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Guerre, migranti e clima: le emergenze del pianeta secondo papa Francesco

Guerre, migranti e clima: le emergenze del pianeta secondo papa Francesco

CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. «Il nostro mondo è sempre più afflitto da problemi che riguardano l’intera famiglia umana e che richiedono un’azione concertata da parte di tutti coloro che si preoccupano per il futuro del nostro pianeta». È l’appello che questa mattina papa Francesco ha rivolto ai nuovi ambasciatori presso la Santa sede di India, Giordania, Danimarca, Lussemburgo, Repubblica Democratica di São Tomé e Príncipe, Rwanda, Turkmenistan, Algeria, Bangladesh, Zimbabwe e Kenya, in occasione della presentazione delle Lettere credenziali.

«Penso in particolare ai continui devastanti effetti del cambiamento climatico, che colpiscono soprattutto le nazioni in via di sviluppo e i membri più poveri della società – ha detto il papa –; penso ai conflitti armati, che causano indicibili sofferenze a tanti nostri fratelli e sorelle; e alla condizione di innumerevoli migranti e rifugiati in fuga dalle loro terre d’origine, in cerca di un futuro migliore per le loro famiglie. Tali problemi non hanno una soluzione semplice, né possono essere risolti dall’impegno di una sola Nazione o di un piccolo gruppo di Stati. Ogni Paese deve avere voce in capitolo nell’affrontare queste sfide di interesse internazionale e nel formulare soluzioni globali e a lungo termine. In proposito, il paziente lavoro della diplomazia è della massima importanza.

Tra difficoltà, sconfitte, scontri armati e contrastanti rivendicazioni di essere dalla parte del diritto, la Comunità internazionale non può rinunciare al proprio dovere di ricercare la pace favorendo il dialogo, la riconciliazione, la comprensione reciproca, il rispetto della dignità e dei diritti di ogni persona e popolo e delle esigenze del diritto internazionale. Con la sua presenza nel consesso delle Nazioni, la Santa Sede, conformemente alla sua specifica natura e missione, cerca di promuovere tale dialogo a servizio del bene comune, senza perseguire obiettivi politici, commerciali o militari; attraverso la sua “positiva neutralità” – non dico “neutralità”, dico “positiva neutralità” – essa mira a contribuire alla risoluzione dei conflitti e di altre questioni evidenziandone l’intrinseca dimensione etica.

La storia ci ha dimostrato che si possono fare molti progressi nella risoluzione di situazioni apparentemente insolubili attraverso discreti, pazienti e persistenti sforzi diplomatici, ispirati al rispetto reciproco, alla buona volontà e alla convinzione morale. Una volta ho sentito dire che il mestiere del diplomatico è come il ballo del minuetto: piccoli passi per fare un’armonia. Di fatto, molti degli attuali problemi globali sono di lunga data e ciò, invece di scoraggiarci, deve spingerci a cercare soluzioni nuove e innovative».

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