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Basilicata: una protesta contro la Rai per il ventennale silenzio sul disastro ambientale

Basilicata: una protesta contro la Rai per il ventennale silenzio sul disastro ambientale

Tratto da: Adista Notizie n° 26 del 05/07/2025

42307 POTENZA-ADISTA. Maurizio Bolognetti, segretario dei Radicali Lucani, dal 7 giugno scorso ha iniziato un digiuno ad oltranza per il diritto alla conoscenza e per rompere il silenzio sul SIN (Sito di Interesse Nazionale) di Tito Scalo, frazione del comune di Tito, situata a una decina di chilometri da Potenza, capoluogo della Basilicata. «Non si può continuare a nascondere sotto il tappeto la verità – ha affermato Bolognetti annunciando l’avvio della sua protesta –. Chiedo che la Rai onori il suo ruolo di servizio pubblico, che dia voce alla realtà, che racconti ciò che sta accadendo. più in generale su tutte le situazioni di inquinamento presenti in Basilicata, che mettono in pericolo le matrici ambientali e la salute dei cittadini. Non si può lasciar morire nei sottoscala informativi il diritto umano a sapere, a conoscere per deliberare».

L’accusa

La vicenda scoppia il 5 giugno scorso, quando i Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Potenza comunicano di aver «eseguito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca», «dell'intera area della Daramic srl», la multinazionale statunitense leader nel mercato della produzione di componenti per separatori di batterie, proprio a Tito Scalo. I reati ipotizzati dalla Procura di Potenza nella vicenda della mancata bonifica dell’area da parte della Daramic di Tito Scalo sono disastro ambientale aggravato, omessa bonifica e discarica abusiva: la superficie, paesaggisticamente vincolata, si estende per 48 mila metri quadri all'interno di un sito d'interesse nazionale inquinato. «Il provvedimento di sequestro», raccontano ancora i Carabinieri, è stato «eseguito contestualmente alla notifica di conclusione indagini preliminari» nei confronti di 13 indagati: 6 funzionari pubblici e 7 persone appartenenti al management dell’azienda, «tra cui due residenti oltralpe e due curatori fallimentari». Al vaglio della Procura ci sarebbero anche «eventuali responsabiltà delle persone giuridiche coinvolte nella vicenda». Nello specifico l'accusa – a quanto riportato in una nota firmata dal procuratore facente funzioni Maurizio Cardea – riguarda «la mancata rimozione di una sorgente primaria di contaminazione da tricloroetilene la cui attività avrebbe significativamente compromesso e deteriorato la falda acquifera ben oltre i confini del Sin, essendo stata rinvenuta la sostanza, con valori 110 volte superiori al limite di legge anche in aree a vocazione agricola e persino nel corpo idrico superficiale dell'affluente sinistro del Basento: il torrente Tora»; vi sarebbero inoltre presunte omissioni da parte «di alcuni funzionari pubblici che pur conoscendo la gravità dell'inquinamento e l'inerzia del soggetto responsabile, in violazione di un obbligo giuridico, avrebbero omesso di sostituirsi ad esso e di attuare le procedure di bonifica».

Pericolo per la salute

La questione di Tito Scalo si trascina da oltre 20 anni. Si iniziò infatti a parlare della necessità di bonificare l’area industriale già nel febbraio del 2001; pochi mesi dopo, il D.M. 468/2001 istituiva “Il sito di bonifica di interesse nazionale di Tito”; ancora pochi mesi, e nel luglio del 2002, sempre con Decreto ministeriale, si stabiliva il perimetro del sito e parte la fase di caratterizzazione, cioè la fase in cui vengono accertate le effettive condizioni di inquinamento. Da allora è tutto un susseguirsi di “Conferenze dei servizi”, fino al 22 dicembre 2008, giorno in cui presso gli uffici del Ministero dell’Ambiente si riunì l’ennesima “Conferenza dei servizi decisoria”. Il ministero parlò allora di un contesto ambientale «ancora caratterizzato da una pesante contaminazione da tricloroetilene», in quantità tali da far temere «la presenza del prodotto libero in falda» e del fatto che «le aziende e gli altri soggetti interessati hanno dimostrato limitato interesse e volontà nell’adoperarsi per conoscere e quindi, ove possibile, limitare la diffusione dell’inquinante che rappresenta un rilevante pericolo per la salute umana». Nel verbale ministeriale si leggeva ancora: «Vista la problematica non ancora risolta relativa alla determinazione dei valori di fondo sui parametri ferro e manganese nelle acque di falda nonché la contaminazione da tricloroetilene della stessa, vista la mancanza di informazioni derivanti da un incompleto monitoraggio ha richiesto alla Regione Basilicata che vengano ripristinate quanto prima le condizioni della medesima rete».

Insomma, da oltre 15 anni ci sarebbero stati tutti i presupposti del disastro ambientale, ma il sequestro dell’area è avvenuto solo il 5 giugno scorso. Della vicenda la struttura regionale della Rai continua a non parlare. DI qui la clamorosa protesta di Bolognetti, che di vicende ambientali – e di questa in particolare – si occupa da decenni. Bolognetti ha avviato uno sciopero della fame, diventato della sete, per cercare di sollecitare l’attenzione dei media sulla vicenda e per protestare con la Rai e il caporedattore della sede Rai di Basilicata, Gennaro Cosentino, oltre che con la Commissione Parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi, cui ha scritto una lettera appello il 13 giugno scorso.

In decine di edizioni del Tg regionale, a partire dal 6 giugno, denuncia Bolognetti sulla sua pagina facebook, «non una parola su quanto da me anticipato, tra il 2008-2009 e successivi, sul disastro ambientale in corso in quel di Tito Scalo». «Vorrei poter chiedere per quale sorta di miracolo il Tricloroetilene e altre schifezze tossico-nocive e cancerogene, presenti già 17 anni fa, si sarebbero dovuti fermare all’interno del perimetro del sito. Le spiegazioni che state divulgando fanno di Tito Scalo una sorta di Medugorje lucana e di chi si è occupato o avrebbe dovuto occuparsi di quel Sin (Sito di Bonifica di interesse nazionale) un santone, capace di impedire che superamenti, che nel 2012 erano di certo più di cento volte superiori ai limiti di legge, non oltrepassassero il perimetro del sito. Temo, gentili colleghi, che l’acqua non badi ai perimetri, ma si limiti a scorrere e in questo caso a scorrere con il suo carico di veleni cancerogeni».

A sostegno di Bolognetti si sono mobilitate decine e decine di personalità lucane e del Sud Italia. Quasi un centinaio tra loro hanno sosttosritto la lettera che il 13 giugno Bolognetti ha indirizzato alla Commissione parlamentare di vigilanza Rai.

*Foto presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza 

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