
“Famiglia Cristiana” sui referendum dell'8-9 giugno: andare alle urne e votare cinque Sì
MILANO-ADISTA. Cinque quesiti, eco mediatica minima, politica e sindacati divisi: è questa la fotografia dei referendum dell’8 e 9 giugno, di cui quattro quesiti che riguardano il mondo del lavoro sono proposti dalla Cgil e il quinto, sulla modifica delle norme per l’ottenimento della cittadinanza, lanciato da +Europa.
Famiglia Cristiana, settimanale del Gruppo editoriale San Paolo, nel numero in edicola pubblica un’inchiesta in cui analizza i quesiti referendari e raccoglie alcune testimonianze dei promotori ed esponenti della società civile che invitano innanzitutto a recarsi alle urne e poi a votare cinque volte Sì.
Il primo dato rilevato è il rischio astensione: per Emiliano Manfredonia, presidente Acli, «è importante andare a votare. Astenersi è sbagliato in un Paese dove l’astensione è così alta, ed è anche sconveniente che a invitare a non votare sia il presidente del Senato». Per Manfredonia il quesito da sostenere maggiormente è quello sulla cittadinanza: «Abbassare da dieci a cinque gli anni di residenza necessari per ottenere la cittadinanza è perfettamente in linea con i maggiori Paesi europei. Se vincesse il sì sarebbe un bel segnale, daremmo a cittadini ormai integrati dei diritti e sappiamo quanto abbiamo bisogno dei migranti, al di là della retorica dell’invasione».
Della stessa idea il professor Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, che nell’editoriale di apertura del settimanale evidenzia come sia necessario «rimettere in discussione una politica che scoraggia la concessione della cittadinanza ai cittadini non Ue. Tale politica corrisponde a una non visione: la diffidenza verso i non italiani che vengono nel nostro Paese, e contribuiscono al comune benessere. È stata una grave responsabilità della scorsa legislatura (e di questa) non concedere la cittadinanza in base allo ius culturae». E chiude: «Pur essendo l’Italia un paese invecchiato ha ancora le energie e la forte identità per procedere al processo d’integrazione».
I primi quattro quesiti, quelli relativi al lavoro sono proposti dalla Cgil. A Famiglia Cristiana parla il segretario Maurizio Landini: «Chi non vuole cambiare fa solo l’interesse di chi usa il licenziamento come minaccia». Secondo Landini se vincessero i sì «milioni di lavoratrici e lavoratori e le nuove generazioni riconquisterebbero una tutale contro i licenziamenti ingiusti e illegittimi più forte, sia nelle piccole che nelle grandi aziende, supererebbero la precarietà permanente e otterrebbero maggiore sicurezza sul posto di lavoro». Alla segretaria Cisl Daniela Fumarola, che considera i quesiti antistorici risponde: «Di antistorico vedo solo una precarietà dilagante, delle leggi che condannano i giovani ad avere meno diritti di chi li ha preceduti».
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