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«Il nuovo decreto flussi genera più insicurezza per tutti». La Fondazione Migrantes alla Commissione Affari costituzionale di Montecitorio

«Il nuovo decreto flussi genera più insicurezza per tutti». La Fondazione Migrantes alla Commissione Affari costituzionale di Montecitorio

ROMA-ADISTA. La Fondazione Migrantes è stata ascoltata oggi dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera in merito al cosiddetto “decreto flussi” . La constatazione di fondo, al di là dell’ampiezza delle quote, è che il decreto flussi come unica modalità di ingresso legale dei lavoratori stranieri in Italia non soddisfa la domanda di manodopera di industriali, agricoltori, artigiani, operatori del turismo e famiglie. E neppure l’urgenza di regolarizzare decine di migliaia di lavoratori già presenti sul territorio italiano (se ne stimano oltre 500.000) e di non crearne altri.

Tra le osservazioni sottoposte all’attenzione della Commissione dal direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Pierpaolo Felicolo, il primo appunto riguarda la prevenzione e il contrasto allo sfruttamento lavorativo dei lavoratori migranti, per cui già esistono norme ad hoc, in particolare il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale ex art. 18 del Testo Unico sull’Immigrazione (D. Lgs. n. 286/1998), che andrebbero innanzi tutto applicate. È stato scelto invece di inserire un nuovo articolo 18-ter, che “pone il lavoratore sfruttato davanti alla scelta di dover contribuire utilmente all’emersione del fatto e all’individuazione dei responsabili” come ulteriore condizione per ottenere il permesso. Il rischio è l’inapplicabilità di fatto delle tutele previste dall’articolo 18.

La possibilità da parte delle Forze dell’Ordine di controllare i cellulari dei migranti (“dispositivi e supporti elettronici”) a scopo d’identificazione appare una “misura che lede la privacy e la libertà personale”. Tra il ruolo da “passacarte” cui sarebbe relegato il Giudice di Pace e la presenza di un mediatore culturale in luogo di un interprete, nell’insieme si nota l’assenza di una figura di garanzia.

La stretta sulle misure di sicurezza per i mezzi di soccorso delle ONG si tradurrà in minori possibilità di soccorso in mare dei migranti, ma anche nell’impossibilità di controllo da parte della società civile, soprattutto sulle attività della Guardia costiera libica e tunisina.

Tra gli altri rilievi, si segnala l’assenza di previsioni sul tema degli alloggi per i lavoratori stranieri e di misure fiscali che agevolino datori di lavoro ed enti locali nella ristrutturazione di abitazioni o di edifici pubblici abbandonati per i lavoratori.

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