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Fratelli tutti... del Vaticano. Nasce un nuovo intergruppo parlamentare

Fratelli tutti... del Vaticano. Nasce un nuovo intergruppo parlamentare

Tratto da: Adista Notizie n° 29 del 03/08/2024

41942 ROMA-ADISTA. Un intergruppo parlamentare è una associazione informale tra parlamentari, che prescinde dai gruppi politici e dall’appartenenza a una delle due Camere e che serve per coordinarsi su specifiche tematiche d'interesse trasversale.

Di interegurppi, attualmente, ce ne sono sugli argomenti più disparati: la caccia, la cannabis legale, la montagna, il terzo settore. Nel 2014, anno delle prime sanzioni alla Russia, ne nacque anche uno intitolato "Amici di Putin", su proposta dal leghista Paolo Grimoldi, con l'obiettivo di «contribuire a pacificare i rapporti diplomatici, politici ed economici» tra Italia e Russia.

Il 18 luglio scorso è stato presentato alla Camera un nuovo intergruppo, promosso dal presidente della Commissione Affari Costituzionali Nazario Pagano (Forza Italia), che ha raccolto l’adesione di oltre trenta parlamentari provenienti da diverse estrazioni politiche, di maggioranza e di opposizione.

Il nome dell’intergruppo è “Fratres omnes”, che in un contesto politico può suonare vagamente massonico, ma è invece una citazione tratta dall’ultima enciclica di papa Francesco sulla fraternità universale e la solidarietà sociale. «L’intergruppo vuole essere un luogo di confronto che, partendo dalla dimensione parlamentare, possa offrire una serie di spunti e di riflessioni in diversi campi della vita sociale in modo trasversale», ha detto Pagano, che ricoprirà la carica di presidente del nuovo organismo.

In realtà, finora le adesioni non sono molte, se si considera che l’intergruppo sul Ponte sullo Stretto e il rilancio del Sud conta oltre 400 parlamentari e quello per lo sviluppo sostenibile oltre 150. Ma l’obiettivo è allargare il cerchio. Intanto, nella conferenza stampa di presentazione, Nazario Pagano ha snocciolato tutti coloro che hanno già aderito, nome per nome: si tratta dei presidenti di commissione Ciro Maschio (FdI), Ugo Cappellacci (FI) e Alessandro Giglio Vigna (Lega) e dei parlamentari Luca Squeri, Francesco Battistoni, Roberto Bagnasco, Paolo Emilio Russo, Raffaele De Rosa, Alessandro Cattaneo, Luca Cannata di Forza Italia; Giorgio Maria Bergesio, Laura Cavandoli, Stefania Pucciarelli, della Lega; Enzo Amich, Beatriz Colombo, Antonio Baldelli, Nicole Matteoni, Elisabetta Gardini, Maddalena Morgante di Fratelli d’Italia; Alberto Losacco, Marco Simiani, Piero De Luca, Nicola Carè, Anna Maria Furlan, Stefano Graziano del Partito Democratico; Maria Chiara Gadda, Daniela Sbrolini, Naike Gruppioni, Ettore Rosato di Italia Viva; Giusi Versace di Azione; Franco Tirelli di Noi Moderati e Francesco Gallo del Gruppo Misto. Insomma, tra gli iscritti troviamo parlamentari di Forza Italia, FdI, Lega, PD, IV Azione, con una netta prevalenza di centrodestra che già di per sé fa pensare che il gruppo si prefigga obiettivi più istituzionali che solidaristici e sociali.

Eppure, spiega Pagano, «se si guarda alla Enciclica Fratelli tutti, da cui prende il nome l’intergruppo, ci accorgiamo di come il Santo Padre in modo limpido e puntuale esponga problemi che riguardano i cittadini singolarmente intesi, ma anche quali componenti di una complessa rete sociale, in continuo mutamento rispetto al passato, con criticità nazionali e internazionali che coinvolgono la collettività largamente intesa. Il primo capitolo dell’enciclica elenca una serie di questioni che superano la dimensione partitica: i sogni che vanno in frantumi, la fine della coscienza storica, lo scarto mondiale, diritto umani non sufficientemente universali, conflitto e paura, globalizzazione senza una rotta comune, le pandemie. Nonostante ciò, il primo capitolo si conclude con un capoverso in controtendenza, dal nome “speranza”. Perché malgrado le “dense ombre” che attanagliano i nostri tempi vi è la speranza di un futuro migliore».

Fratres Omnes dovrebbe, in questo senso, diventare «un luogo di confronto che superi le barriere e che si ponga come scaturigine di riflessione per affrontare, tutti uniti, tutti fratelli, le nuove sfide che la storia ci presenta».

Come Chiesa si intende solo il Vaticano

Dietro questa ridda di auspici, l’impressione è che l’iniziativa cerchi di riannodare i rapporti tra le istituzioni parlamentari e il Vaticano, da tempo divenuti più labili. Pagano ha detto esplicitamente che l’intergruppo nasce anche per rafforzare i rapporti tra gruppi parlamentari e Santa Sede. E alla presentazione del nuovo intergruppo, infatti, c’era anche l’ambasciatore italiano presso la Santa Sede. Il tema dei rapporti politici con la Chiesa è sul tavolo da anni: dopo la dissoluzione della Dc, c’era stata la strategia del card. Camillo Ruini che per circa un ventennio era stata fondata sull’idea che la Chiesa fosse anche una “forza sociale”, chiamata a svolgere una funzione pubblica in Italia. Da qui la legittimazione a intervenire direttamente sui temi che la Chiesa cattolica riteneva più urgenti e vicini alla propria missione, contrattando direttamente con i partiti (specie di destra) le questioni che stavano maggiormente “a cuore”: “difesa” della vita, bioetica, finanziamento pubblico delle scuole cattoliche, parità scolastica, famiglia, cultura cattolica.

Il risultato di questo intervento diretto della Chiesa è stato però l’indeboilimento del laicato cattolico, che sin dalla formazione del Partito Popolare di Sturzo aveva esercitato una propria libertà di pensiero e azione nel campo politico e delle istituzioni. Con Ruini, i cattolici impegnati in politica, a tutti i livelli, locali e nazionale, si trovarono a muoversi sotto “tutela” della gerarchia, tanto sul versante politico che su quello ecclesiale, perché la linea imposta dalla presidenza Cei – a lungo nelle mani di Ruini, prima segretario, poi presidente dei vescovi italiani – intendeva annullare la resistenza di quei settori ecclesiali presso i quali continuava a essere presente un progetto cristianamente ispirato alternativo a quello wojtyliano prima e ratzingeriano poi. La permanenza di tendenze “eterodosse” rispetto al volere dei vertici ecclesiastici fu combattuta con il drastico azzeramento del dibattito interno alla Chiesa e la promozione dei movimenti ecclesiali; sul versante gerarchivo con la selezione capillare della nuova classe episcopale e la progressiva emarginazione di tutti quei vescovi e dirigenti diocesani che manifestassero ancora recrudescenze del “virus” conciliare. Quando non erano i vertici della Cei a trattare direttamente con la politica e i governi, lo facevano le strutture laicali create per essere cinghia di trasmissione dei desiderata della Cei, come Scienza&Vita, Retinopera, le associazioni che si riconoscevano nel “Family Day”, le realtà pro-vita, ecc.

La fase successiva al ventennio ruiniano, anche come conseguenza di questo, fu caratterizzata da una progressiva marginalizzazione delle culture del laicato cattolico italiano, a partire dal cattolicesimo democratico, che non sono più riuscite a incidere in misura significativa nelle scelte politiche e nelle prospettive sociali e culturali. Oggi c’è un vuoto tra Chiesa, visione cristiana, politica e istituzioni che in molti, da anni, denunciano. Senza però riuscire a riempirlo. L’intergruppo si propone oggi di farlo, ma in una chiave però schiettamente istituzionale, ignorando l’assenza di un “corpo intermedio” di laici cattolici presenti sui territori e formati alla partecipazione alla vita pubblica. E infatti il renziano Rosato (seduto accanto a Pagano), in conferenza stampa, ha sottolineato la possibilità di «sfruttare questo straordinario vantaggio che l’Italia» possiede, quello di avere nel proprio territorio il Vaticano e «soprattutto la presenza del papa, che con la sua parola non condiziona solo la vita del mondo cattolico, non condiziona solo i credenti, ma condiziona in maniera importante le sensibilità istituzionali e politiche sull’intero pianeta».

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

 

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