
«Mandare la gente a letto tranquilla». Un libro sulla fiction religiosa in Italia
Tratto da: Adista Notizie n° 27 del 19/07/2025
42322 TRAPANI-ADISTA. Potentissimi strumenti di propaganda e di diffusione di un immaginario collettivo fatto di valori che rimandano alla nostalgia per un mondo che non c’è più, ma che più probabilmente è esistito solo nella testa degli sceneggiatori, le fiction propongono da decenni al pubblico televisivo vicende e personaggi improntati alla moderazione, al culto della tradizione, per rendere le vicende storiche compatibili con una facile e semplificata lettura del presente. Complessi eventi vengono raccontati come fossero il risultato dei rapporti tra singole grandi personalità, positive (l’eroe) o negative (il suo antagonista), nette e senza contraddizioni. Per lo spettatore diventa così possibile, anzi necessario, schierarsi da una parte soltanto, quella che viene rappresentata come “buona” e credibile.
In Italia le fiction televisive hanno assunto un carattere sempre più spesso religioso. Accontentando un po’ tutti i gusti ecclesiali e teologici, dal campo più progressista a quello più conservatore. Vengono raccontati episodi biblici, biografie di papi, santi, personaggi religiosi e laici, uomini e donne impegnati nel campo della testimonianza di fede; sempre però con forti ricadute nella realtà presente e un messaggio che, attraverso la dimensione religiosa, investe la sfera sociale e politica. Così, sul piccolo schermo si sono avvicendati negli ultimi 20-30 anni figure come quelle di Giovanni Bosco, padre Pio, madre Teresa, Carlo Gnocchi, Luigi di Liegro, Filippo Neri, Zeno Saltini, Maria Goretti, suor Pascalina, Giuseppe Moscati, don Pietro Pappagallo, Chiara Lubich, quasi tutti i papi del ‘900, che hanno avuto almeno un prodotto televisivo che ne magnificasse la vita e le opere: tra loro spicca Giovanni Paolo II, sempre presentato come campione della lotta al comunismo.
Il 17 e 18 novembre 2023, a Napoli, presso la pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale, si svolse un convegno dal titolo “Fiction storico-religiosa: questioni storiografiche e indagini di genere”, di cui un libro, appena pubblicato casa editrice il Pozzo di Giacobbe, raccoglie in gran parte gli interventi. Il convegno, nato dalla collaborazione tra Istituto di Storia del Cristianesimo “Cataldo Naro” e il Coordinamento delle Teologhe Italiane, intendeva offrire un'occasione di riflessione sull'impatto che le fiction televisive, in particolare quelle di argomento storico religioso, hanno avuto e ancora hanno sull'immaginario del pubblico televisivo italiano.
Come spiegano nella loro introduzione al volume i curatori Maria Bianco e Dario Garribba, (La fiction storico-religiosa nella televisione italiana. Questioni storiografiche e indagine di genere, il pozzo di Giacobbe, 2025, pp. 192, euro 22), «si è trattato infatti di un vero e proprio fenomeno culturale che ha avuto un importante impatto sulla società italiana. Questo fenomeno ha dato origine a linguaggi e immaginari che persistono tuttora. Proprio adesso che il genere conosce una fase di stanca, sia perché si è esaurita la vena narrativa e creativa, sia soprattutto perché si ha avuto una profonda trasformazione dei modi di produzione televisiva, è forse possibile tracciare un bilancio di ciò che queste fiction hanno significato per la cultura del Paese».
Il libro affronta soprattutto il rapporto tra fiction e storia e tra fiction e questioni di genere. Nel suo saggio dedicato a committenza e produzione delle fiction storico religiose, Anna Carfora riporta le significative parole di Luca Bernabei, figlio di Ettore Bernabei direttore generale della RAI e fondatore della Lux Vide, rilasciate nel 2021 a Vatican News: «C'era – dice Luca Bernabei – un altro grande insegnamento di mio padre, un insegnamento da vecchio democristiano, cioè da cristiano impegnato in politica: quando è stato per 14 anni direttore della Rai il suo impegno era mandare la gente a letto tranquilla. È quello che cerchiamo di fare anche noi».
Nel suo intervento dedicato alla fiction su don Peppino Diana, Sergio Tanzarella rileva la presenza di anacronismi e mistificazioni storiche nelle sceneggiature delle serie Tv. Poi spiega: «L'anacronismo è certo il minor danno. L'errore non è eccezionale ma sistemico, non accidentale ma presuntuosamente voluto e giustificato. Qui non è in gioco l'interpretazione delle fonti e la ricerca mai appagata della verità storica, ma il loro superamento non solo con la fiction ma con la non fiction che in nome di se stessa si impone come verità assoluta e indiscutibile, dissolvendo nell’insignificanza i confini tra storia e pura invenzione. Il caso di Saviano con il suo Gomorra ne è la prova più evidente e carica di conseguenze, dove le fonti sono liberamente e segretamente manipolate in un romanzo che pretende di essere ad un tempo pura finzione documentata, inchiesta giornalistica, denuncia morale e fonte storica di se stesso».
Interessante anche la conclusione a cui arriva, nel suo saggio dedicato alla fiction su Chiara Lubich, Ludovica Eugenio, redattrice della nostra agenzia. Per contrapporsi adeguatamente «alla fin troppo benevola e monodimensionale agiografia in vigore, nella quale Il film per la TV trova la sua collocazione», «la complessità della figura della Lubich e della sua opera richiederebbe che il corpo dei suoi scritti (tutti, senza censure) venissero analizzati da esperti esterni». Ciò però non avviene nella realtà e la fiction televisiva finisce paradossalmente col coincidere con la narrazione che per decenni è stata fatta agli aderenti al movimento dei Focolari, che hanno dedicato al culto di Chiara Lubich esistenze intere, fatte di privazioni e lavoro, obbedienza cieca e separazione dai loro cari.
Eppure la realtà, nonostante venga occultata o manipolata, alla fine emerge. «È tutta una fiction la storia che ci hanno raccontato – è il commento che Eugenio ha raccolto da un ex focolarino –; pian piano, man mano che vengono altri documenti, la narrazione si sgretola e viene fuori una realtà ben più complessa».
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