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“Piano Draghi: non ci siamo

“Piano Draghi: non ci siamo". Un'analisi del Forum Disuguaglianze e Diversità

ROMA-ADISTA. Il Piano Draghi non fa bene all’Europa, non ne valorizza i punti di forza, promuove una crescita che trascura la giustizia sociale. Questo il giudizio che emerge dall’estesa analisi critica della strategia del rapporto “The Future of European Competitiveness” – il cosiddetto “Piano Draghi” – da parte del Forum Disuguaglianze e Diversità

Il Forum Dd ne ha esaminato diagnosi, obiettivo e rimedi, producendo un documento dettagliato (“Piano Draghi: non ci siamo. Diagnosi, obiettivo e rimedi ai raggi X”). La conclusione è che se quel Piano dovesse improntare l’azione dell’Ue nei prossimi mesi e anni, gli effetti sull’Europa sarebbero negativi. L’urgenza della discussione è rafforzata dal fatto che i contenuti del Piano sono già entrati dentro la macchina istituzionale, politica e amministrativa della Commissione, come si evince dalle Lettere di Missione ai membri designati della Commissione dalla presidente Ursula von der Leyen.

La strategia del Piano Draghi è portata fuori strada sia dalla scelta degli Usa come standard ricorrente di riferimento, senza coglierne debolezze, instabilità economica e recenti evoluzioni, sia dalla parallela disattenzione alle specificità e ai punti di forza dell’Europa. Sul Piano pesa anche il fatto di non assumere il punto di vista delle persone, delle preferenze, delle insicurezze, delle aspirazioni e bisogni di chi consuma, lavora, vive in Europa. Viceversa, la politica industriale dovrebbe promuovere la ricerca di un bilanciamento fra quei punti di vista, le opportunità tecnologiche e il genio imprenditoriale. Manca una valutazione delle convenienze europee nell’attuale, fragile, scenario geo-politico. Pesa, infine, una visione ancillare della dimensione sociale. Nei fatti si accentua la frattura fra economia e società come se questi anni nulla avessero insegnato.

Questi limiti condizionano l’insieme delle proposte del Piano che, fermo restando la validità di singole idee, farebbero male all’Europa: favorendo una concentrazione ulteriore del potere economico e politico, coerente con la de-democratizzazione in atto; accrescendo le disuguaglianze e aggravando la distanza delle istituzioni dell’Unione da bisogni e aspirazioni di cittadini e cittadine; facendo della difesa un volano dello sviluppo, senza attenzione ai gravi effetti di tale scelta; relegando l’Ue nei rapporti internazionali in una posizione rigidamente predeterminata e non necessariamente conveniente. 

Infine, con riguardo alla governance dell’Unione, il Piano enfatizza ragionevolmente la necessità di abbreviare i tempi delle decisioni. Tuttavia, l’arma della semplificazione richiamata nel Piano rischia di avere come contropartita la riduzione della partecipazione, come reso chiaro da diverse proposte. E soprattutto, l’adozione stessa del Piano e dei suoi passi attuativi è affidata al confronto fra la Commissione, sulla base dei mandati già fissati dalla sua Presidente, le sue tecno-strutture e il consesso degli Stati Membri. Il Parlamento europeo e i cittadini e cittadine che lo hanno eletto hanno un peso marginale o nullo in questo processo, non importa se il tema è il futuro dell’Unione e delle vite delle persone. Questo ricorda quanto avvenuto, certamente in Italia, con il Next Generation Eu e il Pnnr che lo attua.

Frutto della collaborazione fra un gruppo di esperti ed esperte del Forum Dd che riflette le idee e le proposte del volume Quale Europa (Donzelli, 2024) pubblicato in occasione delle ultime elezioni europee, il documento “Piano Draghi: non ci siamo. Diagnosi, obiettivo e rimedi ai raggi X” è leggibile qui: https://bit.ly/PianoDraghi_AnalisiForumDD_ITA

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