
Ong e Scienziati chiedono di “pulire” le COP dalle ingerenze delle lobby oil&gas
ROMA-ADISTA. Che ci fanno 47 lobbisti italiani dell’industria oil&gas (40 dei quali invitati dal nostro governo) alla Conferenza Onu sul Clima in corso a Baku in Azerbaijan (COP29), la quale – almeno nelle più pure illusioni degli fiduciosi del multilateralismo – dovrebbe quantomeno imporre al pianeta una roadmap per la fuoriuscita dal fossile?
“Clean the COP!” è il nome della campagna lanciata a Palazzo Montecitorio il 12 novembre, giorno di apertura della COP29, da A Sud, EconomiaCircolare.com e Fondazione Openpolis, con l’adesione di Greenpeace Italia, Energia per l’Italia, ISDE-Medici per l’Ambiente, Coordinamento Nazionale No Triv e Rinascimento Green. Obiettivo della mobilitazione – si legge in una nota diramata il giorno stesso dall’associazione “A Sud-Ecologia e Cooperazione” – è «“pulire” le COP dagli interessi dell'industria fossile», svincolando gli obiettivi delle COP da quelli dell’industria fossile. La Campagna – che unisce società civile, scienziati e parlamentari sensibili – denuncia infatti «l’influenza dei lobbisti dell’Oil&gas nell’ambito delle negoziazioni internazionali e chiede al governo di non facilitare la loro presenza alle conferenze ONU sul clima». In tale direzione, “Clean the COP” si inserisce nel solco tracciato il 4 novembre della campagna europea “Fossil Free Politics”, lanciata da 112 organizzazioni europee e 15 italiane, con una lettera aperta alla Commissione Europea e al governo del proprio Paese «per chiedere di togliere i badge delle COP clima ai delegati fossili».
La Campagna italiana punta il dito direttamente sul governo colpevole, dice, di aver consegnato personalmente i badge per accreditarsi ai lobbisti delle aziende del settore: «Calcolando i rappresentanti di enti con interessi esclusivi o parziali nel mondo fossile: Eni, Snam, Saipem, Enel, A2A, Edison (cioè limitando l’analisi solo ai soggetti con interessi più evidenti) – spiega la nota – si contano 40 accrediti dal governo su un totale di 47 lobbisti italiani del fossile presenti. Le due organizzazioni col più alto numero di delegati accreditati dall’Italia sono stati Saipem (16 accrediti) e Eni (14) i cui affari, legati alla sempre maggiore diffusione delle fonti fossili, vanno in direzione contraria agli obiettivi della COP e a quelli che dovrebbero essere gli obiettivi del governo italiano».
Come darsi la zappa sui piedi
La lettera al governo italiano, mutuata da quella inviata alle istituzioni europee da “Fossil Free Politics”, ha come oggetto “Fuori i grandi inquinatori dalla COP29” e chiede ai ministri Adolfo Urso, Gilberto Pichetto Fratin e alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni di ridurre l’«influenza eccessiva dell’industria dei combustibili fossili nelle discussioni politiche sul cambiamento climatico» e «di garantire che le compagnie che lavorano nel settore petrolifero, del gas e del carbone non abbiano un accesso privilegiato ai negoziati sul clima». Perché, nei lunghi anni in cui il cambiamento climatico provocato dalle emissioni climalteranti ha seminato morte e distruzione nel mondo, «coloro che traggono profitto dal mantenimento dell’attuale sistema dei combustibili fossili hanno fermato, ritardato o annacquato le azioni per mitigare il riscaldamento globale».
La lettera spiega, dati alla mano, che i lobbisti di queste imprese investono grandi capitali per incontrare le istituzioni internazionali e partecipare ai negoziati sul clima a livello europeo e Onu. Il tutto per rallentare la transizione e frenare a fuoriuscita dal fossile. E, «i risultati di questa influenza sono devastanti».
La lettera suggerisce un approccio simile a quello adottato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che ha riconosciuto l’evidente rischio dell’influenza delle lobby del tabacco sulle misure sanitarie promosse per la riduzione del consumo di tabacco, adottando una convenzione quadro che esclude dai negoziati sul tema i lobbisti del settore. Allo stesso modo, occorre proteggere le politiche ambientali dall’influenza delle lobby fossili, iniziando, per esempio, a «non facilitare la registrazione e l’attribuzione di accrediti ai negoziati sul clima delle Nazioni Unite».
Tra gli altri, hanno firmato la lettera al governo, in integrale su Adista Documenti n. 40/2024, A Sud-Ecologia e Cooperazione, Coordinamento No Triv, EconomiaCircolare.com, Openpolis, Greenpeace Italia, ISDE Italia, Legambiente, ReCommon, Rinascimento Green e Un Ponte Per.
Obiettivo trasparenza
A livello istituzionale, la Campagna ha raccolto il sostegno delle forze di opposizione – in particolare il pentastellato vicepresidente della Camera Sergio Costa, Ilaria Fontana del Movimento 5 Stelle, Eleonora Evi del PD e Filiberto Zaratti di alleanza Verdi-Sinistra – che si sono impegnati, nelle opportune sedi, «a chiedere al governo di dare conto dei criteri coi quali concede accrediti governativi per partecipare alle negoziazioni internazionali sul clima e di garantire maggiore trasparenza sia sui processi di accredito che sulle posizioni con cui l’Italia partecipa alle negoziazioni internazionali».
Evi, intervenuta al lancio della Campagna ha definito «assurdo che non vi si trasparenza sugli accrediti concessi dal governo all’industria fossile per partecipare alle Cop» e, annunciando una mozione e un’interrogazione parlamentare, ha dichiarato che il suo partito intende «rafforzare nei prossimi mesi» la collaborazione con le realtà aderenti. Zaratti ha ribadito la necessità di «una grande battaglia dentro e fuori le istituzioni», confermando l’intenzione di «lavorare assieme a una proposta di legge che stabilisca una volta per tutte quali sono i criteri per concedere gli accrediti, escludendo i rappresentanti delle industrie fossili». Costa ha ribadito l’urgenza, a partire dalla convergenza sulle posizioni della campagna, di «un impegno condiviso per un’azione congiunta e un posizionamento politico uniforme» di tutta l’opposizione al governo.
Chiamare i piromani a spegnere l’incendio?
A Montecitorio è stato presentato anche l’appello alla politica firmato da oltre 30 scienziati e scienziate, impegnati sul fronte della lotta al cambiamento climatico (integrale su Adista Documenti n. 40/2024). L’incipit è alquanto eloquente: «Non si possono coinvolgere i piromani nella scrittura di una legge contro gli incendi: cercherebbero stratagemmi per indebolirla, o sfrutterebbero l’occasione per scambiarsi fiammiferi ed esche incendiarie. Allo stesso modo, non si possono coinvolgere i lobbisti dei combustibili fossili nelle Conferenze Onu per il clima, il cui obiettivo primario è proprio limitare l’uso delle fonti energetiche fossili: carbone, petrolio e gas».
La scienza lo ripete da anni: l’unico modo per raggiungere l’obiettivo di contenimento dell’aumento delle temperature entro il fatidico grado e mezzo, come definito dall’Accordo di Parigi 2015, «è rinunciare quanto prima a bruciare petrolio, gas e carbone». Insomma, la scienza chiede di fermare subito le estrazioni in corso e non “inventarne” di nuove: precisamente, obiettivi diametralmente opposti a quelli delle compagnie del fossile. Eppure, «più incalza l’emergenza climatica, più l’invasione dei lobbisti alle COP è in crescita: nel 2021 se ne stimavano circa 500 alla Cop26 di Glasgow, nel 2022 erano in 636 alla Cop27 di Sharm-el-Sheikh, mentre nella Cop28 di Dubai, nel 2023 (primo anno in cui è divenuto obbligatorio per ciascun delegato rivelare l’ente di appartenenza) il numero è salito vertiginosamente a 2.456: la delegazione più numerosa di tutte».
Il coinvolgimento dei lobbisti nei negoziati sul clima, promosso dai governi, desta «grande preoccupazione in seno alla comunità scientifica», scrivono i firmatari e le firmatarie dell’appello. «Come scienziati e scienziate siamo ben consapevoli della posta in gioco. Conosciamo l’importanza di un’azione climatica coordinata, ambiziosa ed efficace e i rischi dell’inazione». Proprio per questo i governi, compreso il nostro, dovrebbero ascoltare la voce della scienza e non quella delle lobby del settore oil&gas.
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