicato stampa sulla questione, ma l’iniziativa è stata fermata dall’arcivescovo. Questi due fatti ci sembrano confermare quanto abbiamo scritto nel nostro articolo, ovvero che della vicenda Barillà non si doveva parlare, che era stata in un certo senso “secretata”.

Rispetto invece al punto n. 3, come ci riconosce anche il preside Asti, abbiamo riportato fedelmente quanto ci ha scritto mons. Castello rispondendo a una nostra email, ovvero che Barillà avesse un incarico di «consulente dell’area professionale fundraising, management e comunicazione». Abbiamo però poi riportato anche quanto risulta dal Curriculum vitae di Barillà, che è pubblico e facilmente rintracciabile online: ovvero che dal 2 gennaio 2024 ricopriva il ruolo di «direttore del personale» della Pftim – sez. San Tommaso (tralasciando le ulteriori specifiche presenti nel cv di Barillà: «amministrare il personale», «valutare il rendimento del personale», «selezionare e reclutare nuovo personale» ecc.). E abbiamo concluso che «o Barillà ha millantato incarichi non ricoperti, o il vescovo Castello si è confuso». Dalla lettera del preside Asti risulterebbe corretta la prima ipotesi: ne prendiamo atto, ma non possiamo non rilevare che il diretto interessato, Barillà, afferma una cosa diversa.

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