
Crisi nell'Est Congo: la denuncia e l'appello della Società Civile del Sud Kivu
L’Ufficio di Coordinamento della Società Civile del Sud Kivu si interroga sui colloqui di pace in corso a Doha, sotto la mediazione del Qatar e con il sostegno dell’Unione Africana e degli Stati Uniti, e sul furuto della regione. In una comunicazione resa nota oggi dall’Agenzia Fides, la Società Civile del Sud Kivu denuncia lo stato si stallo dei processi di pace in corso.
A Doha, il governo della Repubblica Democratica del Congo e i ribelli del Movimento 23 marzo/Alleanza Fiume Congo (M23/AFC) avevano siglato una “Dichiarazione di principi” per il cessate il fuoco in vista dell’accordo di pace globale da intavolare nella capitale qatariota il 18 agosto. Ma, dopo una serie di rimpalli di responsabilità tra le parti per il mancato cessate il fuoco, all’appuntamento agostano l’M23/AFC non si è presentato. Dice Fides che, comunque, i colloqui tra le due delegazioni proseguono lontano dai riflettori.
Intanto, denuncia la Società Civile nella sua nota, «anche il processo di Washington sembra bloccato». A Washington, dopo la “Dichiarazione di principi”, si era giunti alla sigla di un accordo di pace tra governi della RDC e Ruanda (considerati sostenitori dell’M23) il 27 giugno scorso. Un accordo fragile, il cui unico “vincitore” sembrava essere proprio il mediatore statunitense, grazie alla strategia trumpiana “pace in cambio di risorse”. Ma anche quella pace sembra ben lontana, a causa della continua violazioni di alcuni punti chiave dell’intesa.
La Società Civile accusa i due processi di pace di non aver avviato processi di pace senza il coinvolgimento delle vittime reali della guerra, e cioè delle popolazioni del Nord e Sud Kivu, che vivono sotto l’assedio dei miliziani ribelli. «La società civile non smetterà mai d’esigere la propria partecipazione alle diverse iniziative di pace in corso, perché finché rimarrà esclusa, le voce della popolazione non sarà presa in considerazione negli accordi che saranno firmati». «Questo vale pure per il Parlamento che rappresenta il popolo e che è stato tagliato fuori in tutte la attuali iniziative di pace».
Le sedi di rappresentanza politica e civile delle popolazioni colpite, scrive ancora la Società Civile del Sud Kivu, devono essere coinvolte e informate su quanto accade segretamente a Doha, «per dissipare ogni forma di malinteso», per un più ampio discorso di coinvolgimento e condivisione dei risultati. E anche per contrastare la proliferazione, avverte la nota, di fake news che proliferano nell’indeterminatezza della situazione per alimentare l’odio tribale ed etnico, funzionale al conflitto. La nota denuncia una vera e propria «guerra digitale», condotta scientificamente sia dai ribelli che da frange dell’esercito. La Società Civile del Sud Kivu conclude la nota appellandosi al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, affinché dia «priorità alla situazione nella RDC per fare rispettare la risoluzione 2773» del 21 febbraio 2025, che sottolinea il forte impegno dell’ONU per il rispetto della sovranità, dell'indipendenza, e dell'integrità territoriale della Repubblica.
* Foto di aboodi vesakaran su Unsplash
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