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3 ottobre 2013, undici anni dopo: la memoria di Lampedusa e il disastro delle politiche europee

3 ottobre 2013, undici anni dopo: la memoria di Lampedusa e il disastro delle politiche europee

Oggi, 3 ottobre, in occasione dell’XI Giornata Nazionale della Memoria e dell’Accoglienza, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), l’agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e il Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia (UNICEF), sono presenti con i loro rappresentanti a Lampedusa.

Il 3 ottobre 2013, a poche miglia dalle coste lampedusane, morivano 368 migranti naufraghi. Donne, uomini e bambini, per lo più eritrei, salpati dal porto libico di Misurata a bordo di un peschereccio. Come un pugno nello stomaco dall’isola, meta di turisti e villeggianti, arrivavano immagini inedite e tanto forti da sconvolgere l’opinione pubblica e i media, ancora non assuefatti al dramma dei naufragi nel Mediterraneo. Immagini che costringevano anche la classe politica a prendere misure straordinarie, come l’indizione del lutto nazionale, il rilancio dell'operazione di pattugliamento navale “Mare Nostrum” e, appunto, con la Legge 45 del 2016, l’indizione per il 3 ottobre della Giornata Nazionale, sotto la promessa – ampiamente tradita – dello slogan “mai più!”.

«Negli ultimi 11 anni – si legge in un comunicato dell’UNICEF alla vigilia della ricorrenza – sono oltre 30.000 le vittime registrate dal 2014 a oggi, di cui quasi 24.000 lungo la rotta del Mediterraneo centrale, che si conferma come una delle rotte più pericolose a livello globale. Solo nel 2024, già oltre 1.229 persone hanno perso la vita lungo questa rotta. Tra loro molte persone di minore età, tra cui neonati e bambini e adolescenti che viaggiano da soli, senza figure adulte di riferimento».

UNICEF ricorda anche che a fuggire sono persone disperate, che non hanno più nulla da perdere, «in fuga da conflitti, povertà estrema, discriminazioni e violenze», «ma anche dall’impatto devastante dei cambiamenti climatici».

Insieme al “Comitato 3 ottobre” – organizzazione che intende sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi dell’inclusione e dell’accoglienza attraverso il dialogo con la società civile – a Lampedusa oggi c’è anche Save The Children, che continua incessantemente a chiedere vie alternative di ingresso per i migranti: «In questi anni poco o nulla è cambiato», si legge in una nota odierna, «anni in cui continuiamo a ricevere notizie di imbarcazioni affondate, di persone annegate, tra le quali troppo spesso ci sono bambini e bambine. 11 anni dopo il naufragio del 3 ottobre 2013, abbiamo ancor di più necessità dell’apertura di canali regolari e sicuri di accesso all’Europa e l’attivazione di un sistema di ricerca e soccorso in mare». In uno scenario internazionale «sempre più incerto», caratterizzato da guerre, crsi umanitarie e cambiamento climatico, «chi fugge da tutto questo per raggiungere un futuro in Europa continua a rischiare la propria vita e quella dei propri figli, in mancanza di vie legali e sicure. E troppo spesso perde la vita in quella macabra lotteria che è la traversata di una delle rotte più letali al mondo: il Mar Mediterraneo».

In una nota alla stampa del 2 ottobre, anche il Centro Astalli dei gesuiti commemora le vittime di tutti i naufragi e sottolinea il dovere di «fare memoria» di quel terribile giorno: «Neanche più un morto nel Mediterraneo: fu questo l’appello rivolto alle istituzioni nazionali ed europee. Ma undici anni dopo poche cose sono cambiate. Molte delle politiche messe in atto da quel tragico 3 ottobre ad oggi vanno in una direzione estremamente preoccupante e non di rado in aperta violazione dei diritti umani e delle principali convenzioni in materia di asilo». Il presidente del Centro Astalli, p. Camillo Ripamonti, denuncia la «complice indifferenza» delle istituzioni, vittime di logiche elettorali, e la «criminalizzazione di chi si mette in viaggio in cerca di una vita degna». E chiede, anche lui, vie legali e sicure e una missione navale di soccorso e salvataggio.

Anche la Comunità di Sant’Egidio, precursore dei “corridoi umanitari”, in occasione della Giornata, ha rilasciato ieri una dura nota sulla condizioni delle politiche migratorie in Europa. Invitando a partecipare alla veglia di preghiera a Santa Maria in Trastevere, organizzata per questa sera, Sant’Egidio «ricorda che nelle acque del Mediterraneo si continua a morire. Un bilancio che negli anni diviene sempre più drammatico, se si pensa che dal 1990 ad oggi hanno perso la vita oltre 66mila persone nel tentativo di raggiungere l’Europa. Nel corso degli anni, infatti, le rotte sono divenute più pericolose, come dimostra il fatto che solo tra gennaio e settembre 2024 si contano 1562 bambini, donne e uomini morti o dispersi nel Mediterraneo. Di fronte a questa immane tragedia si può e si deve fare molto di più»: anche la Comunità di Sant’Egidio chiede – sulla base della felice esperienza dei progetti dei “corridoi umanitari” organizzato con le Chiese cattolica e protestanti – vie legali e sicure e anche di «continuare il soccorso in mare e facilitare l’ingresso regolare di migranti per motivi di lavoro, di cui l’Italia, in piena crisi demografica, ha estremo bisogno, oltre a favorire i ricongiungimenti familiari».


* Il "cimitero delle barche dei migranti" a Lampedusa. Foto Flickr di Carlo Alfredo Clericiimmagine originale e licenza.

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