Il contributo delle Chiese evangeliche alla crisi climatica
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 43 del 14/12/2024
Beati/e coloro che amano la Terra, loro madre, e volontariamente, si adoperano per impedirle di morire. Nell’afflizione per il suo dolore, piangono fiumi di sangue, nella gioia del suo amore conversano con gli alberi. Beati/e coloro che trovano il coraggio di compiere ogni giorno almeno un piccolo gesto per sostenere l’esistenza di un’altra creatura: pianta, animale, fiume, essere umano. A loro si uniranno moltitudini. Beati/e coloro che non temono la morte: a loro appartiene la forza di immaginare il futuro in un filo d’erba. Beati/e coloro che amano e sostengono attivamente la diversità della vita; essi saranno sicuri nella loro pluralità. Beati/e coloro che possiedono la conoscenza.
[Alice Walker,“Le beatitudini secondo Shug”]
Il cambiamento climatico rappresenta una delle sfide più gravi e urgenti del nostro tempo. Le sue conseguenze – dall’innalzamento delle temperature globali all’aumento di eventi meteorologici estremi, dalla perdita della biodiversità all’insicurezza alimentare – richiedono un’azione collettiva e coordinata. Per la comunità di fede, questa crisi non è solo ambientale, ma anche etica e spirituale. Le Chiese evangeliche, radicate in una visione teologica di cura del creato, si impegnano a rispondere a questa emergenza con azioni concrete e attraverso un dialogo in terreligioso volto a promuovere la giustizia climatica globale. Un recente rapporto del National Center for Climate Restoration australiano ha identificato il 2050 come la data critica, avvertendo che il superamento della soglia di + 3°C di riscaldamento globale porterà a un deterioramento irreversibile del pianeta. Questo allarme è stato accolto da molte organizzazioni ecclesiali, che hanno intensificato il loro impegno per la giustizia climatica.
La prospettiva evangelica: la cura del creato come missione di fede
Nella tradizione cristiana evangelica, la cura del creato è un mandato biblico. La Genesi ricorda che l’essere umano è stato posto nel giardino dell’Eden per coltivarlo e custodirlo (Genesi 2:15), un richiamo che oggi assume un significato urgente di fronte alla crisi ecologica. Anche il libro di Giobbe (12:8) invita a imparare dalla Terra, riconoscendo la saggezza della creazione come parte integrante della nostra fede.
Questo richiamo spirituale, come afferma l’ecoteologia, implica una revisione delle pratiche individuali e collettive, così come un’azione determinata per affrontare l’ingiustizia ecologica. Le chiese evangeliche sottolineano che il cambiamento climatico non è solo una questione tecnica, ma anche un problema etico e spirituale che richiede la riconciliazione con il creato e un nuovo equilibrio tra ecologia, economia e teologia.
Iniziative ambientali delle comunità evangeliche
Le Chiese evangeliche, attraverso l’impegno della Commissione Globalizzazione e Ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), hanno avviato numerose iniziative per affrontare la crisi climatica a livello locale e nazionali. Tra queste, si distinguono:
1. Decennio per la Giustizia Climatica: la Comunione Mondiale delle Chiese Riformate (CMCR) ha lanciato un programma per il Decennio 2022-2032, riconoscendo che il tempo per agire è limitato. Questo progetto integra riflessione teologica e azioni pratiche, promuovendo la giustizia climatica come espressione di fede.
2. La Carovana per la dignità e la sostenibilità del lavoro: tra il 2014 e il 2015, questo progetto ha affrontato i legami tra ambiente, lavoro e giustizia sociale in diverse regioni italiane, coinvolgendo chiese e comunità locali in un dialogo aperto. La carovana ha raccolto testimonianze su temi come l’inquinamento elettromagnetico (Niscemi), l’impatto dell’industria petrolifera (Scicli), le contaminazioni ambientali (Taranto, Napoli) e la necessità di riconversione produttiva (Civitavecchia).
3. Tempo del Creato: un’attività chiave per sensibilizzare le chiese è il dossier annuale dedicato al Tempo del Creato, una celebrazione ecumenica che unisce preghiera e azione per la tutela della nostra “casa comune”. Il dossier fornisce spunti liturgici, riflessioni bibliche e strumenti pratici per affrontare temi come la gestione dell’acqua, la biodiversità e l’impatto dell’industria sulle risorse naturali.
4. Eco-comunità: la commissione GLAM promuove la trasformazione delle chiese in “eco-comunità”, attraverso l’adozione di buone pratiche ecologiche, dall’uso di energie rinnovabili alla riduzione dei rifiuti. Le chiese che adottano almeno 15 criteri vengono riconosciute come “eco-comunità avviate” mentre il diploma di “eco-comunità diplomata” richiede l’adempimento di tutti i 40 criteri previsti. Attualmente, circa 30 chiese in Italia hanno ottenuto questo riconoscimento, ispirando altre comunità a seguire l’esempio.
5. Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili: le chiese sostengono questa iniziativa globale, invitando governi e comunità a impegnarsi per una transizione energetica giusta e sostenibile. In vista della Giornata Mondiale dell’Ambiente, la GLAM ha identificato sette azioni prioritarie per evitare il collasso ecologico previsto per il 2050, sottolineando l’urgenza di ridurre l’uso di combustibili fossili, e rispettare gli accordi sul clima. Tra le proposte emerge la necessità di un Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili sostenendo la giustizia climatica e impegnandosi a favore di pratiche comunitarie sostenibili.
6. Radio Glam: uno strumento innovativo per sensibilizzare e informare le comunità evangeliche e il pubblico sui temi della giustizia climatica e della sostenibilità.
7. Rifugiate/i climatici: di fronte ai gravi eventi meteorologici che aggravano la fame, causano insicurezza economica e costringono intere popolazioni a emigrare, le chiese evangeliche federate chiedono ai governi di sviluppare politiche che assistano rifugiate/i climatici, configurando un quadro di protezione umanitaria. Ad oggi queste persone non sono riconosciute nel diritto internazionale sebbene siano tra le vittime più vulnerabili della crisi ambientale.
8. Sentieri Ecumenici per Impollinatori: il progetto mira a proteggere e promuovere la vita degli impollinatori, essenziali per la salute e la biodiversità del nostro ecosistema, creando corridoi biologici che attraversino campagne e città, sostenendo la coltivazione anche in vaso di piante con fiori e pollini.
Costruire un dialogo interreligioso per la giustizia climatica
La crisi climatica non conosce confini religiosi o culturali. Richiede una risposta condivisa che unisca tutte le fedi nella promozione della giustizia ambientale e sociale. Le chiese evangeliche si impegnano nelle reti interreligiose per rafforzare la collaborazione tra comunità di fede diverse. In particolare:
• Educazione e sensibilizzazione: organizzando seminari e incontri interreligiosi per approfondire il legame tra spiritualità e sostenibilità, promovendo una cultura della responsabilità comune.
• Progetti congiunti: collaborano per sviluppare iniziative locali e globali, come riforestazione, gestione sostenibile delle risorse idriche e supporto ai rifugiati climatici.
• Pace e giustizia: affrontano i legami tra crisi climatica, conflitti e disuguaglianze, opponendosi al militarismo e al commercio di armi che contribuiscono alla devastazione ambientale e sociale.
Conclusione: un appello alla collaborazione globale
Le chiese evangeliche riconoscono che la crisi climatica è una sfida comune che supera le differenze religiose. L’impegno per la giustizia climatica diventa, quindi, un’opportunità per testimoniare una fede attiva, radicata nella cura del prossimo e del pianeta. La collaborazione tra le fedi può essere il seme di una trasformazione globale, capace di rispondere alle urgenze del presente e di costruire un futuro sostenibile per tutti e tutte, inclusa la biodiversità. In particolare, donne, bambini/e anziani/e, indigeni/e e persone con disabilità che sono tra le categorie più colpite dalla crisi climatica.
Maria Elena Lacquaniti, coordinatrice GLAM, sottolinea: «E necessario garantire la nostra presenza e fare eco alle voci dei Paesi del Sud del mondo, che sono fortemente motivati alla partecipazione alla COP a causa degli effetti diretti e devastanti della crisi climatica. Il grido di dolore che proviene dalla terra è amplificato dai loro racconti e dalla loro impotenza di fronte alla immobilità generale. Ogni credente ha il dovere di riportare questo grido nelle proprie comunità di fede».
Gabriela Lio, pastora battista e teologa femminista, direttrice del Centro evangelico Battista di Rocca di Papa (Roma); già presidente della Federazione Donne Evangeliche in Italia (FDEI).
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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