Portavoce dell'UNRWA: il divieto posto da Israele alla nostra agenzia avrà conseguenze "inimmaginabili"
Fra poco meno di 90 giorni entreranno in vigore in Israele due norme, approvate dalla Knesset il 28 ottobre scorso, finalizzate, una, a vietare l’attività dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che si occupa dei rifugiati palestinesi; la seconda, a impedire ai funzionari israeliani di intrattenere rapporti con l’organismo delle Nazioni Unite.
È questo il contesto dell’intervista realizzata da Vatican News (4/11) al portavoce dell’Unrwa, Jonathan Fowler.
«Israele non ha assolutamente il diritto di vietare l'Unrwa», inizia Fowler. «È importante ricordare che siamo stati creati nel 1949 su mandato dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e il nostro mandato è stato regolarmente rinnovato da allora. Bisogna ricordare anche che l'Assemblea generale è cresciuta, includendo nuovi Paesi, ognuno dei quali rappresenta una voce in più nella comunità internazionale a favore del rinnovo del nostro mandato. È così che funziona il diritto internazionale, attraverso le risoluzioni delle Nazioni Unite. Un singolo membro non può decidere unilateralmente e dire: "Questa agenzia non ci piace, va contro i nostri interessi, quindi addio". Non è così che funziona».
C’è poi il caso specifico di Gerusalemme Est, che, secondo Fowler, «esemplifica tutta la problematica. Israele considera Gerusalemme Est parte integrante del proprio territorio dall'annessione negli anni '80. Tuttavia, agli occhi della comunità internazionale Gerusalemme Est è un territorio occupato e quando si parla di Cisgiordania questo include Gerusalemme Est. Israele afferma nella sua nuova normativa che l'Unrwa non ha il diritto di operare sul suo territorio sovrano, quindi anche a Gerusalemme Est. Ma qui sta il problema: non è considerato tale dalla comunità internazionale. I nostri uffici si trovano a Gerusalemme Est fin dagli anni '50. Il nostro locatore è la Giordania e continuerà a esserlo. Il nostro contratto di locazione è ancora valido e non c'è motivo di revocarlo».
A Gaza, poi, «siamo la spina dorsale dell'operazione umanitaria internazionale» e questa «potrebbe iniziare a disgregarsi progressivamente o addirittura interrompersi da un giorno all'altro. Bisogna sapere che abbiamo 13 mila dipendenti a Gaza, di cui circa 5 mila continuano a lavorare. Si tratta di persone che spesso vivono in condizioni di sfollamento e subiscono perdite continue nelle loro famiglie, ma che continuano a lavorare. Non esiste nessun’altra Agenzia delle Nazioni Unite comparabile all’Unrwa, le altre agenzie non possono operare senza di noi. Le conseguenze di una fine delle operazioni umanitarie sono impensabili per la popolazione. La fame è già presente a Gaza, le epidemie si diffondono. La polio è tornata dopo 25 anni dalla sua eradicazione, ci stiamo dirigendo verso il peggio. È inimmaginabile».
*Foto di ISM Palestine tratta da Flickr
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