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Gaza: 20 organizzazioni lanciano un appello ai leader globali dopo la conferma del

Gaza: 20 organizzazioni lanciano un appello ai leader globali dopo la conferma del "genocidio"

La crisi umanitaria nella Striscia di Gaza ha raggiunto ormai numeri da capogiro: su una popolazione complessiva di poco più di 2 milioni di abitanti, l’aggressione israeliana ha provocato 65 mila morti (tra i quali 20 mila bambini e bambine), migliaia di dispersi, il 90% dei civili sfollati, una situazione di piena e conclamata carestia che rischia di decimare ulteriormente la popolazione.

È ufficialmente “genocidio”

La Commissione internazionale indipendente d'inchiesta delle Nazioni Unite sui Territori Palestinesi Occupati, attualmente presieduta da Navi Pillay (magistrata sudafricana, in passato presidente del Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda, giudice della Corte Penale Internazionale e alto commissario ONU per i diritti umani), ha condotto un’inchiesta che ha prodotto frutti, per molti ovvi ma dalla vasta portata politica e giuridica. Secondo la Commissione, le forze armate israeliane hanno commesso ben quattro su cinque degli «atti genocidari» individuati dalla Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Crimine di Genocidio in vigore dal 1951: primo, «uccidere membri del gruppo»; secondo, «causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo»; terzo, «infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita volte a provocarne la distruzione fisica, totale o parziale»; infine quarto, infliggere «misure volte a impedire le nascite all'interno del gruppo». La commissione ha anche affermato che il presidente della Repubblica Isaac Herzog, il premier Benjamin Netanyahu e l'ex ministro della Difesa Yoav Gallant «hanno incitato al genocidio», mentre le autorità israeliane «non hanno preso alcuna misura contro di loro per punire tale incitamento».

L’appello delle organizzazioni

L’inchiesta della Commissione, per quanto attesa, ha dato nuova linfa alla società civile globale impegnata per la fine della guerra di Israele al popolo palestinese. 20 Organizzazioni umanitarie che operano a Gaza – tra le quali ActionAid International, CARE International, DanChurchAid, Danish Refugee Council, Islamic Relief Worldwide, Médecins du Monde di Francia e Spagna, Medici Senza Frontiere Internazionale, Save the Children International, Oxfam e Terre des Hommes Italia – hanno lanciato un appello urgente alla comunità internazionale per fermare il massacro.

«La disumanità della situazione a Gaza è inimmaginabile», hanno scritto i firmatari, «testimoni diretti delle morti orribili e delle sofferenze del popolo di Gaza» che negli anni dell’aggressione hanno moltiplicato gli appelli, tutti inascoltati. Oggi la situazione rischia di peggiorare drasticamente con l’imposizione dello sfollamento di massa degli abitanti di Gaza City, circa un milione, mentre la Striscia, di fatto, «è stata deliberatamente resa inabitabile», con città, villaggi, infrastrutture, ospedali, impianti idrici, scuole «sistematicamente devastati».

Inoltre, Israele ha imposto alla popolazione locale un «mix di fame e privazione fisica» che «si traduce nella morte quotidiana di tantissime persone». Israele ha poi bloccato l’ingresso di cibo, beni di prima necessità, carburante, farmaci fondamentali per curare i malati e anche i feriti o gli amputati dai bombardamenti.

La distruzione della guerra israeliana lavora, hanno confermato le organizzazioni dal campo, anche a livello psicologico: «Abbiamo incontrato bambini così traumatizzati dai continui bombardamenti che non riescono più a dormire, a parlare ed altri che ci hanno detto che vorrebbero morire per raggiungere i loro genitori in paradiso. Abbiamo incontrato famiglie che mangiano cibo per animali per sopravvivere e cucinano foglie come pasto per i propri figli».

Di fronte a questo scenario umanitario catastrofico, i leader delle grandi potenze «restano inermi», hanno denunciato le organizzazioni: «I fatti vengono ignorati. Le testimonianze vengono accantonate e, come conseguenza diretta, altre persone vengono uccise».

Purtroppo, hanno ammesso nell'appello, l’azione di organizzazioni umanitarie, società civile, Onu e organizzazioni israeliane per i diritti umani non sono sufficienti per cambiare lo stato dell’arte. «Abbiamo cercato instancabilmente di difendere i diritti del popolo di Gaza e di sostenere l’assistenza umanitaria, ma veniamo ostacolati di continuo. Ci è stato negato l’accesso e si è rivelata fatale la militarizzazione del sistema di aiuti».

È tempo che i governi delle grandi potenze facciano qualcosa «per prevenire la distruzione della vita nella Striscia di Gaza e per porre fine alle brutalità e all’occupazione». Impegnandosi a «rinunciare alla violenza, rispettare il diritto umanitario internazionale e perseguire la pace». «Gli Stati devono utilizzare tutti gli strumenti politici, economici e legali a loro disposizione per intervenire. La retorica e le mezze misure non bastano. Questo drammatico momento richiede un’azione decisa e concreta».

L’appello invita anche a restituire centralità all’azione e dell’Onu come arbitro del diritto internazionale: «Se gli Stati membri continueranno a trattare gli obblighi che ne derivano come opzionali, non saranno solo complici, ma stabiliranno un pericoloso precedente per il futuro. La storia giudicherà senza dubbio questo momento come una prova di umanità. A oggi stiamo fallendo con il popolo di Gaza, con gli ostaggi, verso la nostra responsabilità etica collettiva».


* Foto di Chickenonline da Pixabay

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