All'Assemblea sinodale della Chiesa in Italia, il ricordo di Giovanni Franzoni
ROMA-ADISTA. «Mi chiamo Dea, sono qui per il movimento delle comunità cristiane di base italiane, nate dopo il Concilio Vaticano II. In particolare, io faccio parte della Comunità di San Paolo, nata qui, in questa basilica, più di cinquanta anni fa, intorno all’allora abate Giovanni Franzoni». Comincia così il ricordo di Giovanni Franzoni che Dea Santonico ha pronunciato nella basilica di San Paolo fuori le mura a Roma - di cui Franzoni è stato abate dal 1964 al 1973, prima di essere di fatto costretto alle dimissioni -, nell'ultimo giorno dell'Assemblea sinodale della Chiesa in Italia (v. Adista notizie n. 41/24)
«In questi giorni che abbiamo vissuto insieme, trovarmi qui, in questo luogo dove tutto è cominciato, è stata per me una grandissima emozione - prosegue Dea Santonico -. In quegli anni questa Basilica l’abbiamo vissuta come casa. La celebrazione di Giovanni era alle 12. Forse un migliaio di persone, le panche strapiene, noi ragazzi e ragazze sedevamo dove capitava: per terra, sugli scalini, dietro l’altare… “Non un’altra Chiesa, una Chiesa diversa”, ha detto papa Francesco. Noi allora lo dicevamo così: “Non un’altra Chiesa, una Chiesa altra”. Alla nostra Chiesa altra, che tanto abbiamo sognato, le cose non sono andate bene. Nel 1973 Giovanni si è dovuto dimettere da abate, coloro che l’hanno seguito fuori da qui hanno vissuto con lui e sono testimoni dell’intera parabola della sua vita: da abate, a padre conciliare, a profeta scartato dalla sua Chiesa. Caro Giovanni, ci hai messo le ali perché potessimo far volare alto il sogno di una Chiesa davvero evangelica. Di quelle ali ci siamo fidati e abbiamo volato senza reti. Ce le abbiamo ancora, un po’ ammaccate ma funzionano ancora. Sarebbe bello poterle mettere in tanti e tante. Perché volare insieme è più bello! Grazie, Giovanni»
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